Primato del diritto dell’Unione: va disapplicato un atto che dispone, in violazione del diritto europeo, la sospensione di un giudice dalle funzioni

La Redazione
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24 Luglio 2023

La CGUE, con sentenza pronunciata il 13 luglio 2023 (cause riunite C‑615/20 e C‑671/20), ha chiarito che gli organi giurisdizionali nazionali sono tenuti a disapplicare un atto che dispone, in violazione del diritto europeo, la sospensione di un giudice dalle funzioni. Il primato del diritto dell'Unione impone la disapplicazione di qualsiasi disposizione e di qualsiasi giurisprudenza nazionale contraria a tale diritto. Nel caso di specie, infatti, il fatto che un giudice nazionale disapplichi tali disposizioni o tale giurisprudenza nazionali non può giustificare la sussistenza di una sua responsabilità disciplinare.

Il 18 novembre 2020, la Sezione disciplinare della Corte suprema polacca ha adottato una risoluzione che ha autorizzato l'avvio di un procedimento penale a carico del giudice I.T. del Tribunale regionale di Varsavia, sospendendolo dalle sue funzioni e riducendo la sua retribuzione per la durata della sospensione. A seguito di tale risoluzione, le cause inizialmente trattate dal giudice I.T. sono state riassegnate ad altri collegi giudicanti, ad eccezione della causa penale che ha dato luogo al rinvio pregiudiziale nella causa C-615/20.

Nella causa C-615/20, il collegio giudicante del Tribunale regionale di Varsavia di cui il giudice I.T. fa parte in qualità di giudice unico ha sollevato dubbi quanto all'indipedenza e all'imparzialità della Sezione disciplinare [1], e ha chiesto se il diritto dell'Unione osti a che un siffatto organo possa revocare l'immunità penale dei giudici degli organi giurisdizionali ordinari e sospenderli dalle loro funzioni. Inoltre, esso ha interrogato la Corte di giustizia sulla questione se il diritto dell'Unione, segnatamente i principi del primato e di leale cooperazione, ostino a che la risoluzione di cui trattasi sia considerata vincolante e se il giudice I.T. sia, di conseguenza, legittimato a proseguire l'esame del procedimento penale di cui è investito nel caso di specie.

Nella causa C-671/20, un giudice a cui è stata riassegnata una delle cause inizialmente assegnate al giudice I.T. ha chiesto alla Corte se il diritto dell'Unione gli imponga di astenersi dal proseguire l'esame di tale causa, senza tener conto della risoluzione della Sezione disciplinare adottata nei confronti del giudice I.T., e se le autorità giudiziarie nazionali competenti siano tenute a consentire al giudice I.T. di continuare a conoscere della medesima causa.

Nella sua sentenza pronunciata in data 13 luglio 2023, la Corte rileva che tale risoluzione è fondata su disposizioni nazionali che la Corte ha recentemente dichiarato contrarie all'art. 19, par. 1, comma 2, del Trattato sull'Unione europea [2] in quanto esse hanno trasferito alla Sezione disciplinare, la cui indipendenza e imparzialità non erano garantite, la competenza a decidere in merito a controversie aventi incidenza diretta sullo status e sullo svolgimento delle funzioni dei giudici , come l'avvio di un procedimento penale a carico di questi ultimi. Tenuto conto dell'autorità della sentenza con la quale si accerta l'inadempimento di uno Stato membro nonché dell'efficacia diretta di tale disposizione e del principio del primato del diritto dell'Unione, gli organi giurisdizionali polacchi sono dunque tenuti a garantire il rispetto di detta disposizione e di tale accertamento della Corte e chiamati a trarne tutte le conseguenze, anche in mancanza di provvedimenti legislativi nazionali.

A tal fine, gli organi giurisdizionali nazionali devono disapplicare un atto, quale la risoluzione della Sezione disciplinare, qualora ciò sia indispensabile alla luce della situazione procedurale di cui trattasi per garantire il primato del diritto dell'Unione, senza che nessuna considerazione fondata sul principio della certezza del diritto o connessa a una presunta autorità del giudicato possa ostarvi. Per quanto riguarda la certezza del diritto, la Corte rileva, in particolare, che tanto il procedimento penale nella causa C-615/20 quanto quello nella causa C-671/20 sono stati sospesi dagli organi giurisdizionali nazionali in attesa della presente sentenza della Corte, cosicché nulla risulta ostare alla ripresa di tali procedimenti da parte del giudice I.T.

Di conseguenza, il diritto dell'Unione impone, da un lato, che, nella causa C-615/20, il giudice I.T. possa continuare a esercitare la sua competenza nel procedimento penale di cui è investito e, dall'altro lato, che, nella causa C-671/20, il collegio giudicante a cui è stata riassegnata una causa inizialmente assegnata al giudice I.T. si astenga dal pronunciarsi su tale causa e che le autorità giudiziarie competenti riassegnino quest'ultima al giudice I.T.

La Corte dichiara, infine, che né le disposizioni nazionali che vietano agli organi giurisdizionali nazionali, a pena di sanzioni disciplinari, di esaminare il carattere vincolante della risoluzione adottata dalla Sezione disciplinare, né la giurisprudenza di una corte costituzionale che non consenta un siffatto esame, possono ostare alla disapplicazione di tale risoluzione. Il primato del diritto dell'Unione impone la disapplicazione di qualsiasi disposizione e di qualsiasi giurisprudenza nazionale contraria a tale diritto. Parimenti, il fatto che un giudice nazionale disapplichi tali disposizioni o tale giurisprudenza nazionali non può giustificare la sussistenza di una sua responsabilità disciplinare.

[1] La Sezione disciplinare della Corte suprema polacca è stata nel frattempo soppressa. V. ordinanza del 21 aprile 2023, Polonia/Commissione, C-204/21 R-RAP, punto 26.

[2] Sentenza del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici), C-204/21.