Procedimento: reclamo e impugnazione

20 Luglio 2023

Il legislatore delegante detta le regole fondamentali della nuova disciplina delle impugnazioni, interamente riscritta, sia quanto al regime dei provvedimenti endoprocessuali sia quanto al nuovo rito da seguire per l'appello avverso le sentenze definitive.
Introduzione

Il legislatore delegante, nel quadro complessivo delle riforme del processo civile, ha delineato un nuovo rito unitario entro cui inscrivere tutto il contenzioso familiare e minorile con norme di dettaglio, contenute nell'art. 1 comma 23 l. 206/2021 pubblicata su G.U. 9 dicembre 2021.

Il sistema generale del riesame dei provvedimenti ad opera di altro giudice che giudica in composizione collegiale, risulta rafforzato nell'impianto del nuovo rito, letto in combinato con la riforma ordinamentale, disciplinata dal successivo art. 1 comma 24, attraverso l'istituzione del Tribunale Unico della Famiglia, delle Persone e dei minori.

Il legislatore delegante detta le regole fondamentali della nuova disciplina delle impugnazioni, interamente riscritta, sia quanto al regime dei provvedimenti endoprocessuali – provvedimenti temporanei ed urgenti ora adottati dal giudice istruttore, provvedimenti temporanei adottati in corso di causa, provvedimenti sanzionatori emessi nel corso del giudizio – sia quanto al nuovo rito da seguire per l'appello avverso le sentenze definitive.

L'intero regime, tuttavia, mostra per certi versi alcune distonie motivate dall'entrata in vigore “sfalsata” della riforma processuale rispetto a quella ordinamentale, per quest'ultima prevista per alla fine dell'anno 2024, che attribuisce alla sezione distrettuale, quale organo di secondo grado, l'intera competenza a decidere sulle impugnazioni avverso tutti i provvedimenti adottati dal giudice della sezione circondariale, così recuperando quel deficit di “collegialità” da più parti lamentato, attraverso la previsione di un regime stringente di impugnativa, rispetto ad ogni atto adottato dal primo organo giudicante sia in composizione monocratica che in composizione collegiale per i provvedimenti decisori definitivi, suscettibile di essere sempre riesaminato da un diverso collegio operante in sede distrettuale.

Art. 1 comma 23 lett. r) l. 206/2021 e art. 472-bis.24 c.p.c. introdotto dal d.lgs. 149/2022

Il comma 23 lett. r) della Legge delega 206/2021 - nell'indicare i poteri del giudice istruttore il quale, all'esito della prima udienza di comparizione delle parti, nel caso di mancata conciliazione quando il processo deve continuare, adotta i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell'interesse delle parti - dispone che venga dettata disciplina per “il regime della reclamabilità dinanzi al giudice, che decide in composizione collegiale”.

Questa prima indicazione, che appare per certi versi generica, volutamente omette di indicare quale organo sia competente a decidere sul reclamo avverso i provvedimenti temporanei, concentrando l'attenzione esclusivamente sulla composizione dell'organo.

La scelta “aperta” ha, infatti, consentito al legislatore delegato di mantenere il regime della reclamabilità attualmente previsto dall'art. 708 c.p.c. per le ordinanze presidenziali adottate nei giudizi di separazione e divorzio, di competenza della Corte di Appello, ma di adeguarlo al futuro trasferimento di funzioni in capo alla sezione distrettuale, quale nuovo organo di secondo grado.

È utile riportare il testo del comma 24 lettera q) della legge delega che ha generalizzato la reclamabilità di tutti i provvedimenti provvisori aventi contenuto decisorio, prevedendo: “stabilire che nel settore civile ogni provvedimento provvisorio adottato dalle sezioni circondariali che presenti contenuti decisori sia reclamabile dinanzi alla sezione distrettuale e che ogni provvedimento provvisorio adottato dalla sezione distrettuale che presenti contenuti decisori nelle materie di competenza della stessa sia reclamabile dinanzi alla sezione di corte d'appello per i minorenni, fatto salvo quanto previsto dalla legge 15 gennaio 1994, n. 64, in materia di sottrazione internazionale di minorenni”.

Il quadro dei principi della Legge delega esposto consente di superare eventuali dubbi di eccesso di delega rispetto alla nuova previsione dell'art. 473-bis 24 che contiene una disciplina “adattabile” anche in vista della istituzione del nuovo Tribunale Unico, circoscritta rispetto ai confini delineati dal legislatore delegante molto più ampi e generalizzati, e ciò allo scopo di adeguare lo strumento agli organici e alla struttura ordinamentale invariata.

Peraltro, l'originaria intenzione del legislatore, quale risultante anche dai lavori della Commissione Luiso, avrebbe verosimilmente dovuto essere nel senso di una generale reclamabilità sempre di fronte al tribunale, che avrebbe dovuto giudicare in composizione collegiale del cui collegio, ovviamente, non avrebbe dovuto far parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato.

In sede di attuazione, tuttavia, la scelta è stata quella di non mutare l'originario impianto fino alla costituzione del nuovo Tribunale Unico della Famiglia, delle Persone e dei minori, così confermando l'attuale regime dei provvedimenti presidenziali emanati nei giudizi di separazione e di divorzio, che prevede all'art. 708 comma 4 c.p.c., il reclamo alla Corte d'Appello, scelta motivata dalla consapevolezza delle risorse ridotte dei piccoli Tribunali che avrebbero, con difficoltà, potuto far fronte all'aumento esponenziale dei reclami, esorbitante rispetto ai numeri dei processi e ai ruoli giudiziari.

L'art. 50.5 del r.d. 12/1941, introdotto dal d.lgs. 149/2022 (si veda sez. VII), nel dare attuazione alla Legge delega ha espressamente delineato le competenze delle due articolazioni del nuovo Tribunale stabilendo, al secondo comma che “Presso la sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie sono trattati, nella materia civile, i procedimenti di primo grado attribuiti alla competenza del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie diversi da quelli indicati al primo comma, nonché i giudizi di reclamo e di impugnazione avverso i provvedimenti pronunciati dalla sezione circondariale.

Reclamo avverso i provvedimenti temporanei ed urgenti

Il nuovo art. 473-bis.24 c.p.c. prevede, al comma 1, che “contro i provvedimenti temporanei e urgenti di cui al primo comma dell'articolo 473-bis 22 si può proporre reclamo con ricorso alla corte di appello”, entro il termine di dieci giorni decorrenti dalla pronunzia del provvedimento ovvero dalla sua comunicazione, così riproducendo, anche in questo caso, la medesima disciplina dettata dall'abrogato art. 708 c.p.c., per le ordinanze presidenziali adottate nei giudizi di separazione giudiziale e di divorzio.

La generalizzazione della reclamabilità di tutti i provvedimenti temporanei consente di superare il profondo vulnus creato dal differente rito seguito per la regolamentazione della responsabilità genitoriale per i figli “non matrimoniali”, ai sensi degli artt. 737 ss. c.p.c., nel quale i provvedimenti temporanei/provvisori eventualmente adottati non sono stati ritenuti suscettibili di reclamo.

I provvedimenti provvisori, dopo la riforma, possono essere adottati nell'ambito di ogni procedimento per il quale si applica il nuovo rito, ossia in tutte le materie indicate nell'art. 473-bis comma 1, c.p.c. e gli stessi sono reclamabili ai sensi dell'art. 473-bis 24.

Inoltre, è bene precisare che, come indicato nella relazione illustrativa del d.lgs. 149/2022 (sub. 473-bis.22), ad essere reclamabile è solo l'ordinanza adottata dal giudice istruttore alla prima udienza di comparizione delle parti, solo per la parte in cui contiene statuizioni riguardanti l'affidamento e il mantenimento dei figli e del coniuge, i provvedimenti aventi contenuto economico e tutti i c.d. provvedimenti consequenziali, non ovviamente la parte dell'ordinanza che pronuncia su aspetti meramente organizzativi dell'iter iudicii ovvero istruttori.

Il richiamo all'attuale disciplina dell'art. 708 c.p.c. è, tuttavia, solo apparente e riguarda gli aspetti tipicamente processuali, risultando il nuovo strumento del tutto differente da quello fino ad ora sperimentato davanti alle Corti di Appello.

L'interpretazione assolutamente consolidata delle corti di merito, infatti, ha assegnato all'istituto del reclamo solo la funzione di sottoporre a mera verifica la decisione presidenziale utilizzando il medesimo materiale probatorio, al solo scopo di accertare l'esistenza o meno di errori nel processo decisionale (ex plurimis App. Bologna 8 maggio 2006; App. Cagliari 26 marzo 2011).

L'art. 473-bis.24, di contro, amplia i poteri del giudice dell'impugnazione consentendo al collegio, se ritenuto indispensabile ai fini della decisione da adottarsi nel termine di sessanta giorni, di assumere sommarie informazioni.

Significativa importanza è da attribuirsi all'ultimo inciso contenuto nel comma 3 della norma che prevede la possibilità di dedurre circostanze sopravvenute davanti al “giudice di merito”.

L'interpretazione che potrebbe attribuirsi ad una locuzione che, diversamente potrebbe risultare pleonastica, è quella di consentire un limitato ampliamento del thema decidendum devoluto al giudice del reclamo, che, a differenza dell'attuale sistema, potrebbe vagliare il mutamento del sostrato fattuale ed economico nelle more intervenuto e decidere di confermare o modificare il provvedimento provvisorio impugnato anche alla stregua dell'intervenuto mutamento.

La connotazione del reclamo così delineata avvicinerebbe l'istituto a quello generale nella materia dei provvedimenti cautelari, con una valenza spiccatamente devolutiva, attesa la facoltà attribuita al giudice di secondo grado di esercitare limitati poteri istruttori, esclusi nell'esperienza casistica dell'art. 708 c.p.c.

Nella fase di prima applicazione potrebbero emergere problemi di sovrapposizione di competenze a decidere sulle “sopravvenienze” tra giudice istruttore e corte d'appello, da regolarsi secondo il criterio della prevenzione che determinerebbe l'inammissibilità di un ricorso volto a riproporre questioni già decise dall'uno o dall'altro giudice.

Una diversa e preferibile interpretazione, anche allo scopo di evitare rischi di sovrapposizioni e di contrasto tra decisioni nonché per garantire il rispetto del doppio grado di giurisdizione, vedrebbe investito sempre il giudice istruttore di tutte le circostanze sopravvenute, così mantenendo l'attuale sistema consolidato.

D'altra parte, questa ultima interpretazione è coerente con quanto previsto dall'art. 473-bis.23 c.p.c., per il quale “i provvedimenti temporanei e urgenti possano essere modificati o revocati dal collegio o dal giudice delegato in presenza di fatti sopravvenuti o nuovi accertamenti istruttori”, che ha dato attuazione al principio della legge delega (art. 1, comma 23, lett. u) l. n. 206/2021) nel quale è stato previsto che i provvedimenti temporanei e urgenti “possano essere modificati o revocati dal giudice, anche relatore, nel corso del giudizio in presenza di fatti sopravvenuti o di nuovi accertamenti istruttori…”.

Ne consegue che il potere di revoca o di modifica, nel caso di modifiche sopravvenute, rimane devoluto al giudice istruttore e non può sovrapporsi al potere di riesaminare l'ordinanza presidenziale in sede di reclamo ad opera della corte d'appello, perché reclamo e revoca/modifica, rispondono a finalità ed esigenze diverse: il reclamo alla corte d'appello avrebbe lo scopo di permettere una eventuale rivisitazione del “provvedimento temporaneo ed urgente” (ex provvedimento presidenziale), sulla base degli atti già da questo esaminato, in modo da porre in evidenza eventuali errori di valutazione o contrasti con le emergenze risultanti dalle produzioni delle parti e dalla limitata attività istruttoria concessa al presidente in sede di tentativo di conciliazione; la richiesta di modifica rivolta al giudice istruttore avrebbe, invece, lo scopo di adeguare i provvedimenti urgenti alle nuove emergenze risultanti dall'istruttoria svolta o, comunque, da fatti sopravvenuti e portati all'attenzione di tale organo.

Il terzo comma dell'art. 473-bis.24 prevede che il collegio, assicurato il contraddittorio tra le parti, entro sessanta giorni dal deposito del ricorso pronuncia ordinanza con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato, provvedendo alla liquidazione delle spese così optando per una soluzione di contrario avviso rispetto alla presa di posizione della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ. sez. VI, 27 giugno 2022, n.20585; Cass. civ. sez. I, 30 aprile 2020, n.8432), così generalizzando la statuizione sulle spese che il giudice del reclamo deve in ogni caso disporre, sia che accolga sia che rigetti, sia che provveda su reclamo proposto avverso i provvedimenti adottati ai sensi del primo comma o ai sensi del secondo comma dell'art. 473-bis.24.

Reclamo avverso i provvedimenti temporanei in corso di causa

Significativa e di particolare importanza è la previsione del secondo comma dell'art. 473-bis.24: “È altresì ammesso reclamo contro i provvedimenti temporanei emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori ovvero ne dispongono l'affidamento a soggetti diversi dai genitori”.

La norma introduce un sistema di impugnativa rispetto a tutti i provvedimenti “temporanei”, adottati in corso di causa dal Giudice istruttore, ma allo scopo di limitarne l'ambito ed evitare un aumento spropositato di contenzioso, gravante allo stato sempre sulla Corte d'Appello, delinea l'oggetto che rende il provvedimento suscettibile di essere riesaminato da altro giudice collegiale.

In primo luogo, saranno sempre impugnabili tutti i provvedimenti temporanei di sospensione o di limitazione della responsabilità genitoriale, adottati ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c.

In secondo, luogo, sono reclamabili tutti quei provvedimenti, anche di modifica dei provvedimenti provvisori adottati nel corso della prima udienza (ex ordinanze presidenziali), resi dal giudice in corso di causa, che incidano sulla vita del minore perché introducono modifiche sostanziali al regime di affidamento e di collocazione.

L'inciso che potrebbe creare dubbi interpretativi ed applicativi riguarda l'individuazione dei casi di “sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori”, che assume volutamente contorni ampi e non ben definitivi allo scopo di consentire la reclamabilità di provvedimenti dal contenuto “atipico”, non necessariamente inquadrabili nell'ambito di applicazione dell'art. 333 c.c. che, tuttavia, in concreto producano il medesimo effetto di comprimere la relazione genitoriale. A titolo di esempio, saranno sempre impugnabili, oltre ai casi di collocazione del minore eterofamiliare anche i casi di affidamento esclusivo o superesclusivo che, allo stato, se adottati in corso di causa dal giudice istruttore non sono reclamabili.

La riforma interviene a colmare una lacuna normativa rispetto a tutti i provvedimenti provvisori adottati dal giudice istruttore, nei giudizi davanti al Tribunale ordinario, anche particolarmente incisivi e/o modificativi dell'ordinanza presidenziale, fino ad ora ritenuti non suscettibili di reclamo.

Le argomentazioni utilizzate dalle corti di merito, avallate dalla pronunce della Corte di Cassazione, hanno da sempre ritenuto non reclamabili tutti i provvedimenti endoprocessuali adottati dal giudice istruttore, indipendentemente dall'oggetto, ed hanno fatto leva o sull'assenza di una previsione espressa che il legislatore ha riservato solo per il reclamo avverso l'ordinanza presidenziale ovvero sul carattere provvisorio e sulla loro revoca o modifica sempre possibile (Cass. civ. sez. I, ord., 4 luglio 2014, n. 15416; Cass. civ. sez. I, ord., 10 maggio 2018, n. 11279).

Si è sostenuto che se la legge di riforma del codice di procedura civile ha stabilito la proponibilità del reclamo avverso l'ordinanza emessa dal presidente nel procedimento di separazione con ricorso alla Corte d'appello, in caso di provvedimenti del giudice istruttore, che essendo destinati ad incidere sui diritti delle parti ne hanno uguale efficacia ultrattiva, seppure ne deriverebbe la logica applicazione estensiva dello stesso principio, tale non si ritiene prospettabile in quanto ammettendo la contemporanea esperibilità dei rimedi del reclamo e della richiesta di modifica e di revoca delle ordinanze, si potrebbe generare un contenzioso infinito fra le parti, stante la ben possibile sovrapposizione di provvedimenti emessi nelle due diverse sedi e fra loro totalmente contrastanti (cfr. App. Napoli 5 marzo 2007).

Ancora se ne è esclusa la reclamabilità in ragione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, ma anche perché esse, essendo a loro volta modificabili e/o revocabili, non possono essere impugnate in corso di causa.

Ancorché se ne riconosca la natura cautelare, si è ritenuto non compatibile con il procedimento di separazione la regola della reclamabilità delle ordinanze di revoca e/o modifica, atteso che le ordinanze del giudice istruttore della separazione sono sempre modificabili e/o revocabili senza necessità di elementi nuovi, a differenza delle ordinanze disciplinate dal rito cautelare uniforme, ove è sempre richiesta la sopravvenienza di fatti nuovi, ovvero di circostanze precedenti ma conosciute solo successivamente (cfr. Trib. Brindisi 4 ottobre 2006; Tribunale Napoli 13 ottobre 2009).

Tale interpretazione, seppur sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale dal Tribunale di Cagliari è stata ritenuta manifestamente inammissibile, “In assenza di un "diritto vivente" sullo specifico tema, ed anzi in presenza di differenti orientamenti della giurisprudenza di merito”, volti ad ammettere la reclamabilità anche attraverso l'estensione dell'art. 669-terdecies c.p.c. in ragione della riconosciuta natura cautelare dei provvedimenti provvisori adottati dal giudice istruttore (Corte cost., 11 novembre 2010, n.322).

Per converso, la Corte di Cassazione, censurando l'indirizzo di contrario avviso sostenuto da alcuni Corti d'appello, ha affermato che i provvedimenti provvisori, emessi dal giudice minorile nell'ambito dei procedimenti ex art. 330-336 c.c., sono reclamabili ex art. 739 c.p.c. innanzi alla Corte d'appello, giacché idonei a produrre conseguenze pregiudizievoli per i minori, incidendo su diritti personalissimi e di primario rango costituzionale (cfr. Cass. civ. sez. I, 17 aprile 2019, n.10777).

Il differente regime ha prodotto, nel corso di questi anni, risultati aberranti consentendo ad un provvedimento del medesimo tenore, altamente incisivo per la vita di un minore, di seguire percorsi processuali diversi: se adottato dal giudice ordinario in corso di causa, ha assunto effetti “stabili” per lungo tempo nelle more del giudizio fino alla sua definizione perché non reclamabile e mai sottoposto al vaglio di altro organo; se adottato dal giudice minorile è stato riesaminato dalla Corte d'Appello in sede di reclamo.

Il delicato tema ha trovato finalmente risposta ed unificazione di trattamento nella riforma attraverso la generalizzazione della reclamabilità di tali provvedimenti, entro i confini delineati.

Il legislatore delegato ha, dunque, esteso la disciplina prima dettata solo per le ordinanze presidenziali, di riesame dei provvedimenti temporanei ed urgenti, consentendo un controllo ed una revisione demandata ad altro giudice di rango superiore e in composizione collegiale, su tutte le decisioni che assumano effetti decisivi sulla vita dei minori e degli esercenti la responsabilità genitoriale.

L'introduzione di tale regime finalmente soddisfa l'esigenza di rafforzare la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi attraverso la previsione di un sistema di riesame dei provvedimenti a contenuto altamente incisivo, peraltro già consolidato nell'apparato processual-civilistico con la generalizzazione della reclamabilità di tutti i provvedimenti cautelari nel processo ordinario, ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c.

D'altra parte, in attesa del completamento del processo riformatore, il legislatore delegante ha generalizzato la reclamabilità di tutte le ordinanze adottate dal giudice istruttore nei giudizi del contenzioso familiare e di affidamento con l'art. 1 comma 23 lett. v) ove è stato previsto “modificare l'articolo 178 c.p.c. introducendo una disposizione in cui si preveda che, una volta istituito il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, l'ordinanza del giudice istruttore in materia di separazione e di affidamento dei figli è impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio, che il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di venti giorni dalla lettura alla presenza delle parti oppure dalla ricezione della relativa notifica e che il collegio decide in camera di consiglio entro trenta giorni dal deposito del reclamo”.

Infine, l'ultimo comma dell'articolo in esame prevede la possibilità di impugnare il provvedimento adottato in sede di reclamo, ma solo nel caso in cui vengano impugnati provvedimenti “provvisori” adottati in corso di causa (il richiamo, infatti, è solo riferito al II comma dell'art. 473bis.24) con il ricorso in cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.

Anche in questo caso, il legislatore ha optato per una scelta di contrario avviso rispetto all'indirizzo della giurisprudenza di legittimità che aveva sempre escluso il ricorso straordinario per cassazione rispetto a provvedimenti privi dei caratteri della decisorietà e definitività, destinati in ogni caso ad essere superati dalla decisione finale, seppur l'orientamento fosse stato espresso sempre in materia di reclamo avverso i provvedimenti presidenziali adottati ai sensi dell'art. 708 comma 3 c.p.c., per i quali il ricorso in cassazione continua ad essere precluso (Cass. civ. sez. I, 06 giugno 2011, n.12177; Cass. civ. sez. I, 26 settembre 2011, n.19586).

Art. 473-bis.39 introdotto dal d.lgs. 149/2022 e sua impugnativa (ex art. 709-ter c.p.c.)

Il legislatore della delega ha voluta riscrivere l'art. 709-ter c.p.c., sia inglobandone la disciplina nel nuovo rito unitario sia razionalizzandone il contenuto, inscrivendo la norma all'interno del nuovo paragrafo dedicato alla disciplina dell'attuazione dei provvedimenti di affidamento della prole, che comprende le regole processuali dell'art. 709-ter c.p.c. e il potenziamento dei poteri ufficiosi del giudice.

Accanto alla nuova disciplina concernente l'esercizio da parte del giudice di un potere di vigilanza ed intervento sul provvedimento emesso e rimasto inattuato, si interviene a riscrivere la disciplina di cui all'art. 709-ter c.p.c. con alcuni correttivi rivolti a potenziare l'efficacia concreta del rimedio già previsto dal legislatore, tra i quali la significativa introduzione delle misure di coercizione indiretta, c.d. astreintes, previste dall'art. 614-bis c.p.c.

Per quel che in questa sede rileva, tutti i provvedimenti adottati ai sensi del vecchio art. 709-ter c.p.c., oggi confluito con modifiche, nel nuovo art. 473-bis.39, introdotti da ricorsi in corso di causa con l'apertura di sub-procedimenti, nella vigente disciplina ritenuti non impugnabili, sono oggi reclamabili davanti alla Corte d'Appello, nei limiti e secondo il regime delineato dall'art. 473-bis.24.

I provvedimenti indifferibili

L'art. 1 comma 23 lett f) della Legge 206/2021 ha espressamente indicato di: “prevedere con la fissazione della data l'indicazione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto e del termine per la costituzione della parte convenuta, con possibilità per il giudice relatore di assumere provvedimenti d'urgenza nell'interesse delle parti e dei minori prima dell'instaurazione del contraddittorio, quando ciò potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento o in presenza di pregiudizio imminente ed irreparabile, fissando l'udienza di comparizione delle parti per la conferma, modifica o revoca di tali provvedimenti entro i successivi quindici giorni”.

Seppur immanente nel sistema e adottato da qualche Tribunale, la facoltà di emettere provvedimenti, anche inaudita altera parte, prima dell'udienza presidenziale non era consentita né praticata e ciò ha creato un grande e profondo vuoto di tutela proprio nella fase della vita della coppia disgregata, in cui la conflittualità spesso diventa esasperata, con riflessi sovente drammatici e fortemente pregiudizievoli per i minori dilaniati dall'incapacità ed inadeguatezza dei loro genitori.

I tempi di fissazione della prima udienza di comparizione, in tutti i giudizi del contenzioso familiare, variabili nei vari tribunali perché inevitabilmente ancorati alla composizione degli organici e a criteri temporali di smaltimento degli affari, ha determinato una forte esposizione a fattori di rischio per i diritti personalissimi direttamente proporzionale al ritardo con cui, per la prima volta, le parti si trovano davanti ad un giudice ed ottengono una disciplina regolativa dell'affidamento dei figli.

L'art. 473-bis.15, nel dare attuazione al principio della legge delega, espressamente prevede: “in caso di pregiudizio imminente e irreparabile o quando la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l'attuazione dei provvedimenti, il presidente o il giudice da lui delegato, assunte ove occorre sommarie informazioni, adotta con decreto provvisoriamente esecutivo i provvedimenti necessari nell'interesse dei figli e, nei limiti delle domande da queste proposte, delle parti. Con il medesimo decreto fissa entro i successivi quindici giorni l'udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti adottati con il decreto, assegnando all'istante un termine perentorio per la notifica”.

La norma, collocata nel capo II tra le disposizioni comuni ai giudizi di primo grado, ha generalizzato il potere di adottare provvedimenti indifferibili, rispetto a tutti i procedimenti ai quali si applica il nuovo rito unitario, di competenza dello stesso presidente ovvero di un giudice dal medesimo delegato.

I presupposti in presenza dei quali attivare i poteri indicati dalla norma sono, per un verso, l'esistenza di “un pregiudizio imminente ed irreparabile” per gli interessi delicatissimi che vengono in gioco e/o, per altro verso, “quando la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l'attuazione dei provvedimenti”, con una locuzione che ripete quanto previsto dall'art. 669-sexies c.p.c..

Del resto, il sistema processuale coniato è proprio quello del processo cautelare uniforme con possibilità di assumere i provvedimenti inaudita altera parte che dovranno essere confermati, modificati o revocati nel pieno contraddittorio delle parti, all'esito dell'udienza fissata con il medesimo decreto, nel termine dei successivi quindici giorni.

Sebbene la norma riporti la congiunzione disgiuntiva “o”, la stessa deve leggersi nel senso che è sempre necessario apprestare tutela ad un pregiudizio che sia imminente ed irreparabile del diritto conteso, tale da giustificare l'adozione di misure inaudita altera parte, non ritenendosi sufficiente la mera valutazione di un astratto rischio connesso al solo contraddittorio delle parti che va sempre salvaguardato quando non assuma riflessi incidenti negativamente su diritti personalissimi.

Lo strumento costruito dal legislatore delegato potrebbe assumere effetti dirompenti se correttamente interpretato ed applicato quale mezzo duttile e deformalizzato che, collocandosi nello spatium deliberandi necessario alla instaurazione e al consolidarsi del contradditorio, consente di far fronte in maniera rapida ed efficace a tutte quelle situazioni caratterizzate da un'alta esposizione al rischio che richiedono interventi immediati.

Indi, fin dal deposito del ricorso la parte, evidenziando la necessità di ottenere un provvedimento urgente, può sollecitare i poteri del giudice che, valuterà se adottare un provvedimento inaudita altera parte ovvero fissare udienza per provvedere nel contraddittorio delle parti. In ogni caso, l'udienza dovrà essere fissata, anticipata rispetto a quella ordinaria, dove le parti possano trovare lo spazio di dialogo ed anche di accordo che, previa rinuncia ai termini, possa essere recepito da una sentenza a “conclusioni congiunte”.

Diversamente, qualora il giudice, all'esito dell'udienza, emetta un provvedimento provvisorio, lo stesso è destinato ad essere recepito nell'ordinanza adottata dal giudice istruttore, ai sensi dell'art. 473-bis.22, che avrà un contenuto più ampio e sarà suscettibile di reclamo alla Corte d'Appello.

Tale sistema, dunque, non prevede un ulteriore reclamo davanti al collegio dello stesso Tribunale, proprio perché si tratta di provvedimento destinato ad essere assorbito dall'ordinanza emessa dal giudice istruttore all'esito della comparizione delle parti ovvero, nel caso di accordo delle parti, in un provvedimento finale definitivo che avrà sempre la forma della sentenza.

Inoltre, leggendo la norma in esame in combinato disposto con l'art. 473-bis.2 deve ritenersi che, di fronte ad un pregiudizio imminente ed irreparabile che investa l'interesse del minore, il giudice possa provvedere anche a prescindere da una domanda di parte, purchè venga sempre salvaguardato il contraddittorio tra le parti.

Dell'appello - Artt. 473-bis.30 e seguenti

Il legislatore delegante, omettendo di fornire indicazioni precise, per il giudizio di secondo grado, si è limitato a prevedere, alla lettera nn) del comma 23 dell'art. 1 l. 206/2021, che: “nella materia delle impugnazioni si provveda alla predisposizione di autonoma regolamentazione per il giudizio di appello, per tutti i procedimenti di cui alla lettera a)”, che verranno trattati con rito unitario, ancora di competenza della Corte d'Appello, in attesa della integrale devoluzione alla sezione distrettuale del Tribunale Unico della Famiglia, delle Persone e dei minori.

Ne consegue che il nuovo processo di impugnazione attrae, parallelamente a quanto previsto per il primo grado, tutti i procedimenti del contenzioso familiare – separazione, divorzi, affidamento figli, contenzioso minorile – con rito unico.

Il legislatore delegato ancora una volta è intervenuto a colmare un vuoto normativo che, recependo i risultati positivi del rito camerale in termini di snellezza e rapidità delle decisioni, attualmente seguito nella materia del contenzioso familiare, con estensione del regime previsto dall'art. 4 comma 15 l. 898/1970, ha tuttavia coniato regole processuali precise, richiamando in parte il rito del primo grado e dell'appello ordinario, ma coniugando contrazione dei tempi processuali e salvaguardia del diritto al contraddittorio.

Gli artt. 473-bis.30 e 31, prevedono che l'appello si proponga con ricorso e che il presidente, entro 5 giorni, nomini il consigliere relatore e fissi l'udienza di comparizione e trattazione e il termine entro cui l'appellante debba provvedere alla notificazione del ricorso e del decreto all'appellato, con termine a comparire non inferiori a 90 giorni.

Il comma 4 dell'art. 473-bis.31 attribuisce al presidente, fin dall'emissione del decreto di fissazione dell'udienza, la facoltà di acquisire le relazioni aggiornate dei servizi sociali e sanitari incaricati e di ordinare alle parti di depositare la documentazione reddituale, bancaria e patrimoniale aggiornata, indicata al comma 3 dell'art. 473-bis.12 a corredo del ricorso introduttivo.

L'art. 473-bis.32 detta la disciplina per la costituzione dell'appellato – deposito della comparsa di costituzione almeno trenta giorni prima, termine perentorio per il caso di proposizione dell'appello incidentale – la facoltà, attribuita all'appellante, di depositare memoria di replica entro il termine perentorio di venti giorni prima dell'udienza e all'appellato di controreplica, con memoria da depositare entro 10 giorni prima dell'udienza.

Tutti i termini sono perentori e ciò allo scopo di consentire l'integrale articolazione delle difese, al pari del giudizio di primo grado, prima dell'udienza ove il thema decidendum deve essere già definito e la causa è astrattamente suscettibile di essere decisa, tant'è che anche il pubblico ministero interviene nel processo, mediante deposito di proprie conclusioni scritte entro dieci giorni prima dell'udienza (art. 473-bis.33).

Significativa è stata la scelta del legislatore delegato di mantenere per l'appello nella materia del contenzioso familiare e minorile, la collegialità della trattazione oltre che della decisione, non uniformandosi alla riforma del giudizio ordinario ove, con il nuovo art. 349-bis, è stata reintrodotta la figura del consigliere istruttore per trattazione e l'istruzione della causa.

L'art. 473-bis.34 c.p.c. disciplina l'attività che si svolge alla prima udienza davanti al collegio, che, pertanto, potrebbe anche essere l'unica udienza nel caso in cui non sia necessaria ulteriore attività istruttoria e la causa possa essere immediatamente posta in decisione.

Il consigliere relatore, piuttosto che “istruttore”, nominato al momento del deposito dell'atto di appello, all'udienza fa la relazione orale della causa e può procedere all'assunzione delle prove ammesse dal collegio quando questi ritenga necessario procedere all'istruzione della causa. All'esito della discussione o dopo l'esaurimento dell'istruzione, il collegio trattiene la causa in decisione assegnando, previa richiesta delle parti, un termine per note difensive, depositando la sentenza nei successivi sessanta giorni.

Qualora ammetta nuove prove il collegio con ordinanza dispone per la relativa assunzione e, a garanzia del contraddittorio, assegni alle parti un termine per depositare note difensive con facoltà di dedurre prove contrarie.

Il quarto comma della norma attribuisce al giudice d'appello la facoltà di adottare i provvedimenti indifferibili e urgenti, previsti dall'art. 473-bis.15 c.p.c., in tutti i casi in cui ricorrano situazioni di pregiudizio imminente ed irreparabile, con le forme e le regole processuali ivi previste anche inaudita altera parte, se ragioni di particolare urgenza lo giustifichino, fissando udienza per la conferma, modifica e revoca dei provvedimenti adottati, nonché quelli temporanei delineati dall'art. 473-bis.22 c.p.c.., così allargando l'ambito di cognizione del giudice dell'impugnazione e la sua facoltà di intervento nel caso di modificazioni del sostrato fattuale o di emersione di situazioni di urgenza.

Sul punto è, tuttavia, opportuno precisare che, nel rispetto del doppio grado di giurisdizione, la norma deve essere letta nel senso di consentire davanti al giudice di appello, nell'ambito della sua cognizione quale organo di gravame, comunque di apprestare tutela qualora dovessero emergere condizioni di pregiudizio imminente ed irreparabile, riservando al primo grado la proposizione di eventuali procedimenti di modifica, secondo le regole ordinarie.

Infine, una ulteriore differenziazione rispetto alla regola processuale vigente per la proposizione di nuove domande e per la produzione di nuove prove e documenti nel giudizio ordinario, è contenuta nell'art. 473-bis.35, ove è previsto che le domande aventi ad oggetto diritti indisponibili, per esempio tutti quelli coinvolgenti l'interesse dei minori, non soggiacciano al divieto sancito dall'art. 345 c.p.c. che, dunque, permane per il solo caso di diritti disponibili, per esempio quelli aventi ad oggetto azioni con contenuto esclusivamente economico.

Anche in questo caso residuano dubbi, da risolversi in via interpretativa ed applicativa, se domande aventi contenuto economico ma volte e salvaguardare diritti indisponibili, per esempio dei minori (si pensi al contributo economico o alle rette per la frequenza scolastica volte a garantire il diritto allo studio), rientrino o meno nel novero di quelle per le quali valgano i divieti previsti dall'art. 345 c.p.c., che vieta la proposizione in appello di domande nuove, nuove eccezioni, prove o documenti nuovi salvo che la parte non dimostri di non averli potuto produrre prima per causa alla medesima non imputabile.

In conclusione, tutta la nuova disciplina del reclamo e dell'impugnazione troverà piena e completa attuazione solo con il completamento della riforma ordinamentale e l'istituzione del nuovo Tribunale Unico della Famiglia, delle Persone e dei minori che consentirà di superare le apparenti antinomie emergenti dall'attuale riforma processuale.

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