Azioni e posizioni del terzo trasportato nel sinistro stradale, dopo le Sezioni Unite della Cassazione n. 35318/2022
24 Luglio 2023
Introduzione. Il ventaglio di azioni
Indubbiamente, quando si parla di tutela del terzo trasportato in un sinistro stradale, viene primariamente in considerazione l'art. 141 cod. ass., che prevede una disciplina speciale.
Per quanto questa costituisca un'azione specifica e, come vedremo, di favore per il trasportato per ottenere un risarcimento diretto, con alleggerimento dell'onere probatorio e conseguente maggior velocità processuale, non bisogna dimenticare le altre strade risarcitorie, in primis contrattuali, in secundis extracontrattuali generali.
Infatti, il terzo trasportato, in quanto ne ricorrano le condizioni, potrà far valere il titolo contrattuale di trasporto e la responsabilità del vettore ex art. 1681 c.c. Non secondaria è la tutela generale ex artt. 2043-2054 c.c. La disciplina speciale ex art. 141 e 144 cod. ass. sarà, poi, oggetto di particolare esame, anche alla luce della sentenza della Cass. Civ., Sez. Un., 30 novembre 2022, n. 35318, che ha fissato molti punti su aspetti dibattuti riguardo tale norma. Come noto, il contratto di trasporto è una particolare forma di contratto d'opera, ove l'opus si identifica nel trasporto, ossia nell'obbligazione di risultato, che il vettore assume, di trasportare a destinazione incolume la persona o intatta la cosa. Il trasporto è a titolo oneroso.
Può essere a titolo gratuito quando sia presente un interesse, anche mediato purché giuridicamente rilevante, di chi trasporta, soggetto alle norme sul trasporto oneroso per espressa previsione normativa (art. 1681 comma 3 c.c.). Nel caso di trasporto di persone, a mente dell'art. 1681 c.c. il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e dell'avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
Si ritiene che l'azione contrattuale spetti solo in caso di trasporto oneroso e gratuito, non nel caso di trasporto amichevole o di mera cortesia.
Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 2017, n.4205: Il soggetto trasportato può agire per il risarcimento dei danni sia contro il vettore che contro l'altro conducente; nei confronti di quest'ultimo, il titolo di responsabilità non può che essere extracontrattuale, mentre nei confronti del vettore il titolo può essere anche di natura contrattuale, ove un contratto vi sia o sussista, comunque, un interesse economico del vettore; tant'è che in caso di trasporto amichevole o di cortesia, diversamente dall'ipotesi del trasporto gratuito, non è applicabile la presunzione di cui all'art. 1681 c.c., proprio perché manca un titolo contrattuale.
Cass. civ., sez. III, 5 marzo 1990, n.1700: Al trasporto amichevole o di cortesia, che, a differenza del trasporto gratuito il quale corrisponde ad un interesse essenzialmente economico del vettore, è privo dell'elemento negoziale, atteso che il trasporto viene offerto e concesso per amicizia, condiscendenza, mero spirito di liberalità ovvero per altro nobile sentimento, non è applicabile la presunzione di responsabilità di cui all'art. 1681 c.c. - che dall'ultimo comma del citato articolo è invece estesa al trasporto gratuito - poiché manca un obbligo contrattuale, con la conseguenza che la responsabilità di colui che effettua il trasporto è di natura extracontrattuale ed è regolata quindi dall'art. 2043 c.c., anche con riferimento all'onere della prova in ordine alla responsabilità del vettore. (Anche se su quest'ultimo aspetto, come vedremo nel paragrafo successivo, oggi la giurisprudenza ammette l'operatività della presunzione di cui all'art. 2054 c.c. come principio generale).
Per quanto attiene al profilo dell'onere della prova, basti ricordare che a carico del vettore opera una presunzione di responsabilità, se è dimostrato il nesso causale tra sinistro e attività svolta in esecuzione del trasporto. L'art. 1681 c.c. pone, a carico del vettore e per i sinistri occorsi al viaggiatore durante il viaggio, una presunzione di responsabilità, la quale opera quando è dimostrato il nesso causale tra il sinistro e l'attività svolta in esecuzione del trasporto, senza che sia necessaria l'individuazione, da parte del passeggero, della precisa anormalità del servizio reso ed essendo invece sufficiente la prova che l'evento lesivo è stato causato, in termini oggettivi, dal fatto del vettore e, quindi, dall'attività di trasporto: Cass. civ., sez. VI, 10 marzo 2023, n.7151. Nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore danneggiato ha l'onere di provare, oltre all'esistenza ed all'entità del danno, il nesso esistente tra il trasporto e l'evento dannoso, mentre incombe al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità posta a suo carico dall'art. 1681, comma 1, c.c., la dimostrazione che l'evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando la normale diligenza, ferma restando la possibilità che l'eventuale condotta colposa del danneggiato assuma rilievo ai sensi dell'art. 1227 c.c.
Cass. civ., sez. VI, 10 marzo 2023, n.7151; Cass. civ., sez. III, 13 luglio 1999, n.7423 L'art. 1681 c.c. pone, a carico del vettore e per i sinistri occorsi al viaggiatore durante il viaggio, una presunzione di responsabilità, la quale opera quando è dimostrato il nesso causale tra il sinistro e l'attività svolta in esecuzione del trasporto, senza che sia necessaria l'individuazione, da parte del passeggero, della precisa anormalità del servizio reso ed essendo invece sufficiente la prova che l'evento lesivo è stato causato, in termini oggettivi, dal fatto del vettore e, quindi, dall'attività di trasporto. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, pur avendo ritenuto provato che la caduta della passeggera di una nave fosse avvenuta a causa di un rialzo del pavimento, ne aveva rigettato la domanda sul presupposto che non fosse stata dimostrata l'altezza del rialzo medesimo e che ciò integrasse un'anomalia tale da dover essere segnalata).
Cass. civ., sez. VI, 17 dicembre 2019, n.33449; Cass. civ. sez. VI, 13 gennaio 2021, n.414 Nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore danneggiato ha l'onere di provare, oltre all'esistenza ed all'entità del danno, il nesso esistente tra il trasporto e l'evento dannoso, mentre incombe al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità posta a suo carico dall'art. 1681, comma 1, c.c., la dimostrazione che l'evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando la normale diligenza, ferma restando la possibilità che l'eventuale condotta colposa del danneggiato assuma rilievo ai sensi dell'art. 1227 c.c. In particolare, la menzionata presunzione opera per i fatti accaduti nel corso del trasporto, dovendo considerarsi avvenuti "durante il viaggio" i sinistri, ad esso direttamente riferibili, che si siano verificati in occasione di operazioni necessarie rispetto alla sua concreta articolazione e prive di soluzione di continuità con il medesimo, fra cui quelle preparatorie o accessorie del trasporto, come la salita e la discesa dei passeggeri dal mezzo al momento delle soste. Nelle fasi di salita e discesa dal veicolo, in caso di sinistro, è importante che il trasportato dimostri, ad esempio, che la caduta sia dovuta all'improvvisa partenza del veicolo: detto diversamente occorre prestare attenzione alla prova del nesso di causa (che il trasportato deve provare), che è diverso dal profilo soggettivo della colpa del vettore (che il trasportato non deve provare).
Cass. civ. sez. VI, 13 gennaio 2021, n.414 In tema di trasporto di persone, la presunzione di responsabilità posta dagli artt. 1681 e 2054 c.c. a carico del vettore per i danni al viaggiatore opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l'attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando viceversa detta presunzione esclusa quando sia accertata la mancanza di una colpa in capo al vettore, come nel caso in cui il sinistro venga attribuito al fatto del viaggiatore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva respinto la domanda risarcitoria della trasportata, escludendo che fosse caduta, mentre scendeva dall'auto, a causa dell'improvvisa ripartenza del veicolo, in difetto di prova su tale circostanza).
Cass. civ.,sez. III, 23 febbraio 2009, n.4343 Non deve essere riconosciuto alcun risarcimento al viaggiatore che, nell'atto di scendere da un autobus fermo al capolinea, inciampa cadendo a terra. Infatti, anche se è provato il nesso causale tra l'infortunio e l'esecuzione del trasporto, il vettore può liberarsi dalla responsabilità presunta dimostrando la mancanza di una sua colpa, come quando l'incidente avviene per fatto esclusivo del viaggiatore (nella specie, la compagnia di trasporto aveva raggiunto la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno: il fatto che l'infortunio fosse avvenuto ad autobus fermo contraddiceva l'affermazione per cui la caduta fosse da imputarsi ad un improvviso sobbalzo del mezzo). L'azione generale extracontrattuale assumere rilievo per due ragioni: 1) nel trasporto amichevole o di mera cortesia, non essendo configurabile la tutela contrattuale, costituisce la tutela generale; 2) nel trasporto oneroso o gratuito può concorrere con l'azione contrattuale.
In termini generali, la responsabilità contrattuale ex art. 1681 c.c. può concorrere con l'azione di responsabilità extracontrattuale in caso di sinistro stradale.
Oggi si ritiene che anche il terzo trasportato possa giovarsi della presunzione di responsabilità prevista dall'art. 2054 c.c.
Secondo l'orientamento più risalente oggi abbandonato, la presunzione di cui al comma 1 dell'art. 2054 non poteva applicarsi a favore dei trasportati, i quali, se si trattava di contratto di trasporto a titolo oneroso gratuito, potevano agire sulla base dell'art. 1681 c.c., mentre se si trattava di trasporto amichevole, dovevano ricorrere alla regola generale dell'art. 2043 c.c. (Cass. civ., sez. III, 10 giugno 1956, n. 1161; Id., 30 dicembre 1971, n. 3776); Id., 12 luglio 1974, n. 2106; Cass. civ., sez. III, 5 marzo 1990, n.1700; Cass. civ., sez. III, 8 ottobre 2009, n.21389: in tema di trasporto "amichevole o di cortesia", diversamente dal trasporto "gratuito", il titolo di responsabilità di colui che lo effettua è di natura extracontrattuale, come tale interamente regolato dall'art. 2043 c.c. Ne consegue che, nell'azione risarcitoria, devono essere accertati in concreto sia il dolo che la colpa, quali elementi costitutivi dell'illecito, ricorrendo la seconda ogni qualvolta il vettore abbia tenuto un comportamento non improntato ai canoni oggettivi della perizia e della diligenza).
Secondo l'attuale orientamento, invece, in tema di sinistri automobilistici l'art. 2054 c.c. esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale applicabili a tutti i soggetti che dalla circolazione dei veicoli comunque ricevano danni e, quindi, anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale, oneroso o gratuito, con la conseguenza che il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, può invocare i primi due commi della disposizione citata per far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente ed il comma terzo per far valere quella solidale del proprietario e secondo cui in caso di azione risarcitoria intrapresa dal terzo trasportato, per vincere la presunzione di responsabilità posta a suo carico dall'art. 2054, comma 1, c.c., il conducente del veicolo deve fornire la prova positiva di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
La configurabilità di principi di carattere generale applicabile a tutti i trasportati non può prescindere dalla considerazione del riparto dei rischi.
Infatti, non si può sottacere che l'art. 2054 c.c. si fonda sul rischio insito nella circolazione dei veicoli, prevedendo al quarto comma una responsabilità oggettiva superabile dalla prova dell'interruzione del collegamento causale dell'evento dannoso con la circolazione del veicolo, attraverso la dimostrazione dell'esistenza del caso fortuito (fattore esterno che, con propria autonoma ed esclusiva efficienza causale, abbia determinato il verificarsi del danno) ovvero dell'inesistenza del vizio di manutenzione o costruzione (in generale, Cass. civ., sez. III, 21 maggio 2014, n. 11270; Cass. civ., sez. III, 22 agosto 2007, n. 17848).
Non è questa la sede per la disamina del dibattito circa la natura della responsabilità prevista nell'art. 2054 c.c., però questa prospettiva corrobora l'idea che si tratti di principi generali applicabili a tutti i soggetti che dalla circolazione di veicoli ricevono danni.
In termini generali, per la giurisprudenza, la circolazione dei veicoli costituisce un caso particolare di attività pericolosa, avendo il legislatore costruito la disciplina dell'art. 2054 c.c. come sottospecie della regola generale posta dall'art. 2050 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 26 ottobre 2017, n. 25421).
Si pone, poi la questione, se l'art. 2054, comma 2, c.c. costituisca una forma di responsabilità oggettiva oppure di colpa presunta. In tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, la presunzione stabilita dall'art. 2054, comma 2, c.c. non configura a carico del conducente un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui il medesimo può liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero dimostrando non l'impossibilità di una condotta diversa o la diligenza massima, bensì di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del Codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alle circostanze del caso concreto: Cass. Civ., sez. VI, 16 febbraio 2017, n. 4130; Cass. Civ., sez. III, 29 aprile 2006, n. 10031).
Nel caso di cui all'art. 2054, comma 4, c.c., invece, in tema di responsabilità per i danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione di un veicolo, il proprietario e il conducente rispondono a titolo di responsabilità oggettiva: Cass. Civ., sez. III, 6 agosto 2004, n. 15179; Cass. Civ., sez. III, 9 marzo 2004, n. 4754.
In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l'art. 2054 c.c. esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni e, quindi, anche ai trasportati, qualunque sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale, oneroso o gratuito, potendo il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, invocare i primi due commi dell'art. 2054 c.c. per far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente ed il comma terzo per far valere quella solidale del proprietario, il quale può liberarsi solo provando che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà, ovvero che il conducente aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno o, ancora, in caso di guasto tecnico, dando prova del caso fortuito o dell'inesistenza del vizio di manutenzione o costruzione (Cass. civ., sez. III, 21 maggio 2014, n.11270; Cass. civ., sez. III, 22 agosto 2007, n.17848; Cass. civ. sez. III, 13 marzo 2014, n.5795; Tribunale Milano sez. X, 19 maggio 2021, n. 4247).
Dunque, al trasportato spetta l'onere di provare il danno e il nesso di causa, mentre sul proprietario o sul conducente incombe l'onere della prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà, ovvero che il conducente aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno o, ancora, in caso di guasto tecnico, dando prova del caso fortuito o dell'inesistenza del vizio di manutenzione o costruzione. A mente dell'art. 141 cod. ass., la persona trasportata può avvalersi dell'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro.
Tale norma stabilisce che: 1. Salva l'ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all'articolo 140, a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell'eventuale maggior danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest'ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo.
2. Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall' articolo 148.
3. L'azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro nei termini di cui all' articolo 145. L'impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l'impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del capo IV.
4. L'impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle condizioni previste dall' articolo 150.
Come anticipato, le Sezioni Unite n. 35318/2022 si sono pronunziate risolvendo alcune questioni aperte sull'art. 141 cod. ass. Pertanto, è interessante cogliere l'occasione di questa sentenza per esaminare alcuni aspetti salienti della tutela del terzo trasportato a mente del cod. ass.
Le questioni principiali ruotano attorno ai seguenti punti:
Le prime due questioni sono strettamente collegate, perché non si tratta di verificare solo l'applicabilità della norma in presenza di un sinistro con un solo veicolo, ma anche di individuare la ratio della norma di tutela rafforzata dal trasportato, per superare eventuali limiti testuali.
Il sistema risarcitorio del terzo trasportato nel codice delle assicurazioni private
Come noto e in sintesi, l'art. 141 cod. ass. prevede uno specifico meccanismo risarcitorio per il terzo trasportato, che può agire in via diretta verso l'impresa assicuratrice del vettore, la quale procede alla liquidazione del risarcimento nei limiti del massimale di legge e a prescindere dall'accertamento delle responsabilità dei conducenti coinvolti.
Solo in seconda battuta, la compagnia assicurativa potrà agire in rivalsa verso l'impresa assicuratrice del responsabile civile.
È solo eventuale l'intervento dell'assicuratore del responsabile civile nel giudizio di azione diretta del trasportato, con riconoscimento della responsabilità del proprio assicurato ed estromissione dell'assicuratore del vettore.
Soprattutto dopo l'entrata in vigore del cod. ass. si erano posti dubbi di legittimità costituzionale, se, nella sua “mala formulazione”, la norma fosse da intendere come esclusiva forma di tutela.
Non si può nascondere che la disciplina del risarcimento diretto, disciplinato dal cod. ass., è stata oggetto di molti studi, che non di rado ne evidenziano l'oscurità e pochezza testuale che conducono a difficoltà interpretative (M. Bona, Risarcimento del danno, procedure di liquidazione e azione diretta nel “Codice elle assicurazioni”: prime riflessioni, in Resp. civ. e prev., 2005, 1171; L. Bugiolacchi, Caso fortuito e rilevanza della condotta del vettore ai fini dell'esperibilità dell'azione diretta di cui all'art. 141 cod. ass. da parte del trasportato, in Resp. civ. e prev., 2019, 1152; Id., La Consulta sulla procedura di risarcimento diretto: cronaca di una morte annunciata?, in Resp. civ. e prev., 2009, 1992; Id., Danno al trasportato, interpretazione costituzionalmente orientata e riflessi sul risarcimento “diretto”, in Resp. civ. e prev., 2008, 1978; M. Della Chiesa, Tutela del terzo trasportato e condizioni di proponibilità della domanda risarcitoria, in Contr., 2013, 329; G. Fortunato, La nuova disciplina dell'assicurazione automobilistica, Milano, 2007; M. Hazan, La posizione del terzo trasportato nel Codice delle assicurazioni: azione diretta e altre questioni, in Danno e resp., 2008, 349; A. La Torre, Le assicurazioni, Milano, 2007; G. Miotto, Azione del trasportato contro l'assicuratore del vettore, responsabile non identificato o non assicurato e rivalsa dell'assicuratore verso il fondo vittime, in Resp. civ. e prev., 2017, 1836; A. P. Mormino, L'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile autoveicoli, in Tratt. resp. civ., diretto da M. Franzoni, Responsabilità e assicurazione, Milano, 2007, 373 ss.; V. Ogliari – D. de Strobel, L'assicurazione di responsabilità civile e il nuovo codice delle assicurazioni private, Milano, 2008; N. R. Pardolesi, Dal dire al fare: la disciplina dell'indennizzo diretto, in Danno e resp., 2007, 273; N. Pettenuzzo, Ripensare l'azione diretta del trasportato ex art. 141 cod. ass.: ora o mai più, in Resp. civ. e prev., 2020, 1168; D. Poletti, La non obbligatorietà del risarcimento “diretto”: la nuova procedura già al capolinea?, in Resp. civ. e prev., 2009, 558; S. Pollastrelli, Circolazione di veicoli, in Comm. Cod. civ., diretto da P. Schlesinger, Milano, 2022, 121 ss.; G. Pongelli, Il risarcimento diretto nel codice delle assicurazioni, Milano, 2011; M. Rossetti, Danni al trasportato ed azione diretta nei conforti dell'assicuratore della r.c.a., in Danno e resp., 2008, 239; D. Scarpa, Azione diretta del terzo trasportato e assicurazioni private, in Resp. civ., 2011, 586; M. Serra, La circolazione dei veicoli, in Tratt. della resp. civ., diretto da P. Stanzione, II, Responsabilità extracontrattuale, Padova, 2012).
Ad ogni modo, la Corte Costituzionale sin dal 2008 aveva dissipato i dubbi, fornendo una lettura costituzionalmente orientata: l'azione diretta del trasportato non preclude l'azione verso il responsabile del danno. L'art. 141 in esame si limita a rafforzare la posizione del trasportato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente (salvo il caso fortuito) verso la compagnia del veicolo vettore, senza precludere la possibilità di agire per il pieno risarcimento verso il responsabile civile (Corte cost., 13 giugno 2008, n. 205; Corte Cost., 23 dicembre 2008, n. 440).
Risulta, quindi, opinione consolidata quella secondo cui l'art. 141 cod. ass. non esaurisce la tutela del terzo trasportato, ma costituisce uno strumento eventuale ed alternativo rispetto alle azioni già previste dall'ordinamento a favore del passeggero danneggiato:
L'art. 141 cod. ass. integra una previsione normativa di favore, che ha lo scopo di agevolare il trasportato vittima di sinistro stradale: da una parte, viene individuato un debitore certo e facilmente individuabile (la compagnia assicuratrice del vettore); dall'altra, viene ridotto ulteriormente l'onere probatorio rispetto alle altre azioni, essendo sufficiente provare di essere stato trasportato, la natura e l'entità dei danni patiti e con l'impossibilità per la compagnia assicuratrice di eccepire la responsabilità di altro conducente.
Naturalmente, alle agevolazioni corrisponde anche una limitazione: il contenimento dell'obbligazione della compagnia assicurativa del vettore entro il massimale di legge, anche se contrattualmente il massimale fosse più elevato. Se il danno fosse superiore e comunque non coperto interamente dal massimale di legge (anche per la presenza di altri danneggiati con cui concorrere in un sinistro grave), il trasportato potrà agire per il maggior danno ex art. 2043 c.c. nei confronti del responsabile se assicurato con un massile di polizza superiore.
In sostanza, in base al codice delle assicurazioni il terzo trasportato danneggiato ha due opzioni: 1) agire ex art. 141 cod. ass. con alleggerimento dell'onere probatorio, ma col rischio dell'insufficienza del massimale di legge e con successiva domanda di risarcimento del maggior danno verso il responsabile civile coperto da un massimale da polizza superiore; 2) agire in via diretta ex art. 144 cod. ass., col massimale da polizza maggiore, ma col rischio che l'assicurazione del vettore dimostri l'esclusiva responsabilità di un terzo nella causazione del sinistro e, in ogni caso, scontando tempi processuali maggiori per l'accertamento della responsabilità.
Tale sistema è conforme al principio solidaristico di matrice euro-unitaria vulneratus ante omnia reficiendus, espressione della finalità di tutela della vittima del sinistro.
In conformità a quanto stabilito dalle direttive 84/5/CEE e 90/232/CEE, concernenti il riavvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, così come interpretate dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, il principio "vulneratus ante omnia reficiendus" si applica anche in favore dell'assicurato che, al momento del sinistro, è trasportato da un terzo, non distinguendosi la sua condizione da quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente; in questo caso, l'assicuratore non può avvalersi, per negare il risarcimento, di disposizioni legali o di clausole contrattuali, ivi comprese quelle che escludono la copertura assicurativa nelle ipotesi di utilizzo del veicolo da parte di persone non autorizzate o prive di abilitazione alla guida, perché l'unica eccezione al principio sopra menzionato opera quando il veicolo assicurato è condotto da una persona non autorizzata ed il passeggero, vittima dell'incidente, è a conoscenza del fatto che il mezzo è stato oggetto di furto.
In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenza 1 dicembre 2011, Churchill Insurance/Wilkinson, ma anche sentenza 30 giugno 2005, Candolin, sentenza 19 aprile 2007, n. 356 Farrell), secondo il principio solidaristico "vulneratus ante omnia reficiendus", il proprietario trasportato ha diritto, nei confronti del suo assicuratore, al risarcimento del danno alla persona causato dalla circolazione non illegale del mezzo, essendo irrilevante ogni vicenda normativa interna e nullo ogni patto che condizioni la copertura del trasportato all'identità del conducente ("clausola di guida esclusiva"). (Cfr. CGUE, Sez. I, 19 aprile 2007, causa 356-05 Farrell, in Arch. giur. circ., 2007, 1317 e in Resp. civ. prev., 2007, 2530, con nota di C. Cicero, A proposito di una recente pronuncia in tema di piena operatività della polizza assicurativa in caso di trasporto anomalo; CGUE, Sez. I, 30 giugno 2005, causa n. 537-2005 Candolin, in Dir. comunitario, 2005, 484; CGUE, Sez. IV, 1 dicembre 2011, causa n. 442-2010, Churchill Insurance, in Dir. fisc e ass., 2012, 662, con nota di M. Rossetti). Nella pratica si pone la questione se la fattispecie prevista dall'art. 141 cod. ass. presuppone o meno che nel sinistro siano coinvolti almeno due veicoli, oppure se l'azione diretta può essere esercitata anche nel caso di sinistro in cui sia coinvolto il solo veicolo in cui era a bordo il trasportato.
Apparentemente, infatti, la norma sembra riferirsi all'ipotesi omnicomprensiva del “sinistro”, quando fa salva l'ipotesi del caso fortuito. A differenza dello “scontro” non pare richiesta la presenza di due o più veicoli, come nella previsione di cui all'art. 2054 c.c.
Incidentalmente è interessante il confronto con l'art. 2054 c.c. Non è questa la sede per la disamina dell'art. 2054 c.c, tuttavia ricordiamo solo che il comma 2 testualmente prevede lo “scontro” tra veicoli, che presuppone, dunque, una collisione materiale. Tuttavia, secondo la recente giurisprudenza, la presunzione di pari responsabilità di cui alla norma si applica, di regola, al solo caso di scontro tra veicoli, tuttavia è applicabile estensivamente anche ai veicoli coinvolti nell'incidente, ma rimasti estranei alla collisione, sempre che sia accertato in concreto l'effettivo contributo causale nella produzione dell'evento dannoso, al fine di graduare il concorso di colpa tra i vari corresponsabili: Cass. civ., sez. VI, 15 giugno 2022, n. 19282; Cass. civ., sez. VI, 12 febbraio 2021, n. 3764; Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2018, n. 19197; Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2012, n. 3704; Cass. civ., sez. III, 23 luglio 2022, n. 10751. In precedenza e in senso contrario, Cass. civ., sez. III, 24 maggio 2006, n. 12370; Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 1998, n. 10026; implicitamente contraria anche Cass. civ., sez. III, 20 agosto 1998, n. 8249.
Tornando al Codice delle Assicurazioni, a differenza dell'art. 2054 c.c., l'art. 141 in esame sembra presupporre il coinvolgimento di almeno due veicoli, sebbene non manchino letture più aperte, per le quali è sufficiente il sinistro, essendo estraneo il profilo della responsabilità del o dei conducenti, rilevando solo il caso fortuito, ed essendo meramente eventuale il sistema del riparto di responsabilità trai conducenti e l'azione di regresso, comunque vicenda estranea al risarcimento diretto del terzo trasportato, oltre che valorizzando l'esigenza di tutela rafforzata del trasportato (M. Liguori, L'art. 141 cod. ass. e le Sezioni Unite: risolte definitivamente tutte le questioni relative al risarcimento del trasportato?, in IUS RESPONSABILITA' CIVILE (ex Ridare, IUS.giuffre.fl.it), 22 febbraio 2023).
Anche la giurisprudenza pare orientata nel senso di richiedere il coinvolgimento di almeno due veicoli: Cass. civ., sez. III, 30 luglio 2015, n. 1618. Si veda anche Cass. civ., sez. VI, 16 settembre 2022, n. 27263, secondo cui ai sensi dell'art. 141 cod. ass., la persona trasportata può avvalersi dell'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro soltanto se in quest'ultimo siano rimasti coinvolti ulteriori veicoli, pur in mancanza di un urto materiale. Condivisibilmente, le SS. UU. ritengono necessario il coinvolgimento di almeno due veicoli.
Innanzitutto, in forza dell'interpretazione letterale (art. 12 Preleggi c.c.), l'espressione al plurale «a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti […] » non consente di dubitare che il legislatore abbia preso in considerazione l'unica ipotesi di sinistro tra due o più veicoli.
È interessante notare che come le SS. UU. pongano al centro, come punto di partenza, il criterio letterale, in ossequio alla prescrizione dall'art. 12 Preleggi: viene affermata la centralità del significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e della intenzione del legislatore (si badi, intenzione del legislatore che, desunta dal dato letterale, vale a sua volta ad “illuminarlo” e a definirne la portata), nell'ambito di una lettura che tenga in considerazione la struttura complessiva della norma e che colga la logica interna e la connessione tra le sue disposizioni.
Insomma, il dato letterale è funzionale ad individuare l'intenzione del legislatore e non subalterno, mentre tale impostazione talvolta viene invertita.
Sul piano del metodo e dell'interpretazione giuridica questo passaggio motivazionale è degno di nota (in ambito civile, sul rilievo dell'interpretazione letterale quale primo canone ad esempio Cass. civ., sez. lav., 19 ottobre 2009, n. 22112; Id., 5 giugno 2009, n. 13083. Al contrario, svaluta il dato letterale a favore dello spirito o ratio «intenzione del legislatore, Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2017, n. 3233; Cons. St., sez. IV, 11 febbraio 2016, n. 606).
Se il dato letterale dell'art. 141 cod. ass. è insuperabile, si trova conferma anche nel sistema in esso delineato, basato sulla necessaria presenza di almeno due imprese assicuratrici (quella del vettore e quella del responsabile civile), col meccanismo del regresso della prima nei confronti della seconda nel giudizio di accertamento della responsabilità dei conducenti.
Nel caso di sinistro con un solo veicolo, per definizione manca la duplicità delle compagnie assicurative, essendoci un unico assicuratore.
In fin dei conti, nel caso di sinistro con unico veicolo, accedendo ad una tesi estensiva, vi sarebbe una illogica inversione dell'ordine normale delle questioni da decidere, con dispendio di attività giudiziali: non vi è ragione per mantenere la duplicazione delle fasi, quella di accertamento preliminare del danno eziologicamente collegato al sinistro e quella di accertamento successivo della responsabilità.
Di più. Un'applicazione “estensiva” comporterebbe una lettura abrogativa della norma, dimenticando il dato letterale, il riferimento agli enti assicurativi e il sistema di anticipazione/rivalsa che costituiscono gli elementi che realizzano lo scopo del legislatore di approntare una tutela per il terzo trasportato, bilanciato con quello di traslare il peso definitivo del risarcimento sulla compagnia assicurativa del responsabile civile.
Dunque, l'interpretazione estensiva non è conforme al dato sistematico, alla ratio legis e, prima ancora, al dato letterale dell'art. 141 cod. ass. Tale conclusione comporta due corollari di rilevanza pratica:
Le SS. UU. hanno così avallato quanto già affermato dalla giurisprudenza, ossia che il presupposto di operatività dell'art. 141 cod. ass. è un sinistro anche in assenza di scontro fisico: Cass civ., sez. III, 8 ottobre 2019, n. 25033; in motivazione, Cass. civ., sez. III, 23 giugno 2021, n. 17963; Trib. Pavia, 5 dicembre 2022, n. 1523; Trib. Napoli, 13 gennaio 2023, n. 94. Nel caso di decesso del trasportato a causa del sinistro, si pone il problema della possibilità per il conducente di agire ex art. 141 cod. ass., quale erede del trasportato per i danni subiti iure proprio.
In generale, tale possibilità viene esclusa, sia in forza del tenore letterale dell'art. 141 cod. ass., sia perché è inammissibile che il danneggiante ottenga anche il risarcimento per un fatto proprio, sia per il disposto dall'art. 129 cod. ass. secondo cui il conducente è escluso da ogni procedura di risarcimento disciplinata dal Codice stesso. Più precisamente, il comma 1 dell'art. 129 cod. ass. stabilisce che «non è considerato terzo e non ha diritto ai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria il solo conducente del veicolo responsabile del sinistro».
Si esclude, così, che la norma si presti ad una interpretazione estensiva o ad un'applicazione analogica a casi diversi da quello espressamente previsto (danno subito in conseguenza di sinistro dal terzo trasportato) e segnatamente a quello di danni subiti iure proprio dai prossimi congiunti del terzo trasportato, deceduto in conseguenza del sinistro: Cass. civ., sez., III, 27 maggio 2019, n. 14388; Trib. Oristano, 23 giugno 2016, n. 564, che esclude il diritto iure proprio e non iure successionis; Trib. Rieti, 9 giugno 2020, n. 234; recente, Cass. civ., sez. III, 9 febbraio 2023, n. 4054.
Le SS. UU. confermano che la disciplina dell'art. 141 cod. ass. ha carattere eccezionale, quindi non è applicabile analogicamente a casi non espressamente previsti.
In tal senso, la tutela rafforzata è apprestata al solo trasportato e non estendibile ai danni subiti iure proprio dai congiunti del trasportato deceduto in conseguenza del sinistro.
Infatti, il danno conseguente alla perdita del rapporto parentale, per quanto trovi causa nella morte del trasportato, rimane un danno “proprio” dei congiunti.
Diversamente per il danno terminale e/o catastrofale eventualmente subito dal trasportato stesso a causa del sinistro, con epilogo nefasto. In questo caso i congiunti agiscono iure hereditatis, ossia fanno valere una posizione del defunto, ovvero un diritto già presente nel patrimonio del de cuius.
In estrema sintesi, il danno subito dalla vittima, nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo, è configurabile e trasmissibile agli eredi nella duplice componente: di danno biologico "terminale", ossia di danno biologico da invalidità temporanea assoluta; e di danno morale, consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che lucidamente e coscientemente assista allo spegnersi della propria vita, e quindi nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall'avvertita imminenza dell'exitus, se nel tempo che si dispiega tra la lesione e il decesso la persona si trovi in una condizione di "lucidità agonica", in quanto in grado di percepire la sua situazione ed in particolare l'imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale ed il decesso nel caso in cui la persona sia rimasta "manifestamente lucida".
Il danno biologico terminale è, invece, configurabile, e trasmissibile iure successionis, ove la persona ferita non muoia immediatamente, ma sopravviva per almeno ventiquattro ore, tale essendo la durata minima, per convenzione legale, a fini di apprezzabilità dell'invalidità temporanea, essendo, invece, irrilevante che sia rimasta cosciente: Cass. civ., sez. lav., 28 novembre 2022, n. 34987; Cass. civ., sez. III, 6 luglio 2020, n. 13870; Cass. civ., sez. III, 11 novembre 2019, n. 28989.
Tornando ai congiunti che agiscono iure hereditatis ex art. 141 cod. ass. per il danno terminale e/o catastrofale subito dal trasportato stesso a causa del sinistro, si tratta di una successione nel diritto controverso e fatto valere: non ricorre un'interpretazione estensiva o analogica dell'art. 141 in esame, che sarebbe preclusa, trattandosi di norma eccezionale (secondo l'art. 14 Preleggi le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati). Non vi può essere dubbio che l'art. 141 costituisca una previsione speciale rispetto al sistema risarcitorio generale.
Fuori dell'ipotesi teorica che il congiunto/conducente abbia volontariamente causato il sinistro per cagionare la morte del famigliare (per cui si integrerebbe la fattispecie dell'indegnità a succedere ex art. 463, comma 1, n. 1 c.c. a mente del quale è escluso dalla successione come indegno chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta), si deve riconoscere che l'ordinamento non consente che il danneggiato tragga un risarcimento per un suo fatto colposo (diritti iure proprio), ma si può altrettanto ritenere che si possano far valere i diritti che erano maturati dal defunto, sempreché non si versi nelle ipotesi di indegnità a succedere. Non è riprovevole conseguire i diritti che già hanno fatto capo al de cuius, fermi i limiti invalicabili dell'art. 463 c.c. L'ultimo profilo affrontato dalle SS. UU. riguarda il concetto di “caso fortuito” presente nell'art. 141 cod. ass., che fa salva, appunto, l'ipotesi del caso fortuito. Sul tema vi sono due orientamenti.
Una prima opinione ritiene che nel caso fortuito di cui all'art. 141 cod. ass. rientri anche il fattore umano, specificatamente la responsabilità esclusiva del conducente del veicolo antagonista (Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2019, n. 4147: in tema di risarcimento del danno da circolazione stradale, l'azione conferita dall'art. 141 del d.lgs. n. 209 del 2005 al terzo trasportato, nei confronti dell'assicuratore del vettore, postula l'accertamento della corresponsabilità di quest'ultimo, dovendosi riferire la "salvezza del caso fortuito", di cui all'inciso iniziale della norma, non solo alle cause naturali, ma anche alla condotta umana del conducente di altro veicolo coinvolto; la relativa presunzione di legge può, tuttavia, essere superata dalla prova, a carico dell'assicuratore del vettore, della totale assenza di responsabilità del proprio assicurato, ovvero dalla dichiarazione, resa ai sensi dell'art. 141, comma 3, del d.lgs. n. 209 del 2005 dall'assicuratore del responsabile civile intervenuto nel processo, a fronte della quale il giudice è tenuto ad estromettere l'originario convenuto, rivolgendosi ex lege la domanda risarcitoria dell'attore verso l'assicuratore intervenuto).
Una seconda opinione respinge tale ricostruzione e identifica il caso fortuito con l'incidenza di fattori naturali e umani estranei alla circolazione (Cass. civ., sez. III, 30 luglio 2015, n. 16181).
Le SS. UU. fanno proprio questo secondo orientamento: non si può estendere la nozione di caso fortuito sino a implicare un preliminare accertamento dell'assenza di corresponsabilità del vettore. Vi osta la formulazione dell'art. 141, nonché la ratio sottesa.
La previsione «salva l'ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito» deve essere correlato con l'inciso successivo «a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei veicoli coinvolti nel sinistro».
Salvo negare un'insanabile contraddizione tra le due dizioni, si conferma l'intento normativo di favorire il trasportato danneggiato, escludendosi in prima battuta ogni indagine circa la colpa dei conducenti.
La questione è sorta perché il concetto tradizionale di caso fortuito (rinvenibile specialmente nella responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 c.c.) comprende anche il fatto del terzo o della vittima (Cass. civ., sez. III, 31 ottobre 2017, n. 25837; Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2010, n. 1002; Cass. civ., sez. III, 19 marzo 2007, n. 6454; Cass. civ., sez. III, 6 luglio 2006, n. 15383).
Dunque, astrattamente anche la condotta del conducente del veicolo antagonista potrebbe essere ritenuto fatto del terzo costituente caso fortuito.
Più nello specifico, quando si verte nelle ipotesi di responsabilità oggettiva, il caso fortuito è idoneo ad incidere sul nesso causale, che va negato non solo in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo il carattere del cd. fortuito autonomo, ma anche nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale e per ciò stesso imprevedibile (cd. fortuito incidentale), ancorché dipendente dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima (Cass. civ., sez. III, 4 dicembre 2012, n. 21727; Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11016; Cass. civ., sez. III, 28 novembre 2007, n. 24739).
Tornando all'art. 141 cod. ass., secondo le SS. UU. la particolare formulazione della norma chiaramente prescinde da ogni accertamento delle responsabilità del sinistro, per cui il “caso fortuito” che vale ad escludere la responsabilità dell'assicuratore del vettore è nozione distinta dalla condotta colposa del conducente antagonista e deve essere circoscritto alle cause naturali e ai danni causati da condotte umane indipendenti dalla circolazione di altri veicoli. In conclusione
Indubbiamente le SS. UU. hanno definito molte incertezze interpretative sull'art. 141 cod. ass., specie con riferimento alla posizione degli eredi, alla nozione di caso fortuito e al coinvolgimento di un solo veicolo, andando a tratteggiare il sistema della tutela del terzo trasportato nel codice delle assicurazioni.
La generale ricostruzione della Suprema Corte ci consegna una forma di responsabilità oggettiva dell'art. 141 cod. ass., che persegue la finalità compensativa della responsabilità civile, ossia assicurare al danneggiato il risarcimento del danno, ponendolo a carico di un soggetto individuato dalla legge come idoneo a sopportarlo. Proprio la ratio di incremento di tutela specialmente evidenziata, sul solco degli interventi della Corte Costituzionale del 2008 sopra richiamati, fa emergere questa particolare declinazione dell'art. 141 cod. ass.: attraverso una lettura costituzionalmente orientata, l'azione diretta del trasportato non è esclusiva e non preclude l'azione verso il responsabile del danno, perché l'art. 141 in esame si limita a rafforzare la posizione del trasportato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente (salvo il caso fortuito) verso la compagnia del veicolo vettore. Si evidenzia, così, un sistema di protezione rafforzata del trasportato, anche nella prospettiva della solidarietà sociale. Interessante, poi, è ricordare l'onere probatorio in capo al terzo trasportato a mente dell'art. 141 cod. ass.
In generale, come detto, costui, salvo il caso fortuito, per essere risarcito dall'impresa di assicurazione del veicolo su cui era a bordo deve fornire la prova di aver subito un danno ingiusto a seguito del sinistro, ma non le modalità dell'incidente al fine di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti. Va tenuta in debita considerazione l'ipotesi di veicolo rimasto ignoto.
Infatti, nel caso sia rimasto ignoto il danneggiante, occorre registrare un orientamento secondo cui il danneggiato deve fornire, se non la prova, gli elementi indiziari sulla base dei quali si possa ricostruire il fatto. Nel caso di veicolo non identificato, per cui intervenire il Fondo di garanzia, gli indizi possono essere forniti tramite tracce ambientali o dichiarazioni orali: Cass. civ., sez. III, 18 novembre 2005, n. 24449; Trib. Pordenone, 8 marzo 2018, n. 230.
Apparentemente questa ipotesi potrebbe mettere in discussione l'impianto dell'art. 141 cod. ass., addossando al terzo trasportato l'onere di dimostrare un qualcosa in più.
In realtà non è così, perché non si tratta di dimostrare la colpa del conducente rimasto ignoto, ma di allegare i presupposti di applicazione dell'art. 141 cod. ass., in particolare un sinistro tra almeno due veicoli, di cui uno sconosciuto (anche per evitare possibili elusioni, rappresentando un sinistro tra più veicoli, ove invece così non sia). |