Famiglie
ilFamiliarista

Sottrazione internazionale di minorenni

Laura Cossar
Elly Marino
12 Luglio 2023

Integra l'ipotesi di sottrazione internazionale di minorenne la condotta del genitore che, nell'esercizio della custodia sul figlio minore di anni 16, lo conduce all'estero senza autorizzazione dell'altro genitore, sottraendolo dal Paese di abituale residenza o ivi lo trattenga senza più condurlo indietro. Sottrazione e trattenimento sono dunque fenomeni equiparati sotto il profilo della tutela giuridica.
Inquadramento

*Aggiornamento a cura di L. Cossar

La sottrazione di un minore o il suo trattenimento in Paese diverso da quello di abituale residenza, attuati da un genitore senza l'autorizzazione dell'altro, comportano uno sradicamento del minore dal proprio ambiente, inteso come luogo del concreto e continuativo svolgimento della sua vita personale e in cui lo stesso ha consolidato la sua rete di affetti e relazioni, in virtù di una durevole e stabile permanenza.

La sottrazione costituisce illecito civile, perché contravviene alle regole dell'affido, anche mono-genitoriale, atteso che la scelta del luogo di residenza del figlio minore spetta sempre e comunque ai due genitori e in ipotesi di disaccordo, deve essere rimessa ad un Tribunale. Così stabiliscono gli articoli 316 c.c. (“I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore) e 337-ter comma 3. c.c. (La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo” … “In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice) e così ancor prima dispongono i Regolamenti Europei e le normative internazionali, tra le quali la Convenzione Aja 25 ottobre 1980 (ratificata dall'Italia con l. 15 gennaio 1994, n. 64 ed entrata in vigore il 23 aprile del 1995).

La sottrazione o l'illecito trattenimento del minore integrano anche ipotesi di reato, previste dall'art. 574-bis c. p. e punite con la reclusione da uno a quattro anni oltre che con l'eventuale pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale (artt. 330 e segg. c.c.). Il delitto sussiste ogniqualvolta alla condotta sottrattiva o di trattenimento del minore al di fuori del territorio dello Stato consegua l'impedimento dell'esercizio della responsabilità parentale da parte dell'altro genitore o del soggetto legittimato all'esercizio della custodia.

La ratio che sottende al procedimento civile volto all'accertamento della sussistenza di una sottrazione internazionale o di un illecito trattenimento è di disporre l'immediato rientro del minore sotto la giurisdizione del suo Giudice naturale, che è da individuarsi, appunto, nell'Autorità giudiziaria del Paese di sua abituale residenza, sulla scorta del principio di «vicinanza» che domina tutti i diritti dell'infanzia, anche in via d'urgenza. Solo il Giudice della residenza abituale potrà infatti decidere della collocazione, del titolo della custodia e delle modalità di frequentazione tra il minore e il genitore non convivente, oltre che del suo mantenimento. Il Giudice della sottrazione, invece, dovrà unicamente accertare se si sia trattato di effettiva sottrazione o di illecito trattenimento e, in caso affermativo ed in assenza di ragioni ostative al rientro (ved. infra), ordinarne l'immediato ritorno nel Paese di abituale residenza.

Tale principio è ribadito dall'art. 16 della Convenzione Aja 1980, che infatti dispone che, mentre si celebra il procedimento di rimpatrio, le Autorità Giudiziarie dello Stato contraente in cui è stato trasferito o è illecitamente trattenuto il minore (c.d. Paese di rifugio) non potranno deliberare per quanto riguarda il merito dei diritti di affidamento fino a quando gli scopi della Convenzione non saranno stati raggiunti (art. 16 Convenzione Aja 1980).

Fonti normative internazionali

1. Convenzione di Lussemburgo 20 maggio 1980 ratificata dall'Italia con l. n. 64/1994 sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e ristabilimento dell'affidamento.

2. Convenzione de l'Aja del 1996 resa esecutiva, in Italia, con legge del 18 giugno 2015 n. 101 (in vigore, in Italia, dal 1° gennaio 2016) sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, firmata a L'Aja il 19 ottobre 1996.

3. Convenzione dell'Aja 25 ottobre 1980 ratificata in Italia con l. n. 64/1994 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori ed entrata in vigore il 23 aprile dell'anno successivo (1995).

4. Regolamento UE n. 1111/2019, che ha sostituito, dal 1° agosto 2022, il Regolamento UE 2201/2003 (c.d. Bruxelles II bis) sulla competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, di responsabilità genitoriale e in tema di rientro dei minori sottratti o illecitamente trattenuti.

Il filo che lega questi quattro testi normativi è la volontà di assicurare, attraverso una piena cooperazione internazionale tra Stati e il rafforzamento del principio internazionale di fiducia reciproca, la tempestiva tutela dei diritti dei minori sottratti o illecitamente trattenuti e, in più in generale, di assicurare il loro diritto alla piena bi-genitorialità.

1) la Convenzione di Lussemburgo è applicabile ai soli Stati membri del Consiglio d'Europa, salva la possibilità di adesione di altri Stati. Mira a facilitare il riconoscimento e l'esecuzione di provvedimenti giudiziari riguardanti l'affidamento di minori infra-sedicenni nel territorio dell'Unione europea, se validamente assunti in uno degli Stati contraenti. La sua applicazione presuppone l'esistenza di un provvedimento esecutivo legittimamente emesso dalle Autorità di uno Stato contraente prima del trasferimento e relativo all'affidamento o che, dopo il trasferimento, sia stato pronunciato un provvedimento sull'affidamento, dichiarativo dell'illiceità del trasferimento stesso.

2) La Convenzione de L'Aja del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, applicabile a tutti gli Stati firmatari. La Convezione, oltre a ribadire la generale competenza del solo giudice della residenza abituale relativamente a tutti gli aspetti della filiazione (custodia, collocazione, frequentazioni con i genitori e aspetti patrimoniali), riafferma gli elementi costitutivi della sottrazione e del trattenimento illeciti e mutua le disposizioni che governano l'impianto procedurale di cui alla più specifica Convenzione Aja del 25 ottobre 1980 e dei Regolamenti europei parimenti ad essa ispirati.

3) La Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 è applicabile a tutti gli Stati firmatari, a prescindere dall'esistenza o meno di un titolo giuridico (provvedimento sull'affidamento o attestante l'illegittimità del trasferimento). Scopo della Convenzione è assicurare l'immediato ritorno del minore di età inferiore ai 16 anni, illegittimamente sottratto o illegittimamente trattenuto oltre i confini del Paese di sua abituale residenza, senza l'assenso dell'altro genitore esercente la responsabilità parentale. L'obiettivo, nella sostanza, è di ristabilire, in un tempo brevissimo, la situazione di fatto preesistente l'evento sottrattivo o il trattenimento illecito.

4) Il Regolamento UE n. 1111/2019 è applicabile e vincolante tra gli Stati membri dell'UE (eccetto la Danimarca) ed è frutto della rivisitazione del precedente Regolamento 2201/2003 (anche detto: Bruxelles II-bis). Detto Regolamento - adottato il 25 giugno 2019 dal Consiglio UE e pubblicato il 2 luglio 2019 nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea “relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori - ha sostituito, a partire dal 1° agosto 2022, il Regolamento UE 2201/2003 Bruxelles II-bis in tutti i Paesi membri dell'Unione, sempre con l'eccezione della Danimarca.

L'ambito di applicazione del Nuovo Regolamento UE (n. 1111/2019) è indicato al considerando n. 2 che, per quanto qui interessa ed in linea di continuità con il testo precedente, chiarisce che: “Il presente regolamento (…) facilita la circolazione nell'Unione delle decisioni (…), stabilendo disposizioni relative al loro riconoscimento e alla loro esecuzione in altri Stati membri (…) chiarisce il diritto del minore di avere la possibilità di esprimere la propria opinione nell'ambito dei procedimenti in cui è coinvolto e contiene altresì disposizioni che integrano la Convenzione dell'Aia del 25 ottobre 1980 (…) dovrebbe pertanto contribuire a rafforzare la certezza giuridica e a incrementare la flessibilità, come pure a garantire un migliore accesso ai procedimenti giudiziari e una maggiore efficienza di tali procedimenti.

Anche tale Regolamento, pertanto, valorizza e ribadisce la necessità di una serrata cooperazione giudiziaria tra Stati Membri e rafforza il principio di fiducia reciproca, con l'obiettivo di favorire un'omogeneizzazione tra Ordinamenti, quantomeno in termini di identità di significato e di trattamento di tutti gli istituti giuridici a protezione dell'infanzia.

La più importante novità contenuta nel regolamento in commento consiste nell'enunciazione del diritto del minore di esprimere la propria opinione in modo effettivo e concreto in tutti i procedimenti che lo riguardano, sia in materia di responsabilità genitoriale sia nei casi di sottrazione internazionale (cfr. art. 21 Reg. Ue 1111/2019)

Il diritto all'ascolto del minore ha – quanto alla sua enunciazione astratta – radici lontane essendo già stato inserito tra i diritti fondamentali dall'art. 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo risalente al 1989 e riaffermato all'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea approvata dal Parlamento europeo il 14 novembre 2000 (e proclamata ufficialmente dal Consiglio europeo di Nizza il 7 dicembre 2000, da cui il nome “Carta di Nizza”) nonché, per l'Italia e per gli altri Stati membri dell'Unione, dalla Convenzione del Consiglio d'Europa del 1996 sull'esercizio dei diritti del minore entrata in vigore, in Italia, il 1° novembre 2003.

La giurisprudenza di legittimità interna ha già da tempo fatto proprio tale principio, ribadendone l'obbligatorietà in qualunque procedimento coinvolga un minore, a pena di nullità (cfr. Cass n. 13274 dell'1 aprile 2019, peraltro conforme ai precedenti: Cass civ. sez. I n. 32309/2018, Cass. n. 12957/2018, Cass. n. 5676/2017, Cass. n. 19327/2015, nonché, da ultimo, Cass. civ., ord., 25 gennaio 2021 n. 1474). In tutti i casi esaminati, il Supremo Collegio ribadisce il ruolo primario dell'ascolto del minore ultra-dodicenne (e anche di età inferiore se capace di discernimento) nei procedimenti che lo riguardano, in particolare in quelli relativi al suo affidamento, collocazione e frequentazione con il genitore non convivente, a pena di nullità. Interessante, a riguardo, la sentenza n. 32309/2018, che ribadisce che è con il compimento del dodicesimo anno d'età del minore che sorge, in capo al Giudice, l'obbligo di ascoltarlo, anche in assenza di una specifica istanza di una delle parti con la conseguenza che la mancanza di un'esplicita motivazione riguardo la sua superfluità o contrarietà all'interesse del minore determina senz'altro la nullità del procedimento.

Le ulteriori modifiche, riflettono le interpretazioni dei principi informatori del diritto di famiglia prodotti dalla Corte di Giustizia e della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo negli ultimi 16 anni e che hanno posto una crescente attenzione al principio del Best Interest of the Child, a discapito di un'applicazione rigida delle norme stesse.

Ciò suggerisce un cambio di approccio, nel senso che, se prima della pubblicazione del Nuovo testo gli Operatori giuridici erano chiamati a concentrarsi soprattutto sul concetto di ristabilimento dello status quo antecedente la sottrazione o l'illecito trattenimento, oggi li si invita a prediligere la bi-genitorialità, con conseguente abbandono di ogni connotato aprioristicamente “punitivo” a carico del genitore sottrattore.

In quest'ottica, il nuovo Regolamento UE valorizza anche tutte le strade di risoluzione dei conflitti genitoriali transfrontalieri alternative al contenzioso, cercando, con un difficile equilibrismo, di bilanciare l'esigenza di celerità dei procedimenti con la necessità di favorire al massimo soluzioni conciliative rispondenti all'interesse del minore, anche in pendenza e durante la celebrazione del procedimento. Tra essi, cita espressamente l'istituto della Mediazione (art. 25, Reg. UE 1111/2019), strumento considerato necessario ad abbassare la conflittualità e ad accompagnare i genitori ed il minore all'eventualità o all'esecuzione concreta del rientro (senza con ciò procrastinare i tempi del giudizio).

Il Nuovo Regolamento UE impatta anche sul sull'iter temporale del giudizio (cfr. artt. 24 e 28 Reg. Ue 1111/2019), dettando la durata delle singole fasi del procedimento, fino al rimpatrio: sei settimane per il procedimento di primo grado innanzi al Tribunale per i Minorenni (art. 24 paragrafo 2 Reg.), sei settimane per il procedimento innanzi alla Corte di Cassazione (art. 24 paragrafo 3 Reg.) e sei settimane per la fase di esecuzione (art. 28 Reg.).

Ogni dilazione, seppur possibile, è ritenuta chiaramente contraria allo spirito stesso del Regolamento.

Infine: il testo novellato valorizza l'autonomia delle parti e concede ampio spazio ai possibili accordi tra genitori, sia in ordine alla scelta della giurisdizione competente a decidere il merito (cd. competenza concordata), sia conferendo all'Autorità Giudiziaria che tratta il rimpatrio la competenza ad attribuire efficacia esecutiva all'accordo – di rimpatrio o meno – raggiunto, cosi minimizzando il numero di procedimenti tra le parti.

Residenza abituale

La Corte di Cassazione si è più volte pronunciata a riguardo, fornendo una definizione chiara dell'istituto, definito come il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale del minore ed in cui questi, in conseguenza di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha radicato il centro dei propri legami affettivi non solo parentali, derivanti dallo svolgimento in tale località della quotidiana vita di relazione (cfr. Cass. civ. sez. un. 19 aprile 2021 n. 10243, Cass. civ., sez. I n. 1527/2013, Cass. civ. sez.un. n. 22238/2009, Cass. civ. n. 3680/2010, Cass. civ. sez. I n. 22507/2006).

La residenza abituale rileva anche per l'individuazione della giurisdizione sia internazionale che nazionale, a seguito dell'entrata in vigore della Riforma Cartabia (cfr. artt. 473-bis.4 e 473-bis.5 c.p.c.) oltre che ai fini dell'individuazione del giudice competente (Cass. civ., sez. VI, n. 17746/2013).

Nell'analisi della sussistenza della residenza abituale, non è tanto il dato anagrafico a rilevare (certificato o attestazione di residenza, così come desumibile da documenti ufficiali) quanto l'effettivo radicamento del minore in un determinato ambiente di vita, caratterizzato da relazioni, abitudini, interessi, quotidianità e al concreto inserimento nel contesto sociale e scolastico in cui si sviluppa la sua personalità.

La Corte di Giustizia dell'Unione europea (CGUE, sez. III, procedimento C- 523/07, 2 aprile 2009) ha affermato l'autonomia e l'indipendenza della nozione di residenza abituale rispetto al diritto nazionale degli Stati e ne ha raccomandato l'individuazione «sulla base delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie»; non rileva quindi la presenza fisica del minore sul territorio, potendo ben concorrere «altri fattori idonei a dimostrare che tale presenza non è in alcun modo temporanea- occasionale e che la residenza del minore denota una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare», tenendo conto «della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato, del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali, delle intenzioni e volontà dei genitori».

Per individuare la residenza abituale assume rilevanza centrale anche l'ascolto del minore.

Diritto di affidamento (o custodia) e diritto di visita

La normativa sia convenzionale (Conv. Aja 1980) sia regolamentare (Reg. UE 1111/2019) ricollega l'illiceità del trasferimento o del mancato rientro alla violazione del diritto di affidamento o di custodia effettivamente esercitati.

Dispone infatti l'art. 316 al primo e al secondo comma c.c. che: “i genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore e adottano le scelte relative alla sua istruzione ed educazione. In caso di contrasto su questioni di particolare importanza, tra le quali quelle relative alla residenza abituale (…), ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei. Il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore (…), tenta di raggiungere una soluzione concordata, e ove questa non sia possibile adotta la soluzione che ritiene più adeguata all'interesse del figlio

Il successivo art. 337-ter c.c., recita poi, al terzo comma, che: la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice”.

È pacifico, dunque, che il luogo in cui radicare il centro degli affetti e degli interessi del figlio rientri tra le decisioni che in nessun modo un genitore può imporre all'altro, anche in caso di disgregazione del nucleo familiare e anche in caso di affido esclusivo del minore ad un solo genitore.

Il diritto di custodia o affidamento, tuttavia, è tutelato solo ove effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento o del mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi (art. 3 Conv. Aja; art. 2.11 b) Reg. UE 1111/2019). Sul punto: Cass civ. sez. I n. 12293/2010.

Occorre dunque verificare se l'iniziativa del trasferimento abbia non solo arbitrariamente variato il luogo di residenza del minore prima concordato con l'altro genitore, ma anche pregiudicato il rapporto di effettiva cura da questi sin lì esercitato, con conseguente impedimento a continuare a soddisfare le molteplici esigenze fondamentali del figlio e, a quest'ultimo, di mantenere consuetudini e comunanza di vita con lui.

Se così non fosse, l'ordine di rientro verrebbe indebitamente ad integrare tutela del solo diritto del genitore di stabilire o concordare la residenza del figlio, violato a seguito del trasferimento illegittimo, e si risolverebbe in un ampliamento dell'esercizio del diritto di custodia e in una sostanziale modifica ampliativa non consentita del regime di affidamento e delle precedenti condizioni di vita (Cass. civ., sez. I n. 12293/2010; Cass. civ. sez. I n. 1250/ 2012).

Per tali ragioni, se colui che conduce o trattiene un figlio all'estero dimostra che l'altro genitore non esercitava davvero la custodia sul figlio ma si limitava a svolgere un pur legittimo ma semplice diritto di visita, può invocare unicamente la tutela di cui all'art. 21 della Convenzione Aja 1980, cioè a dire il ristabilimento del diritto ad un'equa e giusta rimodulazione dei tempi di frequentazione, tenuto conto di tutte le variabili del caso (distanza, difficoltà logistiche).

Il diritto di visita, nella definizione fornita sia dalla Convenzione Aja 1980 che dal Regolamento Ue 1111/2019va quindi inteso quale “diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo di tempo limitato” (art. 5, lett b), Conv. dell'Aja; art. 2.2 10) Reg. UE 1111/2019).

Brevi cenni sul procedimento

Il meccanismo procedurale previsto dalla Convenzione Aja 1980 per assicurare l'immediato ritorno del minore sottratto o trattenuto illecitamente poggia sull'impianto delle Autorità Centrali, istituite presso i Ministeri di Giustizia dei singoli Paesi firmatari; in Italia, l'Autorità Convenzionale è costituita, appunto, presso il Dipartimento Minorile del Ministero di Giustizia e si articola in più Uffici, tutti presieduti da un Direttore generale.

I compiti dell'Autorità Centrale sono elencati all'art. 7 della Convenzione Aja 1980 e consistono, sostanzialmente, nel localizzare il minore, nel favorirne la consegna spontanea e volontaria e comunque nell'agevolare la bonaria composizione della vicenda, nel procedere allo scambio di informazioni e di documenti con l'omologa del Paese di volta in volta coinvolto e, in generale, con le omologhe di tutti i Paese firmatari, anche ai fini della rimozione di eventuali ostacoli riscontrati nell'applicazione della Convenzione medesima.

A meno che non scelga di affidarsi direttamente ad un professionista nel Paese in cui è stato condotto o viene trattenuto il minore – il quale avvierà in loco tutte le procedure interne volte alla concreta attuazione dei principi di cui alla Convenzione Aja del 1980 – il genitore che ha subito la sottrazione o il trattenimento potrà rivolgersi proprio all'Autorità Centrale, entro un anno dal trasferimento o dal trattenimento, compilando apposita istanza che la medesima Autorità Centrale provvederà ad inoltrare al Pubblico Ministero presso il Tribunale per i Minorenni territorialmente competente perché a sua volta richieda, con ricorso urgente, al Tribunale per i Minorenni in composizione collegiale di procedere con l'ordine di restituzione o al ripristino del diritto di visita.

Sono parti necessarie del giudizio il Pubblico Ministero Minorile e il genitore che resiste alla domanda. Non il genitore istante, che viene senz'altro avvisato, dall'Autorità Centrale dello stato del procedimento ma che può comparire a sue spese, poiché già usufruisce di un sistema gratuito di avvio della procedura coatta (art. 9 della Legge 7 luglio 2016, n. 122).

Il genitore che ha chiesto il rientro del minore dovrà fornire la prova della legittimità del proprio diritto di affidamento o custodia, dimostrando anche di esercitarlo concretamente mentre chi si oppone dovrà comprovare la sussistenza di una delle circostanze che legittimano il suo comportamento.

Il Tribunale per i Minorenni - in composizione collegiale e con rito camerale - assunte sommarie informazioni e quindi senza svolgimento di un'istruttoria classica, decide sulla domanda in un tempo molto contenuto (massimo sei settimane) e con Decreto provvisoriamente ed immediatamente esecutivo, la cui esecuzione è affidata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, lo stesso soggetto che ha dato impulso al procedimento e sostenuto la domanda, per così dire “in nome e per conto”, del genitore-vittima.

Il provvedimento finale è ricorribile unicamente per Cassazione (cfr. art. 7 punto 4 l. 64/1994), con tutto quanto ne consegue in termini procedurali e pratici. L'impossibilità di riesaminare la domanda in grado di appello, infatti, pregiudica fortemente il diritto del resistente il rientro, in considerazione dell'impossibilità di disporre di una seconda fase di merito in cui eventualmente meglio argomentare o veicolare le proprie ragioni.

La presentazione del ricorso per Cassazione non sospende l'esecuzione del Decreto (cfr. art. 7 punto 4 l. 64/1994) di talché il minore “conteso”, nel caso di disposto rientro, dovrà comunque tornare nell'altro Paese, in attesa della fissazione dell'udienza in Cassazione.

Tale lasso di tempo - che può anche essere di molti mesi - potrà rivelarsi fatale: è infatti assolutamente probabile che, rientrando in un'altra realtà ed ivi trascorrendovi molti mesi, il minore ben si integri e, ancorché illecitamente sottratto o illecitamente trattenuto, ivi decida di permanere o venga mantenuto, nella misura in cui tale soluzione si dimostri comunque più confacente o anche solo ormai consolidata.

Da quanto sopra, emerge che il procedimento di rientro, così come disciplinato dalla Convenzione Aja 1980 e dalla Legge di ratifica (l. 15 gennaio 1994 n. 64) ha una natura cautelare e urgente

Eccezioni all'obbligo del ritorno

La presunzione per la quale l'interesse del minore è di essere immediatamente ricondotto nel luogo in cui si svolge la sua abituale vita quotidiana, può essere superata in presenza di specifiche circostanze:

  • l'integrazione nel nuovo ambiente di vita: il decorso dell'anno solare (termine posto a decadenza della domanda di rientro) può indurre l'Autorità richiesta a rifiutare il ritorno del minore se questo non risponde al suo superiore interesse in quanto si sia integrato nel nuovo ambiente (art. 12 Conv. dell'Aja; artt. 21 e 26 Reg. Ue 1111/2019).
  • In caso di sussistenza di una delle ipotesi contenute nell'art. 13 della Convenzione Aja 1980, ossia:

a) se l'istante non esercitava effettivamente il suo diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro o aveva acconsentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato rientro;

b) se sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il suo ritorno, a pericoli fisici o psichici, o comunque a trovarsi in una situazione intollerabile;

Il Regolamento (art. 27.3 Reg. Ue 1111/2019) stabilisce che l'Autorità non può rifiutare di ordinare il ritorno in base all'art. 13 lett b) della Convenzione dell'Aja qualora la parte che lo richiede fornisca prove sufficienti o se l'autorità giurisdizionale stessa è altrimenti convinta che sono state previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno;

c) se il minore si oppone al suo ritorno, sempre che abbia raggiunto un'età e un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.

Inoltre, a mente del disposto di cui all'art. 20 della Convenzione Aja 1980, il Giudice può sempre rifiutare di emettere provvedimento di ritorno del minore se questo contrasti con i principi fondamentali dello Stato richiesto relativi alla protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Il provvedimento contro il ritorno

Il meccanismo sussidiario in caso di rigetto dell'istanza di rimpatrio ai sensi dell'art. 13 primo comma lett. B) o dell'art. 13 secondo comma Convenzione Aja 1980 è disciplinato dagli artt. 29 par. 6, 42 e 50 del Regolamento UE 1111/2019e corrisponde a quello contenuto nel precedente testo regolamentare, all'art. 11 (Reg. 2201/2003, Bruxelles II bis); esso conferma la possibilità per lo Stato membro di residenza abituale del minore prima della sottrazione, di prendere decisioni che possano comportare anche il ritorno del minore e in questo caso la decisione viene eseguita nello Stato membro in cui si trova il minore, senza che sia necessario ricorrere a procedimenti particolari.

Rispetto alla disciplina del precedente regolamento, adesso, le decisioni di merito relativa al diritto di affidamento (…) che comportano il ritorno del minore(cfr. art. 29 par.6 Reg.) - cosiddette “decisioni privilegiate” ai sensi dell'art. 42 par. 1 lett b) - possono non essere riconosciute o eseguite ai sensi dell'art. 50 se la decisione è “incompatibile con una decisione successiva in materia di responsabilità genitoriale relativa allo stesso minore e resa o nello Stato membro in cui il riconoscimento è invocato o in un altro Stato membro o nel paese terzo in cui il minore risieda abitualmente…. Questa ultima precisazione apre pertanto alla possibilità di neutralizzare il meccanismo sussidiario, con un ribaltamento della ratio precedente.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario