Regolamento di blocco: Commissione UE può autorizzare una banca di uno Stato UE depositaria di titoli ad ottemperare alle sanzioni americane imposte all'Iran

La Redazione
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24 Luglio 2023

Con sentenza del 12 luglio 2023 (causa T-8/21), il Tribunale della UE conferma le decisioni della Commissione Europea che autorizzano una banca tedesca ad ottemperare alle sanzioni americane imposte all'Iran. Respingendo il ricorso di una holding tedesca le cui azioni sono indirettamente detenute dallo Stato iraniano, il Tribunale si è pronunciato su questioni di diritto inedite relative al regolamento n. 2271/96, c.d. “Regolamento di blocco”, che introdusse, all'epoca, una protezione per gli operatori economici europei dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di norme adottate da un Paese terzo e dalle iniziative connesse alla loro applicazione. Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che le decisioni impugnate dalla ricorrente non abbiano effetto retroattivo e che la Commissione Europea non sia incorsa in un errore di valutazione allorché non ha preso in considerazione gli interessi della ricorrente o non ha esaminato l'eventuale esistenza di alternative meno gravose. Esso dichiara inoltre che la limitazione, per la ricorrente, del suo diritto di essere ascoltata dalla Commissione nell'ambito dell'adozione di dette decisioni era necessaria e proporzionata alla luce degli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 2271/96.

Nel 2018 gli Stati Uniti d'America si sono ritirati dall'accordo sul nucleare iraniano, firmato nel 2015 ed avente ad oggetto il controllo del programma nucleare iraniano e la revoca delle sanzioni economiche nei confronti dell'Iran.

In conseguenza di tale ritiro, fondato sull'«Iran Freedom and Counter-Proliferation Act of 2012» (legge del 2012 sulla libertà e sulla lotta contro la proliferazione in Iran), gli Stati Uniti hanno nuovamente imposto sanzioni all'Iran nonché ad un elenco di persone determinate. A partire da tale data, è nuovamente vietato a tutte le persone di intrattenere, al di fuori del territorio degli Stati Uniti, rapporti commerciali con le persone incluse nel suddetto elenco SDN.

A seguito di tale decisione, e al fine di tutelare i suoi interessi, l'Unione ha adottato il regolamento delegato 2018/1100 che modifica l'allegato del regolamento n. 2271/96 per menzionarvi la citata legge americana del 2012 sulla libertà e sulla lotta contro la proliferazione in Iran. Quest'ultimo regolamento, che mira a garantire una protezione contro l'applicazione extraterritoriale degli atti normativi ad esso allegati, vieta in particolare alle persone interessate di rispettare gli atti normativi in questione o le azioni da essi derivanti (articolo 5, primo comma), salvo autorizzazione concessa dalla Commissione Europea qualora l'inosservanza di tali normative leda gravemente gli interessi delle persone coperte dal regolamento o quelli dell'Unione (articolo 5, secondo comma). Essa ha altresì adottato il regolamento di esecuzione 2018/1101, che stabilisce i criteri per l'applicazione di detto articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96.

Il ricorso nasce da una società tedesca le cui azioni sono indirettamente detenute dallo Stato iraniano e che possiede a sua volta partecipazioni in diverse imprese tedesche, per le quali essa ha diritto a dividendi. Vi è poi l'unica banca depositaria di titoli autorizzata in Germania. Dopo l'iscrizione dell'holding tedesca, nel novembre 2018, nell'elenco SDN da parte degli Stati Uniti, essa ha interrotto il versamento alla società tedesca dei suoi dividendi e li ha bloccati su un conto separato. Il 28 aprile 2020, a seguito di una domanda di autorizzazione della banca tedesca ai sensi dell'articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, la Commissione ha adottato la decisione di esecuzione C (2020) 2813 final, con la quale ha autorizzato tale banca a rispettare taluni atti normativi degli Stati Uniti relativamente ai titoli o ai fondi della ricorrente per un periodo di dodici mesi (in prosieguo: l'«autorizzazione controversa»). Tale autorizzazione è stata successivamente rinnovata nel 2021 e nel 2022 dalle decisioni di esecuzione C (2021) 3021 final e C(2022) 2775 final6 (in prosieguo: le «decisioni impugnate»).

In tale contesto, sulla base dell'articolo 263 TFUE, l'holding tedesca ha chiesto al Tribunale l'annullamento delle decisioni adottate dalla Commissione su domanda della banca tedesca, la quale è intervenuta nel procedimento. Il Tribunale respinge il ricorso dell'holding e, in tale occasione, si pronuncia su questioni di diritto inedite relative al regolamento n. 2271/96. Esso ritiene in particolare che le decisioni impugnate non abbiano effetto retroattivo e che la Commissione non sia incorsa in un errore di valutazione allorché non ha preso in considerazione gli interessi della ricorrente o non ha esaminato l'eventuale esistenza di alternative meno gravose. Esso dichiara inoltre che la limitazione, per la ricorrente, del suo diritto di essere ascoltata dalla Commissione nell'ambito dell'adozione di dette decisioni era necessaria e proporzionata alla luce degli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 2271/96.

Giudizio del Tribunale

Il Tribunale ritiene, in primo luogo, che le decisioni impugnate non abbiano effetto retroattivo, dal momento che indicano chiaramente che sono valide a decorrere dalla data della loro notifica e per un periodo di dodici mesi. Ne consegue che l'autorizzazione controversa non ha portata retroattiva e non riguarda comportamenti intervenuti prima della data di entrata in vigore delle decisioni impugnate, ma esclusivamente quelli intervenuti a partire da tale data.

In secondo luogo, per quanto riguarda il motivo della ricorrente fondato su un errore di valutazione, secondo il quale la Commissione non avrebbe, innanzitutto, preso in considerazione gli interessi di quest'ultima, ma unicamente quelli della banca tedesca, il Tribunale dichiara che la Commissione non vi era tenuta. Esso osserva, infatti, che il regolamento n. 2271/96 prevede che la concessione di un'autorizzazione a rispettare gli atti normativi elencati sia subordinata alla condizione che l'inosservanza di tali atti leda gravemente gli interessi della persona che richiede l'autorizzazione o quelli dell'Unione, ma che tale disposizione non menziona gli interessi dei terzi interessati dalle misure restrittive del paese terzo.

Lo stesso rilievo fa il Tribunale relativamente ai criteri non cumulativi, enunciati dal regolamento di esecuzione 2018/1101, di cui la Commissione deve tener conto in sede di valutazione di una domanda di autorizzazione. Inoltre, nessuno dei criteri di cui trattasi menziona un bilanciamento degli interessi del terzo con quelli del richiedente o con quelli dell'Unione. Peraltro, sebbene sia possibile che il terzo interessato dalle misure restrittive ricada nell'ambito del regolamento n. 2271/96 10 e rientri quindi nell'ambito di applicazione di talune disposizioni di tale regolamento, una simile circostanza non può condurre, nel contesto dell'applicazione dell'eccezione prevista all'articolo 5, secondo comma, di detto regolamento, a prendere in considerazione interessi diversi da quelli previsti da detta disposizione.

Per quanto riguarda, poi, l'argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe tenuto conto della possibilità di ricorrere ad alternative meno gravose o della possibilità, per la ricorrente, di avvalersi di un diritto al risarcimento, il Tribunale rileva che il regolamento di esecuzione 2018/1101 non impone siffatti obblighi alla Commissione. Infatti, l'esame della Commissione consiste nel verificare se le prove trasmesse dal richiedente consentano di concludere, alla luce dei criteri stabiliti dal regolamento di esecuzione 2018/1101, che, in caso di inosservanza degli atti normativi elencati, gli interessi del richiedente o dell'Unione sarebbero gravemente lesi, ai sensi dell'articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96.

La Commissione, se conclude che il verificarsi di gravi danni a tali interessi è sufficientemente dimostrato, non è quindi tenuta a valutare se vi siano alternative all'autorizzazione.

In terzo luogo, relativamente al motivo vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltati, il Tribunale ritiene che il legislatore dell'Unione abbia scelto di instaurare un sistema nell'ambito del quale gli interessi dei terzi oggetto delle misure restrittive non debbano essere tenuti in considerazione e tali terzi non debbano essere coinvolti nel procedimento ai sensi dell'articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96. Infatti, l'adozione di una decisione ai sensi di detta disposizione risponde a obiettivi di interesse generale consistenti nel proteggere gli interessi dell'Unione o delle persone che esercitano i loro diritti conformemente al Trattato FUE contro i gravi danni che potrebbero derivare dall'inosservanza degli atti normativi elencati.

In tale contesto, non solo un diritto di essere ascoltati che sia esercitato da parte dei terzi interessati nel procedimento di cui trattasi non sarebbe conforme agli obiettivi di interesse generale perseguiti da detta normativa, ma rischierebbe altresì, attraverso la diffusione incontrollata di informazioni che potrebbero essere portate a conoscenza delle autorità del paese terzo all'origine degli atti normativi elencati, di mettere a repentaglio la realizzazione di tali obiettivi. In tal modo, dette autorità potrebbero venire a conoscenza del fatto che una persona ha richiesto un'autorizzazione e che, di conseguenza, essa potrebbe non rispettare la normativa extraterritoriale del paese terzo in questione, il che comporterebbe rischi in termini di indagini e di sanzioni nei confronti di quest'ultima e, pertanto, di pregiudizio per gli interessi di tale persona ed eventualmente dell'Unione. Inoltre, nessun elemento inerente alla situazione personale di detti terzi rientra direttamente nel novero degli elementi che la domanda di autorizzazione deve includere 13 o tra i criteri di cui la Commissione tiene conto nel valutare una siffatta domanda 14.

Pertanto, nel sistema istituito dal regolamento n. 2271/96 in materia, non risulta che i terzi interessati dalle misure restrittive possano far valere, dinanzi alla Commissione, errori o elementi relativi alla loro situazione personale. Di conseguenza, una limitazione del diritto dei terzi interessati dalle misure restrittive di essere ascoltati nell'ambito di un procedimento del genere non risulta, alla luce del contesto normativo pertinente e degli obiettivi perseguiti da quest'ultimo, sproporzionata e non rispettosa del contenuto essenziale di tale diritto.

Ne consegue che, nelle circostanze specifiche del caso di specie, detta limitazione del diritto di essere ascoltati è giustificata, ai sensi della giurisprudenza, ed è necessaria e proporzionata alla luce degli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 2271/96 e, in particolare, del suo articolo 5, secondo comma.

La Commissione non era quindi tenuta ad ascoltare la ricorrente nell'ambito del procedimento che ha condotto all'adozione delle decisioni impugnate. La ricorrente affermava inoltre che, per rispettare il suo diritto di essere ascoltata, la Commissione avrebbe dovuto almeno pubblicare il dispositivo delle decisioni impugnate. Nulla consente tuttavia di ritenere che alla Commissione incombesse un siffatto obbligo di pubblicazione. Da un lato, tale asserito obbligo non ha base giuridica in alcuna disposizione pertinente; dall'altro, la pubblicazione delle decisioni impugnate successivamente alla loro adozione non può incidere sull'esercizio di un eventuale diritto della ricorrente di essere ascoltata nel corso del procedimento amministrativo.

Infine, il Tribunale respinge, per le stesse ragioni, l'argomento della ricorrente secondo cui, in alternativa, la Commissione avrebbe dovuto comunicarle le decisioni impugnate dopo la loro adozione.

Alla luce di quanto precede, non si può pertanto ritenere che, non avendo pubblicato o comunicato alla ricorrente le decisioni impugnate, la Commissione abbia violato il diritto di quest'ultima di essere ascoltata