Giudizi di impugnazione: slitta il passaggio dal rito cartolare pandemico a quello della Riforma Cartabia
18 Luglio 2023
La novella introdotta
L'art. 17 del d.l. n. 75/2023, ha modificato l'art. 94 del d.lgs. n. 150/2022 in materia di disciplina transitoria per i giudizi di impugnazione, prevedendo che «il comma 2 è sostituito dal seguente: “per le impugnazioni proposte sino al quindicesimo giorno successivo alla scadenza del termine del 31 dicembre 2023, di cui ai commi 1 e 3 dell'articolo 87 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui agli artt. 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, e 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176. Se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo la scadenza dei termini indicati al primo periodo, si fa riferimento all'atto di impugnazione proposto per primo”». Alla luce di tale novella, a tutte le impugnazioni proposte fino al 15 gennaio 2024 si continueranno ad applicare ultrattivamente le suddette disposizioni processuali già dettate dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 (più volte prorogate dopo la cessazione dello stato di emergenza). Lo slittamento dell'entrata in vigore delle nuove norme in materia di trattazione dei giudizi di impugnazione è legata alle difficoltà di ordine pratico che ne sarebbero derivate. Più precisamente, le nuove disposizioni disciplinanti il giudizio di appello dovevano applicarsi solo alle impugnazioni proposte avverso sentenze emesse dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 (quindi il 30 dicembre 2022), facendo applicazione dei principi generali desumibili dalle Sezioni Unite Lista (n. 27614/2007), secondo cui le impugnazioni sono soggette alla disciplina vigente all'epoca di definizione dell'iter formativo del provvedimento impugnabile. Una simile interpretazione (cui sembrava propendere l'ufficio del massimario della Cassazione, nella relazione n. 68 del 7 novembre 2022) avrebbe posticipato per un non breve periodo l'applicazione delle rilevanti novità in tema di giudizio di appello, non rendendo chiaro, peraltro, nelle more quale disciplina sarebbe stata applicabile. Non solo. Per le udienze fissate a partire dai primi mesi dell'anno 2023, per i processi già pendenti in appello, relativi a sentenze di primo grado emesse prima dell'entrata in vigore della riforma – per le quali non sarebbe stata più applicabile la disciplina emergenziale pandemica, ma nello stesso tempo, facendo applicazione dei principi generali desumibili dalle Sezioni Unite Lista, non si poteva applicare neppure la nuova disciplina del giudizio di appello prevista dalla riforma Cartabia – dovevano “riesumarsi” le norme previste dal codice di rito, temporaneamente “sospese”, per effetto della disciplina emergenziale da Covid-19. Sicché, il termine a comparire sarebbe stato necessariamente di venti giorni e le udienze si sarebbero dovute tenere o pubblicamente o in camera di consiglio partecipata ai sensi dell'art. 599 c.p.p. (Biondi). Per chiarire questi aspetti, l'art. 5-duodecies della L. 199/2022 di conversione del d.l. n. 162/2022 ha modificato l'art. 94, comma 2, d.lgs. n. 150/2022, stabilendo che per le impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2023, continuano ad applicarsi le disposizioni ex artt. 23 e 23-bis del d.l. n. 137/2020. Se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo il 30 giugno 2023, si fa riferimento all'atto di impugnazione proposto per primo. Dunque, lo spartiacque della disciplina applicabile dipende(va) dal momento della presentazione dell'atto di impugnazione: se proposto prima del 30 giugno 2023, il giudizio continuava ad essere disciplinato dalla normativa emergenziale da Covid-19; se presentato dopo, trovano spazio le disposizioni sul giudizio di appello riformato dalla riforma Cartabia. Adesso, con la modifica contenuta nell'art. 17 d.l. n. 75/2023, si è spostato questo spartiacque temporale al 15 gennaio 2024. Com'era prevedibile, le norme sulla trattazione cartolare dei processi penali hanno trovato una loro stabilizzazione anche dopo l'emergenza sanitaria, per garantire il raggiungimento della riduzione della durata dei processi sancita in materia di giustizia penale nel P.N.R.R., condicio sine qua non per accedere ai fondi del Netx Generation EU. Il d.lgs. n. 150/2022 inserisce per i giudizi di appello un apposito art. 598-bis c.p.p. (mentre per quelli di Cassazione riscrive l'art. 611 c.p.p.) ove diventa regola quella che è stata l'eccezione al contraddittorio orale nei giudizi di appello e di cassazione (che restano di regola non partecipati), introdotta per ragioni di contenimento del contagio da covid-19. La modalità ordinaria di trattazione del giudizio di appello e di quello di cassazione è quella scritta. Nelle intenzioni del legislatore, ciò al fine di ridurre i tempi di celebrazione dell'appello. La novella, nel comportare una vistosa deroga all'oralità, non risulta condivisibile. Ci si chiede quale sia la differenza in termini di tempo tra l'udienza cartolare e quella in presenza. Superata la fase delle notifiche, il discrimen sarebbe quello legato all'intervento orale delle parti, ovvero ore o frazioni di ore. Se ciò era giustificabile nel periodo dell'emergenza sanitaria, per evitare contagi da coronavirus, non lo è in via ordinaria perché non si risparmia tempo e soprattutto si sottrae alla difesa dell'imputato la possibilità di cogliere eventuali incertezze o dubbi del collegio, magari attraverso la relazione, che solo l'oralità può garantire. Il rito non partecipato in camera di consiglio ricalca la disciplina prevista per il procedimento in cassazione dall'art. 611 c.p.p.; perciò, fissata la data di udienza:
L'art. 41, lett. ee), d.lgs. n. 150/2022 ha previsto, infine, che l'avviso del deposito, contenente l'indicazione del dispositivo, è comunicato a cura della cancelleria al procuratore generale e ai difensori delle altre parti (art. 167-bis delle disposizioni di attuazione c.p.p.). L'art. 35 d.lgs. n. 150/2022 interviene così sulla disciplina del ricorso in cassazione per disciplinare, analogamente a quanto fatto per l'appello, il rito cartolare non partecipato in camera di consiglio quale modello ordinario per i giudizi di cassazione, al quale si può derogare solo in presenza di specifici presupposti e previa richiesta delle parti o decisione della corte stessa. Nel riformulato art. 611 c.p.p. è anzitutto ribadita la regola della trattazione scritta, senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Resta invariato che fino a quindici giorni prima dell'udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica. Poiché la disciplina attualmente in vigore è quella del rito di trattazione pandemico disciplinato dagli artt. 23 e 23-bis d.l. n. 137/2020, poi confluiti nella l. n. 176/2020, cerchiamo di ripassare la relativa normativa che si applica ormai da tre anni, evitando di sovrapporla, confondendola, con la nuova disciplina sulla trattazione dei procedimenti di impugnazione. In base a tali disposizioni, se non viene presentata da alcuna parte processuale richiesta di trattazione orale del giudizio di impugnazione (non solo appello e ricorso per cassazione, ma anche appelli avverso sentenze del giudice di pace, della Corte di Assise, appelli cautelari e avverso pronunce nei procedimenti in materia di misure di prevenzione, personali e patrimoniali), la celebrazione sarà quella scritta, con l'instaurazione del solo contraddittorio cartolare. L'art. 23-bis d.l. n. 137/2020, per i giudizi di appello, prevede che entro il decimo giorno precedente l'udienza, il pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica. La cancelleria invia l'atto immediatamente, sempre per via telematica, ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza possono presentare le conclusioni con atto scritto, trasmesso alla cancelleria della corte di appello sempre col canale telematico. Dopo la deliberazione, il dispositivo della decisione è comunicato alle parti. L'art. 23 del d.l. per i giudizi di cassazione statuisce invece che, entro il quindicesimo giorno precedente l'udienza, il procuratore generale formula le sue richieste con atto spedito alla cancelleria della Corte a mezzo PEC. La cancelleria provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo, l'atto contenente le richieste ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare con atto scritto, inviato alla cancelleria della corte a mezzo PEC, le conclusioni. Le disposizioni appena richiamate utilizzano il termine “presenta” per le richieste del procuratore generale, mentre per le memorie delle altre parti si utilizza il termine “possono”, può indurre a ritenere che il procuratore generale debba obbligatoriamente presentare le sue richieste. Tuttavia, come già chiarito dalla Cassazione con riguardo nel rito camerale cartolare di appello pandemico, la mancata presentazione delle richieste del procuratore generale (che, peraltro, nell'appello durante il periodo dell'emergenza pandemica dovevano essere comunicate alle altre parti, comunicazione non prevista dall'art. 598-bis c.p.p.), sempre che quest'ultimo sia stato posto nelle condizioni di presentarle (ricevendo regolare citazione), non configura alcuna nullità (Cass. pen., sez. I, n. 14766/2022 in quanto la partecipazione della parte pubblica è solo eventuale), ovvero può al più configurare una nullità a regime intermedio ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. b) e 180 c.p.p., ma non ai sensi dell'art. 178, comma 1 lett. c), c.p.p., potendo le altre parti sempre articolare le proprie difese indipendentemente dalle conclusioni rassegnate dall'organo della pubblica accusa (Cass. pen., sez. VI, n. 26459/2021). I difetti di notifica del decreto di citazione a giudizio, del mancato rispetto dei termini a comparire, ovvero dei termini per presentare memorie, richieste e motivi nuovi, potranno essere dedotti anche con le memorie stesse, come chiarito dalla giurisprudenza formatasi nel vigore del rito penale di appello emergenziale pandemico (Cass. pen., sez. V, n. 5739/2022). L'ipotesi derogatoria della trattazione scritta del processo di impugnazione si ha con la richiesta di trattazione orale del relativo giudizio. La prolungata normativa emergenziale dispone che tale termine è posticipato in prossimità dell'udienza: a) nei giudizi di cassazione, venticinque giorni liberi prima dell'udienza e presentata, a mezzo PEC, alla cancelleria; b) nei giudizi di appello, nel termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell'udienza sempre via PEC. La giurisprudenza ha risolto il dubbio circa la possibilità o meno, nel giudizio di appello, dell'imputato di formulare personalmente la richiesta di discussione orale ovvero di personale comparizione. Per la Suprema Corte, «in tema di disciplina emergenziale da pandemia Covid-19, nel giudizio cartolare d'appello, è legittima la richiesta di partecipazione all'udienza formulata personalmente dall'imputato detenuto - e non a mezzo del difensore - non essendo sanzionata con l'inammissibilità o con l'irricevibilità la difformità dal modello legale di cui all'art. 23-bis, comma 4, d.l. n. 137/2020, convertito dalla l. n. 176/2020, sicché il mancato accoglimento della richiesta determina la nullità dell'udienza e della conseguente sentenza per violazione del diritto alla partecipazione, quale garanzia del giusto processo ex artt. 111 Cost. e 6, comma 3, lett. c), d) ed e), Convenzione EDU» (Cass. pen., sez. VI, n. 15139/22). La richiesta di trattazione orale è irrevocabile. Anche se le norme pandemiche nulla prevedevano in argomento gli approdi ermeneutici della Cassazione in tema di procedimento di appello camerale cartolare emergenziale ex art. 23-bis si erano già pronunciati in tal senso. Si veda, Cass. pen., sez. VI, n. 22248/2021, in cui si specifica che ove si consentisse il mutamento del rito per effetto della rinuncia unilaterale alla discussione, verrebbe leso il diritto di difesa delle altre parti che hanno riposto legittimo affidamento sulla possibilità di rassegnare conclusioni orali, non provvedendo al deposito di conclusioni scritte. Altra questione applicativa: nel rito emergenziale la richiesta di trattazione orale deve essere comunicata dalla cancelleria del giudice di appello alle altre parti il mutamento della trattazione (non più orale ma scritta) del gravame? Risposta positiva è stata fornita sempre dalla Cassazione, determinandosi in mancanza, ove l'udienza venga celebrata in assenza della parte non edotta, una nullità generale a regime intermedio ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. (Cass. pen., sez. V, n. 7750/2022; sez. VI, n. 3673/2022; sez. III, n. 38164/2022). La Suprema Corte ritiene valida la richiesta di trattazione orale trasmessa a mezzo PEC, allegando un file word invece che un PDF (Sez. V, n. 700/2021). In assenza di una previsione sanzionatoria e non ricorrendo, nel caso concreto, esigenze di immodificabilità del contenuto della richiesta (esplicitato nell'oggetto del messaggio di posta elettronica), la ritenuta inammissibilità della richiesta stessa finisce per tradursi in un formalismo del tutto avulso dalle esigenze di certezza cui la normativa tecnica è preordinata. La Cassazione ha chiarito che l'udienza cui parametrare Il termine di 15 giorni per la richiesta di trattazione orale in appello è solo quella in cui si è instaurato un regolare contraddittorio fra tutti gli imputati (sez. I, n. 14000/2023). Se non vi saranno ulteriori rinvii normativi, tra qualche mese dovrebbero entrare in vigore le norme sul rito dei giudizi di impugnazione tracciato dal d.lgs. n. 150/2022 (supra indicate, § 3). La norma richiama il giudizio di appello camerale cartolare celebrato durante il periodo emergenziale da COVID-19, così come previsto dall'art. 23-bis d.l. n. 137/2020, convertito con modifiche dalla l. n. 176/2020, sebbene con significative differenze. La prima è quella del diverso termine entro il quale chiedere la trattazione orale del giudizio di appello. Il rito camerale cartolare è evitato se l'appellante e, in ogni caso, l'imputato o il suo difensore chiedono di partecipare all'udienza entro il termine di quindici giorni, previsto a pena di decadenza, dalla notifica del decreto di citazione a giudizio o dell'avviso della data fissata per il giudizio di appello. Viene anticipato quindi il momento previsto per richiedere la trattazione orale: non più entro quindici giorni prima dell'udienza (come disposto dalla normativa emergenziale, attualmente in vigore), ma entro quindici giorni dalla notifica della vocatio in ius. Per non essere troppo stretti con i tempi di richiesta della trattazione orale, è stato allungato il termine per comparire che non può essere inferiore (non più a venti ma) a quaranta giorni e che in questa finestra temporale vada notificato ai difensori. Tale aspetto di disciplina si collega all'altra innovazione del rito Cartabia rispetto a quello pandemico attualmente in vigore e che si incrocia con la ius novum in materia di concordato sui motivi di appello, la richiesta andrà presentata almeno quindici giorni prima della data fissata per l'udienza. Ciò significa che la richiesta di concordato non potrà essere presentata per la prima volta in sede di udienza pubblica. Se la Corte ritiene di non poter accogliere la richiesta, dispone che l'udienza si svolga con la loro partecipazione, indicando se l'appello sarà deciso in udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall'art. 127 c.p.p. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato alle altre parti (quindi, non solo ai difensori). In questo caso, la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte in udienza. Cercando di tirare le file del nuovo rito dei giudizi di impugnazione è innegabile che la prospettiva in cui si inquadrano gli schemi di trattazione è quella per cui all'interno della cornice processuale la tela si arricchisce di nuove pennellate (mascherate come) efficientistiche (in realtà avente finalità meramente acceleratorie del processo penale) a tinte forti che offuscano i colori dell'imputato, ormai sbiadito sullo sfondo,e del suo difensore, con svilimento – almeno in prima battuta laddove si ci accontenta della regola della trattazione scritta del giudizio – del contraddittorio nella sua massima espressione dell'oralità. |