Avvocato con problemi psicologici: l’illecito disciplinare è scriminato?

Lucia Randazzo
10 Luglio 2023

Ci si chiede se il difensore incolpato di un illecito deontologico possa addurre quale causa scriminante un periodo di malattia durante il quale è stata compiuta la violazione rilevante sotto il profilo disciplinare.

Il grave disagio psicologico scrimina la condotta illecita dell'avvocato?

Con recente sentenza n. 22 del 7 marzo 2023 il Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Di Giovanni, rel. Ollà) ha precisato che nonostante le condizioni di salute psicofisica non possano costituire di per sé da sole «una scriminante per l'illecito deontologico (per il quale è infatti sufficiente la volontarietà dell'azione), pur tuttavia ben possono incidere - mitigandola - sulla relativa sanzione disciplinare» (in www.codicedeontologico-cnf.it. In senso conforme, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Bianchi), sentenza del 22 dicembre 2007, n. 228, Consiglio Nazionale Forense (pres. Buccico, rel. Panuccio), sentenza del 1ottobre 2002, n. 169, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Scarano) sentenze n. 269 del 30/12/2022).

La ricorrente, alla quale era stata applicata la sanzione disciplinare della radiazione dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di P., rispondeva della violazione degli articoli 9, comma 1 (Doveri di probità̀, dignità̀, decoro e indipendenza), 26 comma 3 (Adempimento del mandato), 27 comma 6 (Doveri di informazione), 33 comma 1 (Restituzione di documenti) del Codice Deontologico Forense perché nel corso dell'attività professionale aveva falsamente informato dell'avvenuta proposizione dell'azione giudiziaria la parte assistita, aveva formato una sentenza falsa di rigetto della (non proposta) domanda del predetto assistito e aveva omesso di restituire gli atti e documenti ricevuti al momento del conferimento del mandato. Il difensore era accusato, inoltre, (per un diverso procedimento disciplinare) della violazione dei medesimi artt. 9, 26, e 27 del Codice Deontologico Forense per aver omesso di proporre azione giudiziaria nei confronti dell'Università degli Studi di T. e per aver reso false informazioni alla parte assistita circa l'avvenuta proposizione dell'anzidetta azione.

Tra i tanti motivi la ricorrente evidenziava un periodo di grave disagio psicologico che l'aveva obbligata ad affidarsi a cure specialistiche. Il difensore lamentava, ulteriormente, l'«eccessiva afflittività della sanzione della radiazione,ritenuta sproporzionata rispetto ai fatti oggetto di contestazione, e avuto altresì riguardo al fatto che nella stessa giurisprudenza di questo Consiglio, la massima sanzione sarebbe stata riservata a condotte di gravità tale da rendere l'incolpato incompatibile con la stessa permanenza nell'albo».

Il Consiglio - evidenziando la resipiscenza della ricorrente che non aveva negato gli addebiti giustificandoli con il periodo di grave disagio psicologico per cui aveva affrontato cure psicoterapiche - ha ritenuto meritevole di accoglimento il motivo afferente al trattamento sanzionatorio. Il C.N.F. ha valorizzato, infatti, gli elementi documentali offerti dalla ricorrente «in particolar modo quelli comprovanti la restituzione delle somme versate e titolo di acconto dagli esponenti [CCC] e [BBB], che dimostrano la sicura resipiscenza dell'avvocato [RICORRENTE] che ha cercato di porre rimedio alla inadempienza del mandato ricevuto. Del resto le condizioni di salute di quest'ultima, altrettanto documentate, rassicurano sulla eccezionalità della vicenda, determinata, per buona parte, dalle condizioni di salute della ricorrente nel periodo interessato». La pena disciplinare della radiazione alla luce dell'incensuratezza dell'incolpata e del corretto comportamento processuale veniva rideterminata nella sospensione dall'esercizio della professione per la durata di mesi sei.

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