Difesa in giudizio dell'amministrazione concedente ai fini della valutazione della ragionevolezza della revoca della procedura di gara

Diego Campugiani
07 Luglio 2023

L'irragionevolezza del provvedimento di revoca di una procedura di affidamento per sopraggiunte ragioni di interesse pubblico non può eventualmente essere desunta dalla difesa della stessa amministrazione concedente resa in un giudizio coevo, nel quale quest'ultima abbia difeso (inutilmente) la legittimità dell'aggiudicazione della medesima procedura, attesa la diversità tra il soggetto che è tenuto a difendere in giudizio la parte resistente, le scelte già adottate dalla p.a., e gli organi di amministrazione attiva, tenuti invece ad adeguare l'assetto provvedimentale alle mutevoli valutazioni circa la sua aderenza al quadro dei fatti e degli interessi rilevanti venuto di volta in volta a determinarsi nella realtà socio-economica.

Il caso. Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello con il quale l'operatore economico si prefiggeva di dimostrare che la scelta di revocare la gara per l'affidamento di una concessione non era dipesa dall'esigenza di adeguare l'offerta di prestazioni sanitarie erogabili presso l'Ospedale alle mutate esigenze assistenziali rilevate in sede programmatoria (connesse alla vicenda pandemica), alle conseguenti indicazioni programmatiche di matrice europea (così come trasfuse nel P.N.R.R), nonché ai nuovi bisogni di cura manifestati dalla popolazione ligure, ma dalla volontà di “sterilizzare” l'esito vittorioso - per il medesimo operatore - del giudizio da questo instaurato avverso il (rinnovato) provvedimento di aggiudicazione della concessione a favore di altro concorrente.

In altri termini, le censure di parte appellante si inserivano nell'alveo della denuncia del vizio di sviamento a carico della contestata scelta revocatoria che, come è noto, si manifesta allorquando l'esercizio del potere sia piegato al perseguimento di una finalità diversa da quella caratterizzante la sua causa tipica, divenendo strumentale al soddisfacimento di interessi estranei dal quadro teleologico affidato all'Amministrazione.

Sebbene il vizio di eccesso di potere non debba costituire oggetto di una prova piena da parte del ricorrente, il quale sovente non dispone dei mezzi probatori necessari ad offrirne una rappresentazione plastica ed inconfutabile, ciò non significa che esso possa essere illustrato sulla base delle difese rese nell'interesse della medesima amministrazione in altro giudizio. Nel caso di specie la parte appellante si era prefissata di desumere la strumentalità della scelta revocatoria dal comportamento processuale dell'amministrazione concedente nell'appello dalla stessa proposto avverso la sentenza che aveva annullato l'aggiudicazione della concessione a favore di altro concorrente, avendo la stessa insistito per l'accoglimento dell'appello nonostante fosse già stata – recte, avrebbe già dovuto essere – rilevata l'esigenza di riorganizzazione della rete di offerta delle prestazioni sanitarie che sarebbe stato posta a fondamento del successivo provvedimento di revoca degli atti di gara.

Nella sostanza, secondo l'assunto di parte appellante l'insistenza con la quale era stata difesa in giudizio la legittimità del suo originario affidamento sarebbe stata incompatibile con la coeva maturazione della volontà di revocare l'intera procedura per far fronte ad esigenze di cui era già a conoscenza. Il Consiglio di Stato ha ritento che l'impostazione della parte appellante fosse, in radice, intrinsecamente minata nella sua persuasività dalla diversità tra il soggetto deputato al compimento delle scelte difensive nell'ambito di un giudizio in corso e l'organo/gli organi di amministrazione attiva preposto/i al perseguimento degli interessi pubblici alla luce dei cambiamenti verificatisi nella realtà.

Diversi infatti sono i piani sui quali si svolgono le relative valutazioni e le finalità rispettivamente perseguite: le prime (scelte difensive), si caratterizzano per la loro intrinseca staticità/storicità, essendo preordinate alla dimostrazione della piena legittimità del provvedimento impugnato ed alla preservazione della sua integrità giuridico-effettuale (fino all'adozione del provvedimento amministrativo che attesti il loro eventuale difetto di interesse); le seconde (scelte di amministrazione attiva), sono connotate da ineliminabile dinamicità, in quanto bisognevoli di continuo aggiornamento in parallelo con gli accadimenti verificatisi nella realtà e nell'apprezzamento degli interessi che questa è idonea ad esprimere.

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