Obbligo vaccinale Covid-19 per il personale sanitario: per la CGUE il ricorso è irricevibile

La Redazione
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17 Luglio 2023

Con sentenza del 13 luglio 2023 (C-765/21), la Corte di Giustizia UE ha dichiarato irricevibile il ricorso del Tribunale di Padova - nel contesto di una controversia relativa ad un'infermiera dipendente presso l'ospedale universitario, sospesa a seguito del rifiuto della propria sottoposizione all'obbligo vaccinale- attinente alla richiesta di revocare le autorizzazioni di emergenza sui vaccini anti-Covid 19, alla luce del fatto che erano stati approvati nuovi medicinali ritenuti idonei alla guarigione dal virus Covid -19. Tuttavia, la Corte, non esclude che le autorizzazioni all'immissione in commercio dei vaccini contro il Covid-19 possano essere revocate, ma chiede che venga specificato meglio il loro contenuto da valutare, circostanza non avvenuta nel caso di specie. Per i giudici europei, poiché la causa principale si fonda sul presunto carattere illecito dell'obbligo vaccinale e ha ad oggetto la reintegrazione della ricorrente, la controversia non concerne le disposizioni del regolamento sul Green Pass che, diversamente, conferisce alle persone vaccinate il diritto al rilascio di un certificato vaccinale e alle persone guarite da un'infezione da SARS-CoV-2 il diritto al rilascio di un certificato di guarigione.

La Corte di Giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 13 luglio 2023 (C 765/21) si è espressa circa l'incompatibilità con il diritto dell'Unione dell'obbligo vaccinale per il personale sanitario. Nel caso in esame, oggetto del ricorso è la sospensione con effetto immediato dalle funzioni e dalla retribuzione di un'infermiera dipendente presso il reparto di neurochirurgia dell'ospedale universitario di Padova a causa della violazione dell'obbligo di vaccinazione previsto dall'art. 4 del d.l. 44/2021 per il personale sanitario, stante l'impossibilità di riassegnarla ad altre mansioni che non comportassero il pericolo di diffusione del virus Covid-19.

Con ricorso al giudice del rinvio, l'interessata ha chiesto la reintegrazione in servizio presso l'ospedale universitario ritenendo, da un lato, la normativa italiana predetta contraria alla Costituzione italiana e al diritto comunitario, dall'altro lato, affermando di godere di un'immunità naturale che avrebbe acquisito con la guarigione da un'infezione da SARS-CoV-2.

Il giudice del rinvio, ha adito la CGUE, dubitando della validità ai sensi dell'art. 4 del regolamento n.507/2006, delle autorizzazioni all'immissione in commercio dei vaccini contro il Covid-19 concesse dalla Commissione europea previo parere favorevole dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), in considerazione dei diritti fondamentali in gioco quali la salute e l'integrità fisica e tenuto conto dell'esistenza di trattamenti alternativi in più Stati membri (quali l'Italia) efficaci contro il Covid-19 e meno pericolosi – a suo parere- per la salute.

Il giudice ha chiesto altresì alla Corte se, nel caso di sanitari per i quali la legge dello Stato membro abbia imposto il vaccino, i vaccini approvati dalla Commissione in forma condizionata possano essere utilizzati anche nell' ipotesi in cui i destinatari dell'obbligo di vaccinazione abbiano sviluppato un'immunizzazione naturale al virus a seguito della guarigione dalla relativa infezione.

Per il giudice, inoltre, questione rilevante da porre ai giudici di Strasburgo è sapere se la sospensione dal servizio sia conforme ai principi di proporzionalità e di non-discriminazione previsti dal regolamento [2021/953].

Con la decisione in esame, la Corte di Giustizia ha dichiarato il ricorso integralmente irricevibile.

Per quanto concerne la validità delle autorizzazioni all'immissione in commercio condizionate, la Corte ritiene che il Tribunale di Padova si sia limitato ad effettuare una valutazione generale avendo ritenuto non irragionevole nutrire dei dubbi circa le predette autorizzazioni. Infatti, per la Corte, il giudice del rinvio non ha identificato concretamente le già menzionate autorizzazioni né ha preso in esame il loro contenuto in considerazione dei requisiti di validità ex art. 4 delregolamento n. 507/2006, letto alla luce degli artt. 3 e 35 della Carta.

Peraltro, secondo la Corte di Giustizia, il giudice del rinvio presuppone che la normativa italiana imponga necessariamente un obbligo vaccinale unicamente con i vaccini soggetti ad autorizzazione condizionata, sebbene il rilascio di tali autorizzazioni non obblighi ai destinatari del vaccino necessariamente la somministrazione dei suddetti.

Relativamente alla compatibilità della normativa nazionale con il regolamento2021/953[1](c.d. Regolamento sui Green pass UE), la giurisdizione del rinvio non individua le disposizioni del regolamento 2021/953 di cui chiede l'interpretazione, ma fa riferimento esclusivamente ai principi di proporzionalità e di non discriminazione previsti dal precitato regolamento. E, in ordine a detti principi, la CGUE osserva che l'obiettivo del regolamento è attuarli nell'ottica di agevolare l'esercizio del diritto alla libera circolazione, fissando un quadro per il rilascio, la verifica e l'approvazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19.

Dunque, secondo la Corte: “Il regolamento non mira segnatamente, in applicazione di tali principi, a definire criteri che consentano di valutare l'adeguatezza delle misure sanitarie adottate dagli Stati membri per far fronte alla pandemia di COVID-19 qualora esse siano tali da limitare la libera circolazione, come l'obbligo vaccinale previsto all'articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021”, come nel caso in esame.

Pertanto, considerato che la causa principale si fonda sul presunto carattere illecito dell'obbligo vaccinale e ha ad oggetto la reintegrazione della ricorrente nel reparto di neurochirurgia dell'ospedale di Padova, i giudici europei concludono che tale controversia non afferisca alle disposizioni del regolamento 2021/953, il quale conferisce, “(…)alle persone vaccinate il diritto al rilascio di un certificato vaccinale, o (…) alle persone guarite da un'infezione da SARS-CoV-2 il diritto al rilascio di un certificato di guarigione”.

[1] Regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021 su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell'UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19.