Trattamento dei dati biometrici: il riconoscimento facciale nel contesto di una manifestazione pacifica è intrusivo e incompatibile con uno Stato di diritto
05 Luglio 2023
Il caso in esame riguarda l'uso da parte delle autorità russe della tecnologia di riconoscimento facciale contro il ricorrente, manifestante russo, dopo che quest'ultimo aveva partecipato ad una manifestazione personale nella metropolitana di Mosca. L'interessato è stato identificato e localizzato grazie alla tecnologia di riconoscimento facciale dopo aver viaggiato con una sagoma di cartone a grandezza naturale di un manifestante (il cui caso era stato ampiamente pubblicizzato) e che brandiva uno striscione su cui si poteva leggere: «Rischio fino a cinque anni (...) per manifestazioni pacifiche». Il ricorrente è stato poi condannato per un'infrazione amministrativa per non aver dichiarato alle autorità la sua intenzione di partecipare a una dimostrazione in solitaria utilizzando un "oggetto rapidamente assemblato e smontato".
Il 30 ottobre 2019 il tribunale di Mosca ha confermato la sua condanna in appello, ritenendo in particolare che il carattere pacifico della sua manifestazione non fosse rilevante, che il reato era stato scoperto e che le prove erano state raccolte conformemente alla legge interna. Tra il 2017 e il 2022, dopo l'entrata in vigore di un decreto sulla sicurezza dei trasporti, più di 220.000 telecamere a circuito chiuso sono state installate a Mosca, anche nella metropolitana, tutte dotate di tecnologia di riconoscimento facciale in tempo reale.
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, in primis, ha stabilito di essere competente a conoscere della causa, i fatti all'origine delle violazioni asserite della Convenzione verificatesi prima del 16 settembre 2022, data in cui la Russia ha cessato di essere parte della Convenzione europea.
La Corte ha statuito che il trattamento dei dati personali del ricorrente nel contesto della sua manifestazione pacifica, che non aveva minacciato né l'ordine né la sicurezza pubblica, si è rivelato particolarmente intrusivo. L'uso della tecnologia di riconoscimento facciale nel suo caso è stato incompatibile con gli ideali e i valori di una società democratica governata dallo Stato di diritto.
La Corte ha infatti ritenuto che il ricorrente avesse cercato di esprimere la sua opinione su una questione di interesse pubblico e che l'art. 10 della Convenzione EDU lasci poco spazio alle restrizioni di tale diritto. Le autorità, tuttavia, non hanno mostrato alcuna tolleranza nei confronti della sua manifestazione in solitario, che era indubbiamente pacifica e non ha messo in pericolo l'ordine pubblico o la sicurezza pubblica. Esse non hanno peraltro verificato in alcun modo se l'uso da parte del ricorrente di una figura di cartone che brandiva uno striscione si analizzava in un'espressione delle sue opinioni. Pertanto, i giudici interni non hanno addotto «motivi pertinenti o sufficienti» per giustificare che il ricorrente sia stato condotto alla stazione di polizia, arrestato e condannato, in violazione del suo diritto alla libertà di espressione.
I giudici di Strasburgo hanno rilevato, inoltre, che era difficile per il ricorrente poter dimostrare quanto egli sosteneva, vale a dire che la tecnologia di riconoscimento facciale era stata utilizzata nel suo caso. La legislazione russa, infatti, non impone alla polizia di registrare l'uso di questa tecnologia, né di informare la persona interessata. Nient'altro, tuttavia, poteva spiegare come la polizia avesse avuto modo di identificarlo così rapidamente dopo la manifestazione. Inoltre, il governo non ha negato esplicitamente di aver utilizzato la tecnologia di riconoscimento facciale né ha specificato come il ricorrente sia stato identificato. La Corte ha preso altresì atto delle informazioni pubbliche disponibili su numerosi casi in cui la tecnologia di riconoscimento facciale ha permesso di identificare i partecipanti a delle manifestazioni in Russia. Inoltre, la Corte prende atto dell'assenza nel diritto interno di norme dettagliate che disciplinino la portata e le modalità di applicazione delle misure che implicano un ricorso alla tecnologia di riconoscimento facciale, nonché dell'assenza di solide garanzie contro il rischio di abusi e di arbitrarietà.
Quanto alla violazione dell'art. 8 della Convenzione EDU, la Corte rileva poi che la violazione dei diritti del ricorrente perseguiva uno scopo legittimo, quello della prevenzione del crimine. Essa ritiene tuttavia che le misure adottate contro il ricorrente abbiano assunto un carattere particolarmente intrusivo di fronte a quella che era stata una manifestazione pacifica che non aveva rappresentato alcuna minaccia per la sicurezza pubblica o dei trasporti.
Il trattamento dei dati personali biometrici del ricorrente mediante la tecnologia di riconoscimento facciale nell'ambito di un procedimento per infrazione amministrativa - che ha perseguito in primo luogo lo scopo di identificarlo a partire dalle fotografie e dai video pubblicati su Internet poi quello di localizzarlo e fermarlo mentre stava viaggiando nella metropolitana di Mosca - quindi non ha risposto a «un bisogno sociale imperativo» e non poteva essere considerato «necessario in una società democratica». Riferimenti giurisprudenzialiPotrebbe interessarti |