La sospensione feriale dei termini si applica alle cause in materia di separazione, divorzio ed esercizio della responsabilità genitoriale, poiché non rientrano nella materia degli “alimenti” richiamata dall'art. 92 del R.D. n. 12/41, che va intesa unicamente nel senso fatto proprio dal disposto di cui all'art. 433, c.c.
Il Tribunale di Parma ritiene di non poter condividere il principio di diritto sotteso al ragionamento della Suprema Corte che nella recente ordinanza Cass. ord. n. 18044/2023, ha sostenuto la non applicabilità della sospensione feriale dei termini processualiex l. n. 742/69 (artt. 1 e 3) alle cause in materia di mantenimento del coniuge e dei minori sulla base di alcune evidenze:
L'interpretazione della sarebbe stata favorita anche dalla normativa emergenziale codiv-19 che escludeva dalla sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto del procedimento civile le cause in materia di “diritto all'assegno di mantenimento, agli alimenti e all'assegno divorzile o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali”, peraltro, gli stessi interventi legislativi che si sono succeduti nell'epoca emergenziale dimostrano che il Legislatore aveva ben chiara la differenza tra gli obblighi alimentari e quelli relativi ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, nonché quelli conseguenti all'assegno divorzile.
è in contrasto con il granitico indirizzo della Suprema Corte, secondo cui la sospensione feriale dei termini si applica alle cause in materia di separazione, divorzio ed esercizio della responsabilità genitoriale, poiché non rientrano nella materia degli “alimenti” richiamata dall'art. 92 del R.D. n. 12/41, che va intesa unicamente nel senso fatto proprio dal disposto di cui all'art. 433, c.c.;
l'assegno di mantenimento per il coniuge e per i figli, quanto quello divorzile, hanno finalità diametralmente differenti rispetto all'assegno alimentare, che invece è teso a soddisfare le più elementari esigenze di vita del beneficiario.
si rileva altresì che l'interpretazione della locuzione “alimenti”, richiamata dall'art. 92, R.D. n. 12/41, nel senso indicato dalla Suprema Corte non è nemmeno imposta dal Regolamento CE n. 4/2009, tenuto conto che il regolamento mira ad offrire regole comuni agli Stati membri unicamente in tema di competenza, legge applicabile, riconoscimento, esecuzione delle decisioni straniere e cooperazione in materia di obbligazioni alimentari e quindi regola un ambito affatto differente rispetto a quello oggetto della pronuncia.
In conclusione, il Tribunale di Parma aderisce al consolidato orientamento della Suprema Corte qui richiamato, che interpreta restrittivamente la previsione di cui all'art. 92, R.D. n. 12/41, escludendovi le cause in materia di separazione.
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