I formati dei file ammessi nel PCT

02 Agosto 2023

A fronte di un catalogo limitato dei formati di file ammessi nel processo civile telematico, la giurisprudenza di merito in più occasioni è stata chiamata a valutare le conseguenze giuridiche di produzioni probatorie in formato non ammesso, con orientamenti non ancora univoci.
La normativa

L'art. 196-quater disp. att. c.p.c. prevede che il deposito degli atti processuali e dei documenti ha luogo esclusivamente con modalità telematiche (comma 1) ed è effettuato nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici (comma 2).

L'art. 34, comma 1, del D.M. n. 44/2011 – recante regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione, nel processo civile e penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione in attuazione del CAD – prevede che "Le specifiche tecniche sono stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA [ora AgID] e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali".

Tali specifiche tecniche sono state emanate con Provvedimento DGSIA del 16 aprile 2014 e sono ancora attualmente in vigore nel testo coordinato, composto da quel provvedimento e da quelli successivi del 28 dicembre 2015 e del 26 luglio 2021 che l'hanno modificato ed integrato.

Con riferimento al "Formato dell'atto del processo in forma di documento informatico", gli artt. 11 del D.M. 44/2011 e 12 del Provvedimento DGSIA 16/4/2014 stabiliscono che detto atto, da depositare telematicamente all'ufficio giudiziario, sia in formato PDF nativo testuale, privo di elementi attivi, senza immagini scansionate e sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna PadES-BES (c.d. firma pdf) o CadES-BES (c.d. firma p7m).

Quanto, invece, al "Formato dei documenti informatici allegati", gli artt. 12 del D.M. 44/2011 e 13 del Provvedimento DGSIA 16/4/2014 dispongono che detti allegati sono privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili, e sono consentiti nei seguenti formati:

a) .pdf

b) .rtf

c) .txt

d) .jpg

e) .gif

f) .tiff

g) .xml

h) .eml, purché contenenti file nei formati di cui alle lettere precedenti.

i) .msg, purché contenenti file nei formati di cui alle lettere da a ad h.

Aggiungono che è consentito l'utilizzo dei seguenti formati compressi purché contenenti file nei formati predetti:

a) .zip

b) .rar

c) .arj.

Precisano infiche che gli allegati possono essere sottoscritti con firma digitale o firma elettronica qualificata e che nel caso di formati compressi la firma digitale, se presente, deve essere applicata dopo la compressione.

Come noto:

- il formato pdf consente di rappresentare documenti di testo e immagini in modo identico ed indipendente dall'hardware e dal software utilizzati per generarli o per visualizzarli; per gli allegati è ammesso non solo quello nativo testuale, ma anche quello per immagini, cioè creato tramite scansioni;

- i formati rtf e txt qualificano documenti di testo semplificato, diversi sia dai formati proprietari doc/docx (di Windows) e pages (di Mac) sia dal formato aperto odt;

- i formati jpg, giff e tiff rappresentano immagini;

- i formati msg (per MS Outlook) ed eml (per tutti gli altri software) contengono messaggi di posta elettronica;

- il formato xml è quello strutturato, tipico delle buste telematiche e delle fatture elettroniche;

- i formati zip (di solito gestito automaticamente dai sistemi operativi), rar e arj (che in genere richiedono apposite applicazioni) consentono di comprimere più file anche di tipi diversi in un'unica cartella.

Come appare evidente, risultano esclusi da quelli ammessi numerosi formati che veicolano documenti per i quali sorge spesso la necessità di produzione nel giudizio, quali:

- i formati audio: mp3, waw, etc., che rappresentano registrazioni o messaggi contenenti suoni o voci;

- i formati video o audio-video: mp4, mov, wmv, avi, etc., che rappresentano sequenze di immagini e filmati con o senza audio;

- i formati di documenti specialistici: quelli specifici in cui solo salvati o conservati i file delle cartelle cliniche, gli esiti di esami diagnostici, le aquisizioni forensi di dati, i materiali di altre applicazioni in campi e settori specialistici, e così via.

In altri processi telematici, anche per le peculiarità dei diversi riti, le opzioni sono state in parte diverse:

- in quello penale (PPT), amministrativo (PAT) e tributario (PTT), i formati ammessi sono ancora più limitati;

- in quello sportivo (PsporT) e in quello contabile (PconT) sono più ampi, essendo ammessi per il primo anche quelli audio/video (le regole tecniche ammettono i formati "application/pdf", "application/doc", "image/png", "image/jpg", "image/jpeg", "video/mp4", "video/avi", "video/mpeg", "message/rfc822", "message/eml", "application/vnd.ms-outlook" ,"message/msg") e per il secondo formati di testo, fogli di calcolo/lavoro, immagini, audio, video, compressi e firmati (i sistemi della Corte dei conti garantiscono, allo stato, la leggibilità di file pdf, doc, docx, rtf, ods, odg, odp, .gif, .jpg, tif, tiff, eml, xls, xlsx, p7s, p7m, avi, mpeg, mov, mp3, wav, zip, rar).

La giurisprudenza

A fronte di un catalogo limitato dei formati di file ammessi nel processo civile telematico, la giurisprudenza di merito in più occasioni è stata chiamata a valutare le conseguenze giuridiche di produzioni probatorie in formato non ammesso, con orientamenti non ancora univoci.

Il Tribunale di Cassino, con ordinanza 07/02/2018 (massima in De Jure), ritenendo non ravvisarsi inammissibilità della produzione di un file solo per la sua forma, perché la tecnologia disponibile in rete ne consente l'apertura, ammette la produzione telematica di un file audio inserito in una cartella compressa in formato .rar., in quanto ha comunque raggiunto il suo scopo e non può esserne comminata la nullità in assenza di espressa previsione di legge, ai sensi dell'art. 156 c.p.c.

Il Tribunale di Locri, in sentenza 29/05/2019 n. 637 (in De Jure), nel confermare l'inammissibilità del deposito in forma non telematica del DVD Rom contenente un file video per non essere stato previamente autorizzato dal giudice, ritiene che sulla base della normativa allora vigente il loro deposito in cancelleria sia consentito solo con l'atto introduttivo (all'epoca non obbligatoriamente telematico) e che tutte le produzioni successive debbano invece avvenire telematicamente integrando in un pdf i predetti file in formati non ammessi oppure chiedendo espressa autorizzazione al deposito in cancelleria su apposito supporto fisico.

Nel ricostruire la normativa allora applicabile, rileva che essa "non consente il deposito come allegati di formati diversi da quelli di seguito indicati: .pdf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml, .eml, .msg, .zip, .rar, .arj, con la conseguenza che non è ammesso il deposito dei file video (es. .mpg, .avi, .mp4, .mov) ed audio (es. .wav, .mp3, ecc.)".

Evidenzia poi, da un lato, come la produzione dei documenti segua le regole di cui all'art. 87 disp. .att. c.p.c. (nel testo allora in vigore) e quindi debba avvenire con deposito in cancelleria o in udienza e, dall'altro lato, che ai sensi dell'allora vigente art. 16-bis, comma 1 D.L. 179/2012, la produzione mediante deposito in cancelleria sia sostituita, per quelle successive all'atto introduttivo della parte, con la trasmissione esclusivamente telematica, salva autorizzazione di cui al comma 8 nel caso di limite normativo alla possibilità di trasmissione in via telematica di certi tipi di documenti informatici.

Se quindi un file video può essere depositato con modalità non telematiche su DVD Rom in allegato al proprio atto introduttivo cartaceo oppure all'udienza di prima comparizione e trattazione, nel corso della trattazione del giudizio non è in alcun modo consentito alle parti già costituite il deposito in cancelleria con modalità non telematiche di qualsiasi documento, anche informatico, senza la previa autorizzazione giudiziale.

Aggiunge che la parte avrebbe dovuto allegare e documentare l'eventuale materiale impossibilità dell'inclusione del file video nel formato ammesso .pdf, che avrebbe consentito di rendere lo stesso file depositabile in via telematica quantunque trasformato da altro formato non consentito.

Il Tribunale di Milano, in sentenza 13/11/2020 n. 7242 (in PST Archivio di Giurisprudenza Nazionale), rileva che per il deposito di file audio nell'ambito del processo telematico sono possibili tre modalità astrattamente consentite:

1) caricare il relativo file su documento .pdf per renderlo compatibile con il formato dei documenti informatici suscettibili di produzione secondo le specifiche tecniche;

2) chiedere l'autorizzazione al giudice al deposito del file su supporto analogico, allegando che la diversa estensione del file audiovisivo da produrre rispetto a quella dei file il cui deposito è consentito ai sensi delle specifiche tecniche avrebbe reso opportuna la produzione su supporto idoneo a preservare la genuinità e l'integrità del documento;

3) provvedere al deposito del documento in formato analogico nel fascicolo d'ufficio, con relativa attestazione dell'intervenuto deposito e del giorno del relativo deposito da parte della cancelleria.

Il Tribunale di Perugia, in sentenza 26/01/2021 n. 145 (in PST Archivio di Giurisprudenza Nazionale), afferma da un canto che, secondo la disciplina vigente in materia, la trasmissione in via telematica del file compresso è consentita solamente allorché al suo interno siano contenuti file in formati ammessi, e dall'altro che non è praticabile la soluzione di utilizzare un file pdf come contenitore di un file video o audio, anche a fronte del rischio per le altre parti e per il giudice di non disporre dell'apposito programma per la sua apertura. Conclude quindi che il deposito di file in formati non consentiti, come quelli video e audio, può essere effettuato solo mediante deposito in cancelleria del supporto informatico (CD- ROM) che lo contiene nel rispetto del relativo termine perentorio. Aggiunge che, all'evidenza, non occorre la preventiva autorizzazione del giudice, prevista solo nel caso in cui occorra derogare all'ordinario principio del deposito telematico di atti e documenti per i quali tale modalità è prevista dalle norme tecniche.

Il Tribunale di Torino, in sentenza 20/04/2021 n. 1976 (in PST Archivio di Giurisprudenza Nazionale), osserva che la registrazione fonografica è una prova consentita dall'art. 2712 c.c. ma che tra i documenti depositabili telematicamente non sono ricomprese le estensioni relative ai file audio e video, sicché l'ingresso in causa può avvenire soltanto attraverso la masterizzazione del file audio su supporto CD o DVD e il suo materiale deposito in cancelleria. A tal fine, aggiunge, non è necessaria l'autorizzazione del giudice, il quale non potrebbe che concederla. In ogni caso, precisa, l'oggetto di cui si tratta dovrebbe essere disponibile entro il termine per le deduzioni probatorie.

Il Tribunale di Rovigo, in sentenza 10/06/2022 n. 529 (in PST Archivio di Giurisprudenza Nazionale), senza affrontare il tema, riferisce peraltro che il Presidente nel corso del procedimento "autorizzava la ricorrente a depositare copia di file audio e video su dispositivo ".

Il Tribunale di Venezia, con ordinanza 8/11/2022 (in PST Archivio di Giurisprudenza Nazionale) concede la provvisoria esecutorietà di un decreto ingiuntivo tra l'altro perché "la conversazione Whatsapp richiamata nel ricorso e trascritta non è prodotta tra i documenti di causa e i file audio dimessi su supporto fisico sono in formato *.opus, non ascoltabili da questo giudice".

Il Tribunale di Udine, in sentenza 31/01/2023 n. 89 (https://apps.dirittopratico.it/sentenza/tribunale/udine/2023/89.html#22b59), statuisce che la produzione in giudizio di file, salvati in formato non ammesso dalle specifiche tecniche, quali quelli audio o video, non può essere impedita solamente per tali ragioni. Trattandosi di documenti informatici, da cui si pretende di desumere prove come da ogni altro documenti, il loro deposito in giudizio è certamente consentito, e va eseguito consegnando in cancelleria il supporto fisico che li contiene, come un CD o simili, senza necessità di autorizzazione del giudice, posto che la parte non ha altre possibilità di introdurre nel giudizio tali elementi e che il giudice non ha alcun potere di autorizzare o meno la produzione di documenti ad opera delle parti.

Il Tribunale di Velletri, in sentenza 21/02/2023 n. 143 (in De Jure), osserva che l'unica modalità per poter depositare file audio, non ricompresi nell'elenco dei formati ammessi dalle specifiche tecniche, è riprodurli su un supporto CD, DVD o PEN DRIVE USB, chiedendo al giudicante l'autorizzazione al deposito, trattandosi di deposito non telematico. Per tali ragioni, precisato che la difesa della ricorrente aveva tempestivamente chiesto l'autorizzazione al deposito del CD audio, il giudice non ammetteva il file audio depositato con il ricorso in cartella compressa in formato zip, producibile telematicamente solo se contenente file nei formati consentiti, ed ammetteva invece la produzione del CD, con onere a carico del procuratore della ricorrente di duplicazione del supporto così da metterlo a disposizione della controparte.

Il Tribunale di Modena, con decreto 7/06/2023, ha rigettato l'istanza di autorizzazione al deposito di file audio, invitando la parte a produrne la trascrizione e a specificare il formato e le dimensioni del relativo file al fine di verificarne l'effettiva incompatibilità con il sistema telematico. Il giudice precisa che per il deposito di un file in formato non consentito, come quelli audio e video, in modalità telematica o in cancelleria su supporto fisico (CD, DVD, memoria USB), occorre l'autorizzazione del giudice, che può peraltro negarla qualora appaia sufficiente la produzione della sua trascrizione, con riserva di deposito dell'originale, per farne oggetto di eventuale successivo contraddittorio probatorio.

L'occasione mancata della riforma Cartabia

Come si è visto, a fronte della descritta normativa primaria e tecnica, la produzione di documenti informatici in formati non ammessi ha generato nella giurisprudenza di merito differenti orientamenti, ancora non univoci, a discapito della certezza del diritto.

La riforma Cartabia poteva essere l'occasione per aggiornare la disciplina, fornire indicazioni chiare e risolvere i contrasti giurisprudenziali, occasione che purtroppo non è stata colta: non è peraltro necessario intervenire per la complessa via legislativa, essendo sufficiente una più semplice e rapida modifica della normativa secondaria relativa alle specifiche tecniche, che come si è visto è richiamata nel comma 2 dell'art. 196-quater disp. att. c.p.c.

Se da un lato è comprensibile l'opportunità di limitare i tipi di file depositabili telematicamente, a fronte delle difficoltà tecniche di dotare uffici e magistrati di software sempre aggiornati per gestirli ma anche delle potenzialmente enormi dimensioni di alcuni di essi, dall'altro è evidente l'assoluta urgenza di porre rimedio ad una situazione che spesso comprime il diritto di difesa delle parti.

Le soluzioni potrebbero essere quelle di ampliare il catalogo dei formati ammessi, sul modello dei processi telematici sportivi e contabili, valutando ove possibile di privilegiare formati aperti, oppure ancora quello di liberalizzarli del tutto o il più possibile, prevedendo – nel solco dei principi stabiliti dalla riforma Cartabia – come regola generale il deposito telematico dei file, e mitigando l'aumento dei depositi con un limite dimensionale, solo superato il quale scatterebbe il residuale deposito in cancelleria dei supporti fisici, il tutto ovviamente senza autorizzazione del giudice.

Come anticipato, purtroppo, con la riforma Cartabia non è mutato il quadro normativo primario, secondario e tecnico, che quindi rimane quello già tratteggiato, sul quale permane il contrasto giurisprudenziale di merito, che potrebbe peraltro essere anche risolto, ove possibile ricorrendo al nuovo istituto del rinvio pregiudiziale, in sede di legittimità. La Cassazione potrebbe ancora una volta far applicazione del principio di raggiungimento dello scopo (come il Tribunale di Cassino nel 2018) anche ai depositi telematici di file che, pur in formati non ammessi, giungono comunque – più agevolmente che con il deposito in cancelleria del supporto – nella disponibilità del giudice e delle altre parti. Rimarrebbe certo il perdurante rischio in entrambi i casi della loro non fruibilità, in assenza di software ad hoc o di lettori ottici, ovviabile ove necessario con competenze tecniche, se del caso di consulenti.

Le soluzioni operative

A fronte dei multiformi e non univoci arresti giurisprudenziali riferiti, ed in assenza allo stato di soluzioni normative o di legittimità, appare necessario individuare la modalità operativa più corretta e prudente di deposito dei file in formato non consentito.

Tale non può che essere, sulla base della disciplina ancora vigente, quella indicata dai Tribunali di Perugia, Torino e Udine: il deposito in cancelleria del supporto fisico (CD, DVD, HD, pendrive, con preferenza per quello meno volatile) contenente il file, senza necessità di preventiva autorizzazione del giudice.

Non appaiono infatti corrette le pronunce dei Tribunali di Locri, Milano, Rovigo, Velletri e Modena laddove ritengono necessaria un'autorizzazione che tale non può essere, perché la parte non ha altra possibilità legale di introdurre nel giudizio tali elementi e il giudice non ha alcun potere di autorizzare o meno la produzione tempestiva di documenti (così Udine).

Né appare adeguata la soluzione di incorporarli in un pdf (Milano e Locri, che addirittura richiede di documentare l'impossibilità di tale soluzione), perché il pdf diventerebbe un contenitore di file non ammessi, come le cartelle compresse per le quali è espressamente negata tale possibilità, con il rischio di non renderli comunque fruibili.

Sono suggestive le soluzioni di Milano (che tra quelle praticabili indica anche il deposito telematico) e di Modena (con l'invito a depositare le trascrizioni), ma sono criticabili nei toni sanzionatori laddove richiedono autorizzazioni che assumono di poter negare e precisazioni sul formato e sulle dimensioni del relativo file al fine di verificarne l'effettiva incompatibilità con il sistema telematico.

Appare invece ragionevole la pronuncia di Cassino che richiama il principio di raggiungimento dello scopo (ormai sempre più frequentemente ribadito dalla Cassazione, pur in altri contesti) per i depositi telematici di file non ammessi.

In conformità all'attuale normativa, occorre quindi continuare a depositare in cancelleria tali file riversati su appositi supporti, senza peraltro necessità di preventiva autorizzazione. Si potrà inoltre valutare l'opportunità di procedere anche al deposito telematico dei file, se le dimensioni lo consentono, per completezza di fascicolo informatico e per scongiurare smarrimenti del supporto, o delle trascrizioni dei file audio, se ritenute utili pur a fronte del probabile contraddittorio.

Per il resto, non rimane che confidare in auspicabili interventi della Corte Suprema, per risolvere i contrasti giurisprudenziali, e soprattutto normativi, per aggiornare finalmente le specifiche tecniche.

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