Manifestazioni affettuose con un terzo e addebito della separazione
29 Giugno 2023
Massima
La dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza. Il caso
La vicenda trae origine dalla sentenza con cui la Corte di appello di Torino ha respinto il gravame proposto da un coniuge (la moglie), avverso la pronuncia con cui il Tribunale di Ivrea addebitava alla stessa la separazione, per avere intrapreso una relazione extraconiugale in violazione dei doveri di fedeltà matrimoniali, e tale da determinare una irreversibile e definitiva crisi coniugale. In particolare, il carattere adulterino consisteva in manifestazioni affettuose con un terzo, così come provate da una relazione investigativa e dal relativo materiale video-fotografico, dal quale emergeva, segnatamente, che il coniuge «dava la mano ad un suo collega in un luogo pubblico». La questione
Le questioni affrontate dalla pronuncia in esame possono essere così individuate: le manifestazioni affettuose, anche in luogo pubblico, con persona diversa dal coniuge possono integrare la violazione dell'obbligo di fedeltà e di conseguenza giustificare l'addebito della separazione? E, ancora, come si atteggia, in questa materia, l'onere della prova? Le soluzioni giuridiche
Punto di partenza dell'indagine attiene all'obbligo di fedeltà in ambito matrimoniale, la cui inosservanza rappresenta una violazione particolarmente grave, perché «l'esclusività della relazione coniugale esige da parte di ogni coniuge il considerare l'altro come unico ed irripetibile» (D. Bianchini, Appunti e spunti in tema di responsabilità ed illecito endofamiliare, in Dir. fam., 2/2010, pp. 963 ss.). Primo tra gli obblighi nascenti dal matrimonio (la cui assenza determinerebbe una «unione c.d. di fatto priva in quanto tale di giuridica rilevanza»: R. Marini, Infedeltà coniugale e danno, in Dir. Fam. Pers., 3/2018, pp. 1021 ss.), la fedeltà deve essere intesa come «lealtà al progetto familiare» (C. Cicero, Non amor sed consensus matrimonium facit? Chiose Sull'obbligo di fedeltà nei rapporti di convivenza familiare, in Dir. Fam. Pers., 4/2016, pp. 1095 ss.), vale a dire manifestazione di una totale e complessiva dedizione di ciascun coniuge all'altro, onde salvaguardare l'unità e la stabilità della famiglia (M. Cocuccio, Infedeltà coniugale e responsabilità civile, in Resp. Civ. Prev., 4/2020, pp. 1320 ss.), priva di ingerenza di terzi estranei alla coesione del gruppo (P. Barcellona, Famiglia, in Enc. Dir., XVI, Milano, 1967, p. 789). Ebbene, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la violazione dell'obbligo di fedeltà determina, normalmente, l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza e, quindi, «deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile» (Cass. civ., sez. VI, 23 giugno 2017, n. 15811; Cass. civ., sez. VI, 14 agosto 2015, n. 16859; Cass. civ., sez. I, 14 ottobre 2010, n. 21245; Cass. civ., sez. I, 07 dicembre 2007, n. 25618). Solo di regola, però, in quanto occorre pur sempre verificare la sussistenza di un diretto nesso di causalità tra la violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio (o i comportamenti addebitati) ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza, e quindi della irreversibilità della disgregazione del matrimonio. Il discorso, in particolare, nell'iter motivazionale si congiunge naturaliter con le regole sul riparto dell'onere della prova, perché «la dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi» (Cass. civ., sez. I, 02 settembre 2022, n. 25966; Cass. civ., sez. I, 27 giugno 2006, n. 14840). Viceversa, all'opposto, laddove emerga un clima di rapporti inidoneo a consentire la prosecuzione della convivenza ma, ciononostante, non si individuino fatti tali da poter essere considerati causa efficiente della «irreversibile frattura familiare», dovrà essere pronunciata una separazione senza addebito (Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2005, n. 12383). La significativa esperienza, evidentemente, mostra come ciò che assume decisivo rilievo ai fini dell'addebito riguarda la preesistenza o meno di una crisi già in atto (Cass. civ., sez. VI, 28 novembre 2022, n. 34944); tale situazione si verifica, in particolare, nelle ipotesi in cui la convivenza risulti di carattere meramente formale, sicché la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio sarebbe priva di ogni efficacia causale sul «fallimento» del rapporto (Cass. civ., sez. I, 28 settembre 2001, n. 12130). Il discorso passa inevitabilmente per la distinzione tra una infedeltà che determina «la rottura di un matrimonio» e una che non è causa bensì effetto della mancanza «di un “vero” matrimonio», stante – per esempio – la «assenza di consortium vitae» e la instaurazione di «rapporti interpersonali non connotati dall'affectio coniugalis» (Cass. civ., sez. I, 21 luglio 2021, n. 20866). Ecco che, per tale via, si comprende il motivo per cui, più in generale, si è soliti affermare come l'anteriorità della crisi della coppia rispetto all'infedeltà di uno dei due coniugi esclude il nesso causale tra condotta e il «naufragio del rapporto matrimoniale» (Cass. civ., sez. I, 21 luglio 2021, n. 20866). È su questo terreno, poi, che si gioca la partita sull'onere della prova (G. Iorio, Violazione dell'obbligo di fedeltà e addebito: Il riparto, tra i coniugi, dell'onere probatorio, in Fam. Dir., 11/2016, pp. 1045 ss.). Invero, in via generale, la parte che richiede l'addebito della separazione deve provare tanto la contrarietà del comportamento dell'altro coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, quanto l'efficacia causale degli stessi nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. E, tuttavia, se per un verso si precisa come la prova dell'inosservanza dell'obbligo di fedeltà fa presumere l'intollerabilità della relazione matrimoniale, per altro verso si sottolinea come la parte che eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda (vale a dire dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della prosecuzione della convivenza) deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della perdita dell'affectio coniugalis (Cass. civ., sez. VI, 28 novembre 2022, n. 34944; Cass. civ., sez. I, 22 settembre 2022, n. 27771; Cass. civ., sez. I, 21 luglio 2021, n. 20866; Cass. civ., sez. I, 05 agosto 2020, n. 16691; Cass. civ., sez. VI, 19 febbraio 2018, n. 3923). Del resto, sarebbe «contraria ai principi generali in tema di onere della prova, oltre che alla logica e al comune buon senso» l'impostazione ermeneutica che facesse gravare sul coniuge anche l'ulteriore dimostrazione che la prosecuzione della convivenza non fosse già in precedenza intollerabile (Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2012, n. 2059). Ciò posto, nella vicenda che ci occupa, la separazione è stata addebitata in ragione del «carattere adulterino» della relazione intrapresa da un coniuge (la moglie) con un terzo, e segnatamente di «manifestazioni affettuose con persona diversa dal coniuge avvenute anche in luogo pubblico» (Cass. civ., sez. I, 30 maggio 2023, n. 15196). Ogni dubbio su una preesistente crisi, infatti, è stato sciolto attraverso l'analisi di tutte le circostanze del caso concreto, da cui si evinceva non solo la volontà di conservare il rapporto superando le difficoltà, ma che la precedente intenzione di separarsi fosse stata manifestata, in passato, da un solo coniuge. Osservazioni
Resta da considerare, da ultimo, il comportamento – nella sua concretezza (almeno per quanto appare dalla lettura della pronuncia) – che ha portato alla decisione in commento: l'attenzione viene catturata soprattutto dal valore da attribuire ad una «fotografia che ritraeva la ricorrente mentre dava la mano ad un suo collega in luogo pubblico». Alla spontanea ed aperta osservazione dei fatti segue una pronta risposta. Certo, la relazione investigativa ed il relativo corredo video-fotografico rientrano tra le c.d. prove atipiche, liberamente valutabili nel giudizio civile (C. Guerra, Processi di separazione e divorzio e relazioni investigative: l'ambigua frontiera dell'atipicità della prova, in Fam. Dir., 2014, pp. 821 ss.); ed il rilievo per cui da quella foto non si sarebbe potuta dedurre la ricorrenza di una relazione stabile e continuativa è senz'altro inammissibile nel giudizio innanzi la Corte di Cassazione. Non si nega, allora, seguendo un consolidato indirizzo, come la relazione di un coniuge con estranei renda addebitabile la separazione quando – in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono – dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà; e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comportando comunque offesa alla dignità e all'onore dell'altro coniuge (Così Cass. civ., sez. VI, 17 marzo 2022, n. 8750; Cass. civ., sez. VI, 19 febbraio 2018, n. 3923; Cass. civ., sez. VI, 19 settembre 2017, n. 21657; Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2008, n. 15557; Cass. civ., sez. I, 13 luglio 1998, n. 6834). L'impegno «alla reciproca esclusività nel rapporto fiduciario» si manifesta, così, anche nel dover evitare di tenere in pubblico comportamenti esteriori tali da generare (nei familiari e nei terzi) anche solo semplici sospetti di infedeltà, e configurabili in termini di «adulterio apparente a prescindere dall'attualizzazione dello stesso» (G. Lagomarsino, L'esclusione della fedeltà coniugale prima e dopo la riforma del diritto di famiglia, con riferimento all'esclusione canonica della fedeltà nel ns. Ordinamento, in Dir. Fam. Pers., 2/2015, pp. 719 ss.). Viceversa, al di fuori del perimetro si pone la «mera infatuazione non corrisposta di un altro soggetto», il legame «platonico, essenzialmente concretatosi in contatti telefonici … e non connotato da reciproco coinvolgimento sentimentale, con condivisione e ricambio» (Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2013, n. 8929), rischiandosi altrimenti di sanzionare il «nulla, o, al più, un desiderio» (A.P. Scarso, Il dovere di fedeltà coniugale, in Fam. Pers. Succ., 3-4/2005, pp. 245 ss.). In definitiva, la pronuncia deve essere particolarmente apprezzata in quanto, permette all'interprete di delimitare ulteriormente, sotto diversi angoli visuali, l'ambito applicativo di un obbligo (quello di fedeltà) indicato nominalmente dal legislatore ma non specificato nel significato e contenuto (F. Ruscello, Lineamenti di diritto di famiglia, Milano, 2005, pp. 91 ss). |