Abuso dell'amministrazione di sostegno: per la Corte EDU l'isolamento totale in una RSA di un anziano viola il diritto al rispetto della vita privata

La Redazione
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12 Luglio 2023

Con sentenza del 6 luglio 2023 (ricorso n. 46412/21), la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato la violazione dell'art. 8 (diritto al rispetto della vita privata) della CEDU da parte delle autorità italiane, in una causa in cui una persona anziana è stata sottoposta, in ragione della sua condizione di prodigalità e di indebolimento fisico e mentale, ad amministrazione di sostegno: sebbene la misura fosse stata adottata al fine di perseguire l'obiettivo legittimo di proteggere il benessere della persona, vi è stata un'ingerenza nella vita privata di quest'ultima, ovvero sono state adottate misure non proporzionate rispetto alle circostanze individuali, superando così il margine di apprezzamento. Difatti, la persona anziana, inserita in una residenza sanitaria assistenziale, è stata sottoposta a forti limitazioni ai contatti con l'esterno, senza prevedere un percorso graduale di revisione della misura, nonostante la stessa fosse stata adottata provvisoriamente.

Il caso in esame riguardava la messa sotto tutela legale di una persona anziana e l'isolamento sociale che ne derivava dalla sua collocazione in una casa di cura. Nel 2017, la sorella dell'anziano posto in RSA presentava al giudice delle tutele una richiesta di nomina di un amministratore di sostegno, sostenendo che suo fratello era anziano e che aveva un comportamento prodigale. Dopo aver constatato la prodigalità del soggetto, il giudice delle tutele nominò un amministratore di sostegno incaricato di amministrare il relativo patrimonio.

Nel 2020, il giudice tutelare ha esteso i poteri dell'amministratore di sostegno a tutti gli aspetti della cura personale dell'anziano, rilevando che la sua sicurezza fisica e il suo benessere erano seriamente compromessi e che stava rilasciando dichiarazioni confuse e contraddittorie. Nell'ottobre del medesimo anno, l'amministratore di sostegno ha chiesto al giudice tutelare l'autorizzazione a ricoverare l'anziano in una casa di cura, spiegando che non aveva più un medico di base o una tessera sanitaria e che era stato avviato un procedimento penale contro i suoi assistenti domiciliari per circonvenzione d'incapace. Lo stesso giorno, il giudice ha autorizzato l'amministratore a prendere le misure necessarie per collocare l'anziano in una casa di cura.

Il mese successivo, una troupe di un noto programma televisivo italiano realizzò un servizio – trasmesso a livello nazionale - che metteva in dubbio la legalità del collocamento della persona in questione in una casa di riposo. Di conseguenza, l'amministratore decise di impedire qualsiasi comunicazione diretta tra il soggetto in RSA e terzi, ad eccezione del sindaco della città. Pochi giorni dopo, il giudice tutelare ha deciso di vietare qualsiasi incontro o conversazione telefonica di terzi con l'anziano a meno che questo non desiderasse diversamente. In particolare, il giudice ha preso in considerazione la decisione dell'amministratore che intendeva proteggere il soggetto dalla divulgazione della sua storia personale e dalle ripercussioni mediatiche del servizio trasmesso, nonché da una perizia (datata 8 ottobre 2020) suggerita all'anziano per una nuova valutazione psichiatrica.

Tra il 2021 e il 2023, il Garante nazionale dei diritti dei detenuti, dopo aver effettuato diverse visite alla casa di cura in cui l'anziano era ricoverato, ha emesso una raccomandazione alla Procura della Repubblica, suggerendo, tra l'altro, di rivedere le misure adottate per la protezione dell'anziano e di stabilire un sistema di supporto più adeguato nel futuro.

La Corte EDU non è stata informata di alcuna azione intrapresa dalla Procura in risposta alla raccomandazione del Garante nazionale. Tuttavia, è stata informata che è stato avviato un procedimento penale per violazione di domicilio nei confronti di una terza persona sospettata di essersi introdotta nella casa di cura e di riposo e di aver incontrato l'anziano senza l'autorizzazione dell'amministratore di sostegno. Nel giugno 2023, questa persona è stata condannata a un anno e 10 mesi di reclusione.

Davanti alla Corte europea dei diritti dell'Uomo, il ricorrente ha lamentato in particolare l'impossibilità di stabilire un contatto con il cugino (l'anziano recluso in RSA) e le decisioni del giudice tutelare. Per quanto riguarda l'anziano in questione, quest'ultimo ha lamentato il suo collocamento in casa di cura dal 2020, nonché l'impossibilità di tornare a casa sua e di ricevere visite nella struttura in cui vive.

La Corte, ritenendo che tale caso sollevasse serie questioni di interesse generale sulle condizioni di vita delle persone anziane nelle case di riposo, data la vulnerabilità di tali soggetti che vivono in tali istituti, ha affermato che nel caso di specie sussistono circostanze eccezionali che consentono al ricorrente di costituirsi in giudizio in qualità di rappresentante di suo cugino, l'anziano oggetto della tutela legale.

In particolare, la Corte ha rilevato che l'anziano in questione è stato posto sotto la completa dipendenza del suo amministratore in quasi tutti i settori e per un periodo di tempo illimitato. Ha osservato con preoccupazione che le autorità hanno, in pratica, abusato della flessibilità dell'amministrazione di sostegno per perseguire finalità che la legge italiana assegna, con limiti rigorosi, al T.S.O. (Trattamento sanitario obbligatorio), il cui quadro legislativo è stato quindi aggirato da un uso improprio dell'amministrazione di sostegno.

La Corte ha inoltre notato che l'amministratore di sostegno aveva deciso un rigido regime di isolamento, nonostante l'anziano avesse chiesto di poter tornare a casa. Con poche eccezioni, quest'ultimo è stato privato di ogni contatto con il mondo esterno e ogni richiesta di conversazione telefonica o di visita è stata vagliata dall'amministratore di sostegno o dal giudice tutelare. In aggiunta, sebbene gli esperti avessero raccomandato un ritorno graduale al suo domicilio a partire dal 2021, questo non è mai avvenuto. Inoltre, il Garante nazionale è intervenuto nella vicenda, denunciando l'isolamento a cui la persona anziana era sottoposta e chiedendo al pubblico ministero di esercitare le sue prerogative per porvi fine, senza alcun risultato.

A parere della Corte, qualsiasi misura di protezione adottata nei confronti di una persona in grado di esprimere la propria volontà deve, per quanto possibile, rispecchiare tale volontà. Le fonti internazionali confermano questo approccio.

Tenendo conto dell'impatto che il collocamento sotto tutela giuridica ha avuto sulla vita privata dell'anziano, la Corte ha osservato che, sebbene le autorità giudiziarie avessero effettuato una valutazione approfondita della sua situazione prima di collocarlo in una casa di cura, non avevano cercato, in considerazione della particolare vulnerabilità che ritenevano di aver individuato, di adottare misure per mantenere le sue relazioni sociali o di stabilire un piano per facilitare il suo ritorno a casa. Al contrario, gli è stato imposto l'isolamento dal mondo esterno, e in particolare dalla famiglia e dagli amici.

La Corte ha ritenuto che la decisione di limitare i contatti non sia stata presa sulla base di un esame concreto e attento di tutti gli aspetti pertinenti della situazione particolare dell'anziano. Essa ricorda, su questo punto, che gli esperti si erano pronunciati a favore di un'uscita dell'interessato.

Alla luce delle varie circostanze esaminate, la Corte ha concluso che, sebbene l'ingerenza perseguisse l'obiettivo legittimo di tutelare il benessere, in senso lato, della ricorrente, essa non era tuttavia, tenuto conto della gamma di misure che le autorità potevano adottare, né proporzionata né adeguata alla sua situazione individuale. Pertanto, l'ingerenza non è rimasta entro i limiti del margine discrezionale di cui le autorità giudiziarie godevano nel caso di specie, verificandosi una violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.