Rinvio pregiudiziale alla CGUE: il giudice nazionale rimettente è sempre obbligato se l'interpretazione del diritto comunitario risulta manifesta?

Redazione Scientifica
24 Luglio 2023

Il giudice nazionale può astenersi dall'obbligo di rinvio alla CGUE se l'interpretazione del diritto dell'UE si impone con evidenza da non lasciare alcun ragionevole dubbio.

Il Consiglio di Stato ha sottoposto alla Corte di Giustizia UE la questione pregiudiziale sull'interpretazione dell'articolo 267 TFUE nell'ambito di un giudizio per l'annullamento del decreto del Ministero della giustizia recante l'esclusione di un candidato dal concorso per notaio.

Il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto la disapplicazione della normativa nazionale, che preclude la partecipazione al concorso notarile di candidati con tre inidoneità in precedenti concorsi.

Il particolare, il Consiglio di Stato, sebbene con sentenza non definitiva abbia respinto l'istanza di disapplicazione della normativa nazionale, ha sottoposto alla CGUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

a) se la corretta interpretazione dell'articolo 267 TFUE imponga al giudice nazionale di ultima istanza il rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto dell'Unione rilevante nel giudizio principale anche se si escluda un dubbio interpretativo;

b) se in base ai principi di indipendenza e di ragionevole durata dei processi sia possibile interpretare l'articolo 267 TFUE, nel senso di escludere che il giudice di ultima istanza, che abbia esaminato e respinto la richiesta di interpretazione del diritto dell'Unione, sia sottoposto, automaticamente o a discrezione della parte istante, ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare;

c) in caso di pronuncia negativa sulle prime due questioni, se i principi di diritto dell'Unione ostano alla citata disciplina nazionale.

In primo luogo, la Corte rammenta che il giudice di ultima istanza, avverso le cui decisioni non sia ammesso ulteriore ricorso giurisdizionale di diritto interno, in linea di principio, è tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell'articolo 267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione d'interpretazione del diritto dell'Unione.

Poi, sulla prima questione la Corte ha affermato, sulla base della propria consolidata giurisprudenza, che l'articolo 267 TFUE dev'essere interpretato nel senso che un giudice nazionale di ultima istanza può astenersi dall'obbligo di rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto unionale e risolverla sotto la propria responsabilità, se la corretta interpretazione del diritto dell'Unione si imponga con un'evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. Tale eventualità dev'essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell'Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all'Unione europea. Ad avviso della Corte il giudice nazionale di ultima istanza deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali di ultima istanza degli Stati membri e alla Corte, anche se non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione.

La Corte ha quindi ritenuto manifestamente irricevibile la seconda questione, perché il procedimento principale riguarda l'annullamento di un decreto ministeriale che dispone l'esclusione di un candidato da un concorso per posti notarili, e non già il sorgere della responsabilità civile e disciplinare di un giudice nazionale di ultima istanza.

In proposito la Corte ha chiarito che spetta esclusivamente al giudice nazionale procedente, valutare la necessità di una pronuncia pregiudiziale per la propria sentenza e la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte, che godono di una presunzione di rilevanza.

Pertanto, quando la questione sollevata riguarda l'interpretazione o la validità di una norma di diritto dell'Unione, la Corte deve pronunciarsi, a meno che sia manifesto che l'interpretazione richiesta non abbia alcun legame con la realtà effettiva o con l'oggetto del procedimento principale, se il problema sia ipotetico, o qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile a tale questione.

Infine, la Corte, in considerazione della risposta fornita alla prima questione, ha stabilito che non fosse necessario rispondere alla terza questione.

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