È ammissibile l'istanza di equa riparazione per l'eccessiva durata del processo amministrativo in mancanza di presentazione di istanza di prelievo?

Redazione Scientifica
26 Luglio 2023

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale sulla inammissibilità della domanda di equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo in assenza dell'istanza di prelievo di cui all'art. 71, comma 2, c.p.a.

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, l. 24 marzo 2001, n. 89, nella parte in cui dispone l'inammissibilità della domanda di equa riparazione per l'eccessiva durata di un processo amministrativo, nel caso di mancata presentazione dell'istanza di prelievo, di cui all'art. 71, comma 2, c.p.a., quale rimedio preventivo da esperire almeno sei mesi prima dello scadere del termine di ragionevole durata del processo, di cui all'art. 2, comma 2-bis , l. n. 89/2001. La questione è sollevata in relazione ai parametri interposti di cui agli artt. 6, par. 1, e 13 della Convenzione EDU.

In particolare, il sistema della l. n. 89/2001, citata, come rimodulato dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208, condiziona l'ammissibilità della domanda di equo indennizzo per la durata non ragionevole del processo amministrativo, non già alla proposizione di un'istanza con effetto dichiarativo di un interesse già incardinato nel processo e di mera “prenotazione della decisione”, ma alla proposizione di “rimedi preventivi”, ossia possibili e concreti “modelli procedimentali alternativi” finalizzati ad accelerare il procedimento entro il termine massimo.

Nel caso di specie, il rimedio preventivo che la richiedente l'indennizzo non ha esperito è la presentazione dell'istanza di prelievo ai sensi dell'art. 71-bis c.p.a., introdotto dalla l. n. 208/2015, volta ad accelerare la definizione del ricorso mediante una sentenza in forma semplificata in camera di consiglio.

Tuttavia, secondo il giudice a quo la presentazione dell'istanza di prelievo costituirebbe un adempimento formale e non sembrerebbe coerente né con l'obiettivo di contenimento della durata del processo, né con quello indennitario in caso di sua eccessiva durata. L'istanza di prelievo non determinerebbe un modello procedimentale alternativo, atteso che ai sensi dell'art. 71-bis c.p.a., il giudice “può” definire, in camera di consiglio il giudizio con sentenza in forma semplificata, ma non ne è obbligato, e, non inciderebbe, dunque, sull'ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti.

Sulla questione sollevata la Corte ha, innanzitutto, precisato che l'istanza di prelievo è presentata dopo l'istanza di fissazione dell'udienza di discussione, di cui all'art. 71, comma 1, c.p.a., per domandare la tempestiva trattazione del ricorso, per le ragioni d'urgenza ivi segnalate.

Pertanto, la Corte chiarisce che l'istanza di prelievo nel processo amministrativo è un rimedio preventivo, in funzione acceleratoria, atteso che è volta ad ottenere una deroga al criterio cronologico, ai sensi dell'art. 8, comma 1, dell'All. 2 al c.p.a., che regola l'ordine di fissazione della trattazione dei ricorsi.

D'altro canto, la Corte rammenta che, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, i rimedi preventivi sono tali se efficacemente “sollecitatori”, e sono non solo ammissibili, anche in combinazione con quelli indennitari, ma perfino preferibili, in quanto volti ad evitare l'eccessiva durata del procedimento o l'adeguata riparazione della violazione delle disposizioni convenzionali; il ricorso ai rimedi preventivi è “effettivo” nella misura in cui accelera la decisione del giudice competente.

Per tutto ciò la Corte ritiene che la presentazione dell'istanza di prelievo nel processo amministrativo, dopo l'introduzione dell'art. 71-bis c.p.a., non si riduce ad un adempimento meramente formale, perché può condurre alla definizione celere del giudizio attraverso l'utilizzo di un “modello procedimentale alternativo” tramite la decisione del ricorso in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata, entro il termine ragionevole di durata del processo.

Perciò, tale rimedio è riconducibile, proprio per l'effetto acceleratorio della decisione che può conseguirne, alla categoria dei “rimedi preventivi”, in quanto è funzionale al raggiungimento dello scopo di una più rapida definizione del giudizio. Né contrasta con l'effettività del rimedio la mediazione della decisione del giudice che deve stabilire, in relazione alle ragioni di urgenza prospettate, se ricorrano i presupposti della completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, che giustifica la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata. L'attribuzione al collegio adìto della scelta sul modello procedimentale alternativo tutela tutte le parti del giudizio e assicura che la decisione sul rito contemperi le esigenze di celere trattazione, con il pieno dispiegarsi dell'attività difensiva, nei termini indicati anche dalla Corte EDU.

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