Class action amministrativa e requisiti della legittimazione ad agire
28 Giugno 2023
Massima
Un'associazione è legittimata a proporre la class action amministrativa ai sensi dell'art. 1, d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198 purché dimostri di rappresentare una classe “determinata ed omogenea” di “utenti e consumatori”, così che l'interesse da tutelare, da diffuso che era, si soggettivizza in capo all'associazione, trasformandosi in interesse collettivo. Il caso
La vicenda posta all'attenzione del Supremo Consesso riguarda una class action amministrativa ai sensi dell'art. 1, d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198, proposta da una associazione di consumatori onde conseguire un provvedimento giudiziale che assicurasse il rispetto di norme regolamentari ed amministrative relative alla erogazione del servizio idrico, asseritamente violate in uno certo ambito territoriale, per soddisfare i diritti e gli interessi legittimi dei relativi utenti.
Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione di primo grado, reputando insussistente la legittimazione ad agire della associazione ricorrente. Il Giudice amministrativo ha infatti ritenuto che le emergenze processuali non consentissero di affermare che l'associazione fosse effettivamente esponenziale di una collettività territoriale e che avesse agito in giudizio per difendere i cittadini di quella collettività.
In particolare, l'associazione era tenuta a dimostrare la propria rappresentatività ossia di essere titolare di un interesse giuridicamente rilevante, differenziato in capo ad una collettività determinata e qualificata di utenti, ma a tale onere processuale la ricorrente non ha ottemperato. A tal proposito, il Consiglio di Stato ha constatato che le firme degli utenti/consumatori, che si assumevano essere state apposte in calce alla diffida ex art. 3, d.lgs. n. 198/2009, che nel particolare procedimento de quo deve necessariamente precedere la proposizione del ricorso, erano state stralciate e che, ai fini della prova dell'effettivo radicamento nel territorio, nemmeno poteva essere ritenuta ammissibile, stante il divieto di cui all'art. 104 c.p.a., l'inserimento della dichiarazione di adesione nella memoria depositata soltanto in appello.
Le risultanze processuali non hanno quindi consentito di accertare un effettivo collegamento diretto con il territorio provinciale di riferimento, non potendosi perciò affermare che l'associazione abbia agito in giudizio per rappresentare interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei di una categoria di utenti, asseritamente lesi in maniera diretta, concreta ed attuale. La questione
La decisione in commento affronta il tema della legittimazione ad agire, quale indefettibile condizione dell'azione, in riferimento ad una class action amministrativa ai sensi dell'art. 1, d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198, proposta da una associazione di consumatori a tutela degli utenti di un determinato territorio provinciale. Le soluzioni giuridiche
Il Collegio, partendo dalle caratteristiche della class action amministrativa di cui all'art. 1, del d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198, ha anzitutto ricordato che l'azione pubblicistica viene esercitata al fine di ripristinare i livelli di efficienza prestabiliti e il buon andamento della pubblica amministrazione e che il presupposto soggettivo dell'azione è la sussistenza di una lesione diretta, concreta e attuale a “interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti”.
La class action, che non sfugge ai comuni principi in tema di domanda giudiziale anche quando è proposta da una associazione di utenti, e, dunque, alla regola che questa debba essere proposta da soggetto legittimato, deve essere sempre verificata in concreto, caso per caso, in relazione alla natura e alla tipologia dell'interesse leso, al fine di accertare se l'ente ricorrente sia statutariamente deputato alla tutela di quello specifico interesse “omogeneo per una pluralità di utenti e consumatori”.
Nella sentenza si precisa che, secondo i principi generali, la legittimazione ad agire si identifica nella titolarità dell'azione, nel senso che legittimato ad agire è quel soggetto che l'ordinamento giuridico considera essere idoneo a proporre l'azione, sicché deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal medesimo provvedimento. Nel processo amministrativo, la legittimazione ad agire in giudizio coincide con la titolarità di una posizione giuridica qualificata riconducibile ad un interesse legittimo o ad un diritto soggettivo che con il ricorso si intende tutelare. Ne consegue che la valutazione in concreto di tale legittimazione impone la verifica, a fronte di specifica eccezione della controparte, dell'esistenza in concreto di tale condizione dell'azione, “con la conseguenza che le associazioni sono legittimate a proporre il ricorso per l'efficienza solo quando dimostrano di rappresentare adeguatamente tale interesse, così che quest'ultimo, da diffuso che era, si soggettivizza in capo all'associazione, trasformandosi in interesse collettivo”. Osservazioni
La sentenza in commento si inserisce nel dibattito sul tema della posizione giuridica legittimante l'azione per l'efficienza amministrativa.
Ai sensi dell'art. 1, comma 1, d.lgs. n. 198/2009, la legittimazione attiva spetta ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori. Il ricorso può essere proposto anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati (comma 4), appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei tra loro, sicché le associazioni agiscono come “rappresentanti” dei propri associati.
Secondo la giurisprudenza largamente prevalente, in cui si inserisce anche la pronuncia in commento, la class action amministrativa tutela posizioni giuridiche superindinviduali e, in particolare, interessi diffusi, perciò adespoti (cfr. Cons. Stato, Sez. cons. atti normativi, parere 9 giugno 2009, n. 1943, cit.; TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, 17 febbraio 2014, n. 1872.; TAR Toscana, sez. II, 20 gennaio 2014, n. 108),
Le posizioni dottrinali sul punto sono invece assai più variegate.
In sintesi, può ricordarsi che un primo orientamento, al pari della giurisprudenza, qualifica la situazione soggettiva degli utenti come interesse diffuso, ma suscettibile di essere azionato da un qualsiasi singolo appartenente alla collettività di riferimento, così assumendo la dignità processuale di interesse collettivo giustiziabile.
Altra parte della dottrina fa riferimento alla categoria degli interessi semplici o di fatto, che in virtù delle previsioni del d.lgs. n. 198/2009 diventerebbero «amministrativamente» o «occasionalmente» protetti e, quindi, giuridicamente rilevanti.
Un ulteriore indirizzo interpretativo ritiene che la situazione giuridica azionabile assumerebbe la consistenza di un interesse legittimo “pretensivo”, relazionato al dovere della P.A. a che l'attività amministrativa sia svolta in modo corretto, e “isomorfo”, ossia individuale ma plurimo ed uguale a quello degli altri soggetti appartenenti alla classe. Si è anche detto che la posizione soggettiva azionata con la class action può considerarsi un interesse legittimo individuale dai confini più ampi di quelli tradizionali, nel senso che tale figura non concerne solo una «pretesa egoistica e privata», ma, perlomeno in talune fattispecie, si presta a contenere «dimensioni rilevanti di interesse pubblico», sì da abbracciare anche l'interesse diffuso.
Infine, una dottrina ha ipotizzato che l'azione per l'efficienza tuteli «diritti civici», intesi quali posizioni di vantaggio corrispondenti a doveri degli enti pubblici verso la generalità dei consociati. In tale categoria confluiscono sia veri e propri diritti ad una prestazione, sia interessi legittimi, sia interessi semplici, nonché, fra questi ultimi, interessi amministrativamente protetti.
In disparte tali questioni dogmatiche, deve comunque ricordarsi che vi è poi un'ulteriore limitazione all'azione de qua, in quanto, ai sensi dell'art. 1, comma 1, cit., il ricorrente deve essere titolare di un interesse «omogeneo» per una pluralità di utenti e consumatori. Pertanto, la legittimazione al ricorso per l'efficienza non sussiste allorquando, fra gli utenti e consumatori ricorrenti, possano ravvisarsi situazioni differenziate e confliggenti. La pronuncia in esame si allinea, dunque, al principio secondo cui, per quanto riguarda le associazioni e i comitati, la legittimazione alla proposizione del ricorso per l'efficienza non può estendersi ad ogni attività di carattere pubblicistico che si ripercuota sugli utenti, ma va pur sempre vagliata alla luce delle finalità dell'ente. Pertanto, non essendo richiesta l'iscrizione in appositi elenchi, la legittimazione deve essere sempre verificata in concreto, caso per caso, in relazione alla natura e alla tipologia dell'interesse leso, al fine di accertare se l'organizzazione ricorrente sia statutariamente deputata alla tutela di quello specifico interesse «omogeneo» per una pluralità di utenti e di consumatori e se possieda sufficienti indici di rappresentatività degli interessi diffusi di una particolare categoria di utenti.
Soltanto in tal modo, infatti, l'interesse diffuso relativo ad un bene della vita omogeneo per tutti gli appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori viene elevato ad interesse azionabile anche da associazioni ed enti rappresentativi. Riferimenti normativiPotrebbe interessarti |