È valida la donazione di denaro fatta con bonifico bancario?

11 Luglio 2023

Con testamento pubblico la Sig.ra Maria nominava erede per la quota di 2/3 la propria figlia ad essa attribuendo in detta quota i 2/3 di una casa e ciò per ripagarla dell'assistenza fattale e che in seguito continuerà a prestare nonché per ricompensarla della somma di lire centomilioni che le aveva prestato per l'acquisto e la ristrutturazione di detta casa. Al marito in sostituzione della legittima legava l'usufrutto generale vitalizio sulla citata casa e nominava erede per 1/3 l'altro figlio. Successivamente, la Sig.ra Maria, in separazione dei beni col marito, vendeva detta abitazione al prezzo di 250.000 euro che depositava su conto corrente cointestato col marito. Pochi giorni dopo la vendita, faceva dal conto cointestato due bonifici alla figlia, uno di 100.000 euro con causale “donazione” e uno di 100.000 euro con causale “rimborso prestito”. Apertasi la successione della signora Maria lasciando a sé superstiti la figlia, il figlio ed il marito.Oggi, il figlio contesta alla sorella che i due bonifici sono due donazioni nulle e rivendica la propria quota di legittima.

Tali principi operano anche nei rapporti fra coniugi (Cass. 1° febbraio 2000, n. 1087). In senso conforme è stato deciso che ove il saldo attivo del conto corrente cointestato a due coniugi in regime di separazione dei beni risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, deve escludersi che l'altro coniuge possa avanzare diritti sul saldo medesimo (Trib. Verona 8 aprile 1994).

In sostanza, la mera cointestazione del conto corrente non incide sulla effettiva titolarità delle somme ivi depositate, nel senso che ne può sempre essere dimostrata da uno dei cointestatari la titolarità esclusiva.

Nel caso proposto, la somma di denaro proviene senza dubbi dalla vendita di un immobile appartenente alla sola signora Maria, per cui – escluso, come detto, lo spirito di liberalità – sembra fornita in maniera inequivoca anche la prova contraria alla presunzione di “contitolarità” della somma stessa, la quale, benché accantonata su un conto cointestato, ci sembra essere di proprietà della sola signora Maria e quindi da considerare per intero nella sua successione.

In tal senso si è espressa recentemente la Cassazione, secondo cui in presenza di un conto corrente cointestato a due o più persone, alla morte di una di esse il saldo attivo deve essere ricompreso per intero nell'asse ereditario laddove risulti superata la presunzione di parità delle parti, cioè nel caso in cui sia dimostrata che le somme giacenti provenivano dal correntista defunto e che siano effettivamente rimaste di sua proprietà esclusiva (Cass. 27 luglio 2022 n. 23403).

La donazione deve essere fatta per atto pubblico, cioè con l'intervento obbligatorio del notaio, sotto pena di nullità (art. 782 c.c.).

Tuttavia, la donazione di modico valore che ha per oggetto beni mobili (come il denaro) è valida anche se manca l'atto pubblico, purché vi sia stata la tradizione, cioè la consegna della somma.

La modicità deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante (art. 783 c.c.).

È donazione (e quindi soggetta all'onere della forma solenne) anche la liberalità fatta per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione (art. 770, comma 1, c.c.).

La donazione di denaro di una somma rilevante (cioè di non modico valore) è dunque nulla, cioè invalida, per difetto di forma laddove essa non sia stata perfezionata dinanzi al notaio ma sia avvenuta utilizzando un bonifico bancario. Lo stabilisce la Cassazione con una recente sentenza a Sezioni Unite (Cass., sez. un., 27 luglio 2017, n. 18725).

Nel caso in esame, dunque, il bonifico riportante la causale “donazione” non è strumento idoneo a perfezionare una valida donazione di denaro, trattandosi di una somma consistente, anche tenuto conto delle condizioni economiche della signora Maria.

La somma di denaro deve dunque considerarsi come mai uscita dal patrimonio della signora Maria e la figlia beneficiaria del bonifico deve pertanto restituirla.

Diverso è il caso del secondo bonifico riportante la causale “rimborso prestito” in quanto esso è stato effettuato dalla signora Maria non per attuare una liberalità a favore della figlia, bensì per restituire alla stessa una somma ricevuta in prestito, alla luce anche del riconoscimento del debito che la signora Maria ha espressamente effettuato nel testamento (art. 1988 c.c.).

La diversa causa del trasferimento di denaro giustifica – a nostro avviso – il diritto della figlia a trattenere la somma ricevuta con il secondo bonifico, salvo il diritto del figlio di fornire la prova contraria.

Una volta ricostituito in tal modo l'asse ereditario della signora Maria (formato non più dall'immobile, ormai venduto, ma da parte del denaro ricavato dalla vendita, secondo quanto si è detto), esso andrà ripartito fra gli eredi secondo le quote stabilite nel testamento.

La delimitazione della cerchia di soggetti aventi diritto alla legittima e la determinazione dell'entità del patrimonio sul quale effettuare il calcolo della quota di legittima devono essere effettuate con riferimento al momento dell'apertura della successione (Cass., sez. Unite, 9 giugno 2006, n. 13429; Cass., sez. Unite, 12 giugno 2006, n. 13524; Cass. 24 novembre 2009, n. 24711; Cass. 19 marzo 2010, n. 6709; Cass. 17 marzo 2016, n. 5320).

In particolare, «in tema di successione necessaria, per accertare la lesione della quota di riserva va determinato il valore della massa ereditaria, quello della quota disponibile e della quota di legittima. A tal fine, occorre procedere alla formazione del compendio dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento dell'apertura della successione; quindi, alla detrazione dal “relictum” dei debiti, da valutare con riferimento alla stessa data; e, ancora, alla riunione fittizia, cioè meramente contabile, tra attivo netto e “donatum”, costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell'apertura della successione (artt. 747 e 750 c.c.) e, con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (art. 751 c.c.). Devono calcolarsi, poi, la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del “relictum” al netto ed il valore del “donatum” ed imputarsi, infine, le liberalità fatte al legittimario, con conseguente diminuzione, in concreto, della quota ad esso spettante (art. 564 c.c.)» (Cass. 24 luglio 2012, n. 12919).

Nel caso proposto, la quota di legittima spettante al figlio (tenuto conto del concorso di altri legittimari, cioè del marito e della figlia) è pari ad un quarto dell'asse ereditario.

Il testamento non è dunque lesivo della legittima, in quanto il testatore ha attribuito al figlio una quota maggiore della legittima, cioè la quota di un terzo in luogo della quota di un quarto dell'asse ereditario.

In conclusione, al figlio spetterà la quota di un terzo esclusivamente della somma di denaro già oggetto della donazione nulla e quindi di fatto mai uscita dal patrimonio della de cuius.

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