Esecuzione: ripetibilità delle somme versate

Francesca Ferrandi
Giuseppe Fiengo
03 Luglio 2023

La regola generale posta all'art. 2033 c.c., secondo la quale chi ha eseguito un pagamento in assenza di titolo o sulla base di un titolo dichiarato nullo o, comunque, venuto meno con privazione di effetti, ha diritto di ripetere quanto pagato, incontra, con riferimento alle somme dovute in conseguenza della crisi coniugale, importanti limiti nel caso di prestazioni eseguite per far fronte ad esigenze alimentari del creditore.
Inquadramento

* Aggiornamento a cura di F. Ferrandi

La regola generale, posta all'art. 2033 c.c., secondo la quale chi ha eseguito un pagamento in assenza di titolo o sulla base di un titolo dichiarato nullo o, comunque, venuto meno con privazione di effetti, ha diritto di ripetere quanto pagato, incontra, con riferimento alle somme dovute in conseguenza della crisi coniugale, importanti limiti nel caso di prestazioni eseguite per far fronte ad esigenze alimentari del creditore.

La deroga alla regola generale che si giustifica alla luce dell'intensa commistione che, nella materia in esame, si registra tra profili non patrimoniali e rapporto obbligatorio, impone preliminarmente di distinguere, anche alla luce dei recenti arresti giurisprudenziali sul punto, l'obbligo di prestare gli alimenti dagli obblighi di mantenimento del coniuge e dei figli, atteso che, a rigore, solo per i primi può affermarsi, in base agli artt. 447 c.c. e 545 c.p.c., il principio della irripetibilità delle prestazioni già eseguite. Delineata tale distinzione sarà quindi necessario, da un lato, verificare se esiste o meno un principio generale di irripetibilità delle statuizioni economiche in sede di giudizio di separazione e divorzio (in relazione ai coniugi ed ai figli), ricavabile dalla disciplina processuale e, dall'altro, indagare in merito alla natura alimentare (in tutto o in parte) o para-alimentare o con finalità anche alimentare dell'assegno di mantenimento del coniuge separato o divorzile, ricavabile dal diritto sostanziale e circa l'effettivo carattere di irripetibilità della prestazione di alimenti, desumibile, in difetto di un'espressa disposizione normativa, dalla complessiva disciplina dettata in materia o da principi costituzionali.

Alimenti, mantenimento e assegno divorzile: differenze

La separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione di quello più ampio di solidarietà coniugale, ma il venir meno della convivenza comporta comunque significativi mutamenti.

In primo luogo, il coniuge cui non sia stata addebitata la separazione, ha diritto di ricevere dall'altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell'obbligato. Tale assegno può essere liquidato in via provvisoria nel corso del giudizio ex art. 473-bis. 22 c.p.c. Laddove, invece, al coniuge separato venga addebitata la separazione perderà il diritto al mantenimento e potrà pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare al ricorrere dei relativi presupposti di cui all'art. 433 c.c.

L'assegno divorzile, invece, è del tutto autonomo rispetto a quello di mantenimento concesso al coniuge separato: ha natura composita, in pari misura, assistenziale (qualora la situazione economico-patrimoniale di uno dei coniugi non gli assicuri l'autosufficienza economica) e riequilibratrice o, meglio, perequativo-compensativa, nel senso che i criteri previsti dall'art. 5 legge div. (tra i quali la durata del matrimonio, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune e le ragioni della decisione) rilevano nel loro insieme sia al fine di decidere l'an della concessione sia al fine di determinare il quantum dell'assegno (Cass.,sez. un., 11 luglio 2018, n. 18287). La funzione, quindi, equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, al pari di quello di mantenimento in sede di separazione, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

In ogni caso, l'assegno divorzile cesserà con le nuove nozze dell'avente diritto (art. 5, comma 10, l. div.), mentre, laddove venga instaurata una stabile convivenza di fatto con un terzo, viene caducata, la sola componente assistenziale dello stesso, potendo essere mantenuto il diritto al riconoscimento di un assegno a carico dell'ex coniuge economicamente più debole, in funzione esclusivamente perequativa-compensativa (Cass., sez. un., 11 novembre 2021, n. 32198).

Quanto, invece, agli alimenti, tale obbligazione, al pari del diritto al mantenimento del coniuge e dei figli, trova fondamento nella solidarietà familiare, peraltro in un'accezione, quanto all'individuazione dei soggetti obbligati ex lege, di famiglia più estesa di quella nucleare cui è dedicato il libro primo del codice (rilevando rapporti di parentela, affinità, coniugio, unione civile, convivenza di fatto), ma essa può sorgere anche tra estranei (ad esempio a carico del donatario a favore del donante). Presupposti del diritto agli alimenti sono, poi, lo stato di bisogno del soggetto richiedente e l'impossibilità dello stesso di provvedere da solo a superarlo, mentre, come criterio per determinarne la misura concreta, assume rilievo la capacità economica dell'obbligato di provvedere alle necessità del bisognoso (riferita, quanto al donatario, anche al valore della donazione ricevuta).

Tuttavia, nonostante la sostanziale diversità delle condizioni che legittimano le due domande, la richiesta di alimenti non costituisce una domanda nuova, ma un minus necessariamente ricompreso nella più ampia richiesta di mantenimento (Cass., sez. VI, 21 novembre 2017, n. 27695).

Decorrenza dell'assegno di mantenimento, divorzile e degli alimenti

Il diritto al mantenimento a favore del coniuge separato sorge e decorre dalla data della relativa domanda, in applicazione del principio per il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio, anche se tale principio attiene soltanto al profilo dell' “an debeatur” della domanda, e non interferisce, pertanto, sull'esigenza di determinare il “quantum” dell'assegno alla stregua dell'evoluzione intervenuta in corso di giudizio nelle condizioni economiche dei coniugi, né sulla legittimità della determinazione di misure e decorrenze differenziate, in relazione alle modificazioni intervenute fino alla data della decisione, dalle diverse date in cui i mutamenti si siano verificati (Cass., sez. I, 11 luglio 2013, n. 17199 e Cass., sez. I, 3 febbraio 2017, n. 2960).

Quanto alla decorrenza dell'assegno divorzile, sotto la vigenza dal testo originario della l.898/1970, si era individuato tale momento, in correlazione con la definitiva acquisizione da parte dei coniugi dello status di divorziati, con riferimento al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, che segna lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del vincolo coniugale e che rispetto allo status predetto ha efficacia costitutiva. La riforma, però, del 1987 ha introdotto un temperamento, prevedendo che la sentenza di primo grado volta a determinare la misura dell'assegno sia provvisoriamente esecutiva, riguardo ai provvedimenti di natura economica, e che il tribunale, nel pronunciare la sentenza non definitiva (Cass., sez. I, 3 marzo 2021, n. 5140), possa stabilire, motivatamente, che l'assegno decorra, ancor prima, a partire dalla data della domanda giudiziale, ex art. 4, pur in mancanza di una specifica richiesta di parte (Cass., sez. I, 19 settembre 2020, n. 19330). Per il periodo precedente, la situazione economica rimane disciplinata dalla normativa sulla separazione dei coniugi (ove il divorzio sia pronunciato per il protrarsi della stessa).

Per quanto riguarda, invece, gli alimenti, l'art. 445 c.c., prescrive, per le obbligazioni alimentari legali che essi siano dovuti dalla domanda ovvero dalla costituzione in mora del debitore, cui deve però seguire entro sei mesi la domanda giudiziale (Cass., sez. I, 22 aprile 1999, n. 4011).

Rapporti tra provvedimenti provvisori e sentenza definitiva

Quanto ai rapporti tra provvedimenti provvisori e sentenza definitiva, i primi, aventi natura cautelare, regolano, in via provvisoria, l'assetto dei rapporti tra coniugi e tra questi ultimi e i figli, anticipando gli effetti della pronuncia di merito, cercando di prevedere, con cognizione sommaria, il contenuto della suddetta decisione definitiva, sotto il profilo della disciplina dei rapporti tra i coniugi e tra questi e i figli. Data la loro natura cautelare, sono poi provvisori e strumentali rispetto alla sentenza di merito: quando il processo prosegue e interviene la pronuncia di primo grado i provvedimenti presidenziali vengono ad essere assorbiti e sostituiti da quest'ultima.

Deve, in ultimo, rilevarsi che, nel d.lgs. n. 149/2022, di Riforma del processo civile, si è previsto, all'art. 473-bis.22, che il giudice, all'udienza di comparizione delle parti, se la conciliazione non riesce, adotta i provvedimenti necessari ed urgenti che ritiene opportuni nell'interesse delle parti “nei limiti delle domande da queste proposte” e, quando pone a carico delle parti l'obbligo di versare un contributo economico, determina la data di decorrenza del provvedimento, con facoltà di farla retroagire fino alla data della domanda; l'ordinanza costituisce titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale e conserva la sua efficacia anche dopo l'estinzione del processo, finché non sia sostituita con altro provvedimento.

Ripetibilità delle somme versate

Attualmente, nel nostro ordinamento, non esiste una disposizione che, sul piano sostanziale, sancisca l'irripetibilità dell'assegno propriamente alimentare provvisoriamente disposto a favore dell'alimentando.

Recentemente, però, la Suprema Corte, nella sua massima espressione nomofilattica, ha affrontato proprio il tema della irripetibilità, in tutto o in parte, delle somme versate a titolo di mantenimento del coniuge separato e poi divorziato, in considerazione della natura sostanzialmente alimentare dell'obbligazione, sottolineando come occorra dare il giusto rilievo alle esigenze equitative-solidaristiche, espressione di quella solidarietà che trova sede anche nella peculiare comunità sociale rappresentata dalla famiglia ed anche nelle situazioni di crisi della unione, in un'ottica di temperamento della generale operatività della regola civilistica della ripetizione di indebito (art. 2033 c.c.). È necessario, quindi, operare un bilanciamento tra l'esigenza di legalità e prevedibilità delle decisioni e l'esigenza, di stampo solidaristico, di tutela del soggetto che sia stato ritenuto parte debole del rapporto.

Pertanto, nel rapporto tra coniugi separati o divorziati, per le ipotesi di modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i loro rapporti, basata su una diversa valutazione, per il passato, dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, opera la “condictio indebiti” in presenza di una rivalutazione della condizione del richiedente o avente diritto, ove si accerti l'insussistenza fin dall'inizio dei presupposti per l'assegno di mantenimento o divorzile. Diversamente, la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede ad una rivalutazione, con effetto ex tunc, delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto o obbligato alla prestazione, sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica. Al di fuori di quest'ultimo caso, in presenza di modifica, con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della ripetibilità (Cass., sez. un., 8 novembre 2022, n. 32914).

Ripetibilità dell'assegno di mantenimento corrisposto ai figli

La prestazione di natura economica attinente ai figli presenta una natura para-alimentare e deve essere idonea a garantire agli stessi il soddisfacimento del medesimo tenore di vita goduto prima della crisi familiare (Cass., sez. VI-3, 14 maggio 2018, n. 11689).

Infatti, il contributo al mantenimento dei figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti economicamente, al pari degli alimenti, risponde alla necessità di sopperire, in rapporto alle esigenze anche presunte in relazione all'età, agli studi, e, in generale, ai bisogni di vita della persona, sia pure in un'accezione più ampia e senza che sia necessario uno stato di indigenza (Cass., sez. I, 31 marzo 2022, n. 10450 e Cass., sez. I, 3 dicembre 2021, n. 38366).

Tali disposizioni, poi, sono soggette a modifica nel caso di variazione dei presupposti sui cui si fondava la decisione precedente. In particolare, in materia di revisione dell'assegno di mantenimento per i figli, il diritto di un coniuge a percepirlo ed il corrispondente obbligo dell'altro a versarlo, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di separazione o dal verbale di omologazione, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modifica di tali provvedimenti, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui, di fatto, sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno, con la conseguenza che, in mancanza di specifiche disposizioni, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza dal momento dell'accadimento innovativo, anteriore nel tempo rispetto alla data della domanda di modificazione (Cass., sez. VI-1, 30 luglio 2015, n. 16173 e Cass., sez. I, 12 marzo 2012, n. 3922).

Inoltre, la decisione del giudice relativa al contributo dovuto dal genitore non affidatario o collocatario per il mantenimento del figlio non ha effetti costitutivi, bensì meramente dichiarativi di un obbligo che è direttamente connesso allo “status” genitoriale e il diritto alla corresponsione del contributo sussiste finché non intervenga la modifica di tale provvedimento, sicché rimane ininfluente il momento in cui sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'obbligo, decorrendo gli effetti della decisione di revisione sempre dalla data della domanda di modificazione (Cass., sez. I, 17 febbraio 2021, n. 4224).

Di conseguenza, la ripetibilità della prestazione economica eseguita è esclusa in ogni ipotesi di riduzione del contributo al mantenimento del figlio a carico del genitore, in considerazione di una diversa valutazione, per il passato dei fatti a suo tempo posti alla base dei provvedimenti provvisori adottati.

Casistica

Ripetibilità delle somme versate a titolo di assegno divorzile

In tema di assegno di mantenimento separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio, nella sentenza di primo o secondo grado, l'insussistenza “ab origine”, in capo all'avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché sia riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della “condictio indebiti” che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto “ex tunc” delle sole condizioni economiche dell'obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, oppure ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell'ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da parte di un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica. Nel caso in cui, dunque, sia accertato che l'assegno divorzile non è destinato a soddisfare esigenze assistenziali del beneficiario e non si possa ricadere in una delle due eccezioni di irripetibilità della debenza, deve ritenersi operante il principio della condictio indebiti con conseguente ripetibilità delle somme versate a titolo di assegno divorzile (Cass., sez. I, 23 marzo 2023, n. 8283).

Ripetibilità delle somme versate per il mantenimento dei figli

In ogni ipotesi di riduzione del contributo al mantenimento del figlio a carico del genitore, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti provvisori adottati, è esclusa la ripetibilità della prestazione economica eseguita; il diritto di ritenere quanto è stato pagato non opera nell'ipotesi in cui sia accertata la non sussistenza, quanto al figlio maggiorenne, ab origine dei presupposti per il versamento e sia disposta la riduzione o la revoca del contributo, con decorrenza comunque sempre dalla domanda di revisione o, motivatamente, da periodo successivo (Cass., sez. I, ord., 26 aprile 2022, n. 10974).

Ripetibilità delle spese sostenute durante il matrimonio per i bisogni della famiglia e dei figli

Con riguardo alle spese per le utenze domestiche nella fase precedente alla separazione, non sussiste il diritto al rimborso di quelle sostenute da un coniuge nei confronti dell'altro, in quanto effettuate per i bisogni della famiglia e riconducibili alla logica della solidarietà coniugale, in adempimento dell'obbligo di contribuzione di cui all'art. 143 c.c. (Cass., sez. VI - 1, 07 maggio 2018, n. 10927).

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