Risarcimento per confisca urbanistica in violazione della CEDU: occorre valutare l’impossibilità di utilizzo del terreno durante l’esecuzione delle misure

La Redazione
31 Luglio 2023

Con sentenza del 12 luglio 2023 (n. 1828/06, n. 34163/07 e n. 19029/11), la Grande Camera della Corte EDU, a distanza di anni dalla sentenza di merito del 2018, ha accordato ai ricorrenti – nel quadro di tre ricorsi contro l'Italia presentati alla Corte da quattro società italiane e da un cittadino italiano relativi al rapporto tra dei reati di lottizzazione abusiva caduti in prescrizione e dei provvedimenti di confisca urbanistica adottati dalle autorità italiane sui terreni e sui fabbricati di proprietà dei ricorrenti - una somma a titolo di risarcimento da parte dello Stato convenuto. Per la Corte, infatti, la confisca urbanistica disposta dall'Italia sui terreni e sui fabbricati di proprietà delle società ricorrenti ha comportato una violazione dell'art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione EDU in quanto l'applicazione automatica delle misure di confisca nei casi di urbanizzazione è sproporzionata.

La causa trae origine da tre ricorsi contro lo Stato italiano presentati alla Corte EDU da quattro società italiane e da un cittadino italiano tra il 2005 e il 2011. Oggetto della controversia riguardava il rapporto tra alcuni reati di lottizzazione abusiva caduti in prescrizione e dei provvedimenti di confisca urbanistica adottati dalle autorità italiane sui terreni e sui fabbricati di proprietà dei ricorrenti.

Nella storica sentenza pronunciata il 28 giugno 2018, la Grande Camera aveva condannato l'Italia ritenendo che la confisca per lottizzazione abusiva, disposta a seguito di proscioglimento per prescrizione del reato, non fosse conforme ai diritti garantiti dagli artt. 7, 6 § 2 e 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, a motivo della ritenuta sproporzionata applicazione automatica delle misure di confisca nei casi di urbanizzazione. Secondo la Corte, l'applicazione automatica delle misure di confisca non permetteva ai giudici di valutare quali fossero gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso e, più in generale, di effettuare una ponderazione tra lo scopo legittimo perseguito e i diritti degli interessati da detta confisca.

Al contempo, la Corte aveva ritenuto che la causa non fosse matura per la decisione relativa al risarcimento del danno, che si era riservata di quantificare in un separato giudizio, trattenendo la causa in decisione.

In questa nuova pronuncia,relativa al risarcimento del danno, sciolta la riserva, la Corte ha affermato che nonostante i terreni ed i fabbricati in questione siano stati restituiti ai ricorrenti, nel caso di specie vi è comunque stata una violazione del diritto di proprietà meritevole di un'equa riparazione.

Invero, i giudici di Strasburgo hanno preso in considerazione le domande di risarcimento unicamente per quanto riguarda l'indisponibilità dei terreni, il deterioramento degli immobili costruiti e la perdita di valore dei beni prima della restituzione.

Nella valutazione della durata dell'indisponibilità dei beni in questione, la Corte prende in esame come punto di partenza la confisca di questi ultimi e non i sequestri preliminari. Ne consegue che il danno deve essere calcolato a partire dal momento della confisca dei beni in questione e che occorre verificare, caso per caso, l'edificabilità dei terreni, poiché tale qualità incide fortemente sul valore dello stesso.

Dunque, i giudici della Corte hanno preso in considerazione le richieste di risarcimento valutando l'impossibilità di sfruttamento del terreno durante il periodo di esecuzione delle misure ablative.


Alla luce di ciò, la Corte EDU ha concluso che l'impossibilità di utilizzo dei beni ha integrato una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione EDU ed ha chiaramente causato ai ricorrenti un danno di natura patrimoniale.


La Corte ha pertanto stabilito che lo Stato italiano debba versare ai ricorrenti la somma complessiva di euro 960.000,000.