Dispone Cass. 12 aprile 2023 n. 9675 che è condannabile il notaio, per il risarcimento del danno, nei confronti dell’acquirente di un credito IVA, per non aver informato il compratore, in un atto ricevuto dal Pubblico Ufficiale in autentica di firme, che “il credito non poteva essere chiesto a rimborso né portato in compensazione, poiché la [società, n.d.a.] cedente non ne aveva chiesto il rimborso nella dichiarazione IVA allegata al contratto [stesso, n.d.a.] di cessione”.
La motivazione si rifà al tema classico dell’impossibilità giuridica dell’oggetto dell’atto, non affrontando invece l’ulteriore questione (poiché estranea all’oggetto del ricorso) di una possibile responsabilità anche deontologica del Pubblico Ufficiale per l’accertata nullità del negozio.
La questione (in realtà molteplici)
La Cassazione afferma, con assunto meritevole di adesione, che il notaio, a fronte di una compravendita di "credito IVA" ricevuta in autentica di firme e di cui ne è stata accertata giudizialmente la nullità, è tenuto a risarcire il compratore per l'intero danno subìto.
Ne viene fatto discendere che il Pubblico Ufficiale è obbligato a rifondere il cliente, a titolo di danno emergente, non solo delle spese inutilmente sostenute per l'atto notarile e delle sanzioni comminate dall'Agenzia delle Entrate per l'indebita esposizione di un credito in compensazione, ma anche del pagamento (che altrimenti, in caso di prestazione esattamente eseguita dal notaio, non vi sarebbe stato) del prezzo di compera corrisposto al venditore, secondo gli artt. 1223 e 2055 c.c., non essendosi in presenza di un semplice indebito oggettivo (art. 2033 c.c.) rilevante nei soli rapporti interni tra cedente e cessionario (idoneo a dar corso ad una semplice azione personale di ripetizione del solvens nei confronti dell'accipiens).
In altri termini, la lesione patrimoniale ultima indicata come sofferta dal compratore è ritenuta posta di pregiudizio risarcibile da parte del Pubblico Ufficiale in quanto l'intervento omissivo del professionista ha “costituito quantomeno una concausa dell'evento dannoso” (presupponendo in tal modo, la pronuncia di legittimità, l'esistenza di un nesso di solidarietà tra l'obbligazione risarcitoria del notaio e il debito restitutorio del venditore).
Per un diverso aspetto, il provvedimento individua, sul piano civilistico, la causa di nullità della compravendita del c.d. credito IVA nel vizio della impossibilità giuridica dell'oggetto del contratto (art. 1346 c.c.).
Resta, infine, sullo sfondo la responsabilità anche deontologica del notaio, affermata dall'impugnato App. Brescia 1 ottobre 2020 con un richiamo espresso all'art. 42 c. 1 lett. a), b) e c), cod. deont. not.
L'argomentazione giuridica
La Cassazione mette condivisibilmente fuori gioco le difese opposte dal professionista a propria discolpa in quanto volte a sostenere, con tesi infondata e piuttosto puerile, di aver ricevuto un incarico limitato alla “sola autenticazione della sottoscrizione presente su un atto già formato”: in tal modo, il Pubblico Ufficiale ha svilito l'essenza stessa del ministero notarile (indisponibile per i privati) e ha dimostrato di non conoscere le proprie funzioni istituzionali poiché appiattite su quelle che farebbero meglio capo ad un mero burocrate (ciò che non consente di applicare, a carico del creditore danneggiato, l'art. 1227 c.c. - qui considerato, soprattutto, per il suo comma 1 - secondo quanto invece caldeggiato dal professionista).
Posta la responsabilità (lato sensu) civile del notaio per aver assunto un ruolo efficiente nella causazione di un esborso da parte del cliente - che, se il Pubblico Ufficiale avesse assolto con diligenza al proprio incarico (art. 1176 c. 2 c.c.), si sarebbe invece agevolmente evitato -, è opportuno analizzare il rapporto che intercorre tra l'azione per la ripetizione dell'indebito intentabile dall'acquirente contro il venditore (volta ad ottenere in restituzione il prezzo versato a fronte di un contratto nullo) e la chiamata in responsabilità contrattuale del notaio, incorso nell'inadempimento al mandato professionale per non aver informato l'acquirente dell'oggettiva inidoneità del negozio al “perseguimento” (recte: alla realizzazione) dello “scopo” che [… le parti, n.d.a.] si erano prefissate di conseguire.
In ispecie, le due azioni possono dirsi oggettivamente "fungibili" dal punto di vista del compratore, nel senso che, ai fini del recupero del prezzo di compera e fermo il divieto di duplicazione dei risarcimenti, resta nella disponibilità dell'avente diritto la scelta dello strumento di tutela ritenuto in concreto preferibile:
i) previa impugnativa negoziale, agire contro il venditore in ripetizione dell'indebito (per ottenere in restituzione il prezzo versato a fronte di un contratto nullo) o/e
ii) chiamare in responsabilità contrattuale il notaio (previo accertamento incidentale della nullità dell'atto), incorso nell'inadempimento del mandato professionale per non aver informato l'acquirente dell'oggettiva inidoneità del negozio alla realizzazione del risultato che le parti si erano prefissate di conseguire.
Tuttavia, pare legittimo dubitare, nel caso di specie, della ravvisabilità di una responsabilità solidale in testa al venditore (come visto, paventata invece dalla cassazione che si annota), considerato che:
la dichiarazione annuale IVA, debitamente allegata al contratto di cessione (e, quindi, perfettamente conoscibile dall'acquirente con l'uso dell'ordinaria diligenza), dava conto ed evidenza dell'omessa richiesta di rimborso da parte del venditore (propedeutica a consentire il subentro, nella specifica posizione del contribuente, da parte dell'avente causa ai sensi dell'art. 5 c. 4 ter DL 70/1988 conv. in L. 154/1988); e che
l'efficienza causale dell'omissione notatile si è rilevata assorbente rispetto ai profili di imputabilità dell'evento dannoso al venditore, essendo valso l'intervento del Pubblico Ufficiale a spezzare il nesso di causalità tra evento di danno e condotta del cedente (talché “la riferibilità a più soggetti del danno causato è soltanto apparente, ricorrendo viceversa una responsabilità individuale dell'unico autore”, in ispecie del notaio, “il quale, pur concorrendo nell'azione comune, ha invero, con la propria condotta interrotto il nesso di derivazione causale, ponendo il proprio atto a causa esclusiva del danno da risarcire”). A corollario di tale deduzione sta l'impossibilità, per il professionista, di agire in regresso verso l'alienante ai sensi dell'art. 2055 c. 2 c.c.
Si impone, altresì, un'ulteriore precisazione, necessaria a correggere un errore di diritto in cui è incorso il giudice di legittimità laddove, nell'inquadramento della patologia, ha imputato al notaio la ricezione di un atto nullo per impossibilità giuridica dell'oggetto dell'atto. La migliore dottrina civilistica, da tempo, ha chiarito che l'impossibilità giuridica dell'oggetto del contratto è predicabile se e quando il bene negoziato “non è suscettibile di appropriazione privata”, ossia qualora la res “non può essere legittimamente appresa al patrimonio di una delle parti”, ossia proprio ciò che non è in ispecie predicabile rispetto ad un credito iva. Il tema dell'impossibilità giuridica, in altri termini, attiene ai profili della “circolabilità” dei beni tra privati in sé considerati (“magari con riferimento a uno specifico tipo contrattuale, come accade nel caso di donazione di bene futuro”) e non per le utilità che possono offrire (ad esempio: le res communes omnium non sono suscettibili di appropriazione privata).
La vendita in autentica che ci occupa, piuttosto, deve meglio ritenersi inidonea, ab origine, a realizzare il fine perseguito con la stessa cessione. Quindi, a rigore, è lo specifico programma negoziale, la causa in concreto dell'atto, che, pur se non illecita (ex artt. 1343 e 1418 cpv. c.c.) in assenza di divieti imperativi, è semplicemente assente perché l'atto risulta inidoneo alla produzione del risultato condiviso dalle parti e insito nella cessione medesima.
Quanto a dire che l'inutilità originaria del negozio determina una vera e propria nullità del contratto per mancanza di causa che non ha alcunché da spartire con l'impossibilità giuridica dell'oggetto.
Merita, infine, un accenno, qui solo in punta di penna, la possibile rilevanza della vicenda pure sul versante etico, ossia quello della morale professionale.
Se è vero che un illecito civilistico del professionista non determina di per sé, si direbbe in automatico, anche un'infrazione di carattere deontologico, nel caso in esame la nullità dell'atto per originaria inutilità (stante l'assenza della causa in concreto a giustificazione dell'affare) impinge nel divieto di ricevere atti inequivocabilmente nulli (Cass 24 gennaio 2023 n. 2033) sancito dall'art. 28 c. 1 n. 1 L. 89/1913 (c.d. Legge Notarile).
Ne discende l'inevitabile sanzionabilità del notaio anche sul piano disciplinare con la pena sospensiva dall'esercizio delle funzioni prevista dall'art. 138 c. 2 L. 89/1913, c.d. Legge Notarile (con la previsione di un minimo edittale semestrale).
Conclusione
Alla luce di quanto sin qui considerato, può ritenersi pacifico il seguente principio di diritto: il notaio che non informa i comparenti dell'inidoneità della vendita del "credito IVA" a trasferire un diritto rimborsabile al o compensabile dal cessionario è responsabile per inadempimento contrattuale ed è tenuto al ristoro del complessivo danno patito dal compratore.
Tale contratto, per di più, deve ritenersi nullo per la concreta inutilità funzionale che lo affetta sin dall'origine, con annessa responsabilità disciplinare del Pubblico Ufficiale ex artt. 28 e 138 L. 89/1913 (c.d. Legge Notarile).
In ultimo, quanto al supposto vincolo di solidarietà tra le posizioni debitorie del notaio e del venditore, si ritiene insussistente il presupposto, dato quell'“unico evento dannoso […] imputabile a più persone”, che consentirebbe di ravvisarne l'esistenza.
Guida all'approfondimento
Giurisprudenza
1) per un generale inquadramento dell'operazione “cessione del credito IVA”:
Cass. 19 giugno 2023 n. 17466
Comm. trib. prov. Lombardia Milano, Sez. V 24 novembre 2020 n. 2589
Cass. 24 ottobre 2019 n. 27278
Cass. 10 ottobre 2019 n. 25491
Cass. 13 marzo 2014 n. 5869
Cass. 13 dicembre 2013 n. 27884
Cass. 12 ottobre 2001 n. 12449
Cass. 17 gennaio 1998 n. 379
App. Venezia 2 ottobre 2013
2) per la compatibilità tra l'azione di nullità contrattuale e di risarcimento del danno conseguente:
Cass. 16 maggio 2013 n. 11933
Dottrina:
U. La Porta, Contratto e obbligazioni in generale. Lezioni, Milano, 2016, 157 e 158.
U. La Porta, Delle obbligazioni in solido, in Comm. Schlesinger, artt. 1292-1313, Milano, 2014, 172, ss.
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