Figli nati fuori dal matrimonio: procedimenti congiunti

Caterina Costabile
04 Agosto 2023

L'entrata in vigore della l. n. 219/2012 e del d.lgs. n. 154/2013 ha determinato l'introduzione del principio dell'unicità dello stato di figlio, anche adottivo anche se rilevanti differenze sotto il profilo processuale sono rimaste negli anni. Un punto di svolta è stato determinato dalla riforma Cartabia che ha previsto un modello processuale unitario e organico per i procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie.
Inquadramento

L'entrata in vigore della l. n. 219/2012 e del d.lgs. n. 154/2013 ha determinato l'introduzione del principio dell'unicità dello stato di figlio, anche adottivo, e conseguentemente l'eliminazione dei riferimenti, presenti nelle norme, ai figli “legittimi” ed ai figli “naturali” e la sostituzione degli stessi con quello di “figlio”.

Se sotto il profilo sostanziale tale intervento normativo ha eliminato ogni differenza tra i figli matrimoniali e quelli non matrimoniali, fino all'avvento della riforma Cartabia sono di contro perdurate rilevanti differenze sotto il profilo processuale.

Basti ricordare che i procedimenti di separazione e divorzio erano soggetti a un rito speciale, detto bifasico, caratterizzato da una prima fase ad istruzione sommaria - finalizzata all'emissione di provvedimenti temporanei e urgenti - e una successiva regolamentata dal rito ordinario di cognizione, mentre la disciplina della crisi della famiglia di fatto era affidata al rito camerale disciplinato dagli artt. 737 e ss. c.p.c.

Con il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 è stato introdotto, secondo un'inversione di tendenza rispetto al passato, un modello processuale unitario e organico per i procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie.

Il procedimento nella legislazione previgente

Prima della riforma Cartabia, per i procedimenti congiunti riguardanti le modalità di affidamento e mantenimento dei minori i cui genitori non sono legati da vincolo di coniugio, in forza dell'elaborazione giurisprudenziale, la domanda andava proposta con ricorso e il tribunale, ove non ravvisava contrasto tra le condizioni proposte dai genitori e l'interesse dei figli, provvedeva con decreto emesso in camera di consiglio in conformità con le domande delle parti.

La prassi dei Tribunale prevedeva in alcuni casi la preventiva convocazione delle parti mediante fissazione di udienza, in altri casi no.

Si trattava di un modello processuale diverso sia rispetto a quello previsto per la separazione consensuale (combinato disposto di cui agli artt. 158 c.c. e 711 c.p.c.) sia rispetto a quello del divorzio congiunto (art. 4, comma 16, legge 1° dicembre 1970, n. 898, applicabile, ex art. 1, comma 25, legge 20 maggio 2016, n. 76 allo scioglimento dell'unione civile).

Il decreto emesso in camera di consiglio dal tribunale, sia di accoglimento che di rigetto, era suscettibile di reclamo davanti alla corte d'appello (art. 739 c.p.c.). Non occorrendo la notifica del provvedimento ai sensi dell'art. 739 comma 2 c.p.c., il reclamo doveva essere proposto nei 10 giorni dalla comunicazione del provvedimento o dalla eventuale notificazione eseguita ad istanza di parte (v. Cass. civ., sez. I, 30 luglio 1997, n. 7118).

Il ricorso

Al fine di eliminare la pluralità di modelli processuali anche relativamente ai procedimenti su domanda congiunta, l'art. nell'art. 1, comma 17 lett. o), della legge delega 26 novembre 2021, n. 206 ha invitato il legislatore delegato a «prevedere che nei procedimenti di separazione consensuale, di istanza congiunta di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio le parti possono formulare rinuncia alla partecipazione all'udienza, confermando nelle conclusioni del ricorso la volontà di non volersi riconciliare con l'altra parte purché offrano una descrizione riassuntiva delle disponibilità reddituali e patrimoniali relative al triennio antecedente e depositino la relativa documentazione» nonché ad «introdurre un unico rito per i procedimenti su domanda congiunta di separazione personale dei coniugi, di divorzio e di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, modellato sul procedimento previsto dall'articolo 711 del codice di procedura civile, disponendo che nel ricorso debba essere contenuta l'indicazione delle condizioni reddituali, patrimoniali e degli oneri a carico delle parti, prevedendo la possibilità che l'udienza per il tentativo di conciliazione delle parti si svolga con modalità di scambio di note scritte e che le parti possano a tal fine rilasciare dichiarazione contenente la volontà di non volersi riconciliare ;» e ad « ;introdurre un unico rito per i procedimenti relativi alla modifica delle condizioni di separazione ai sensi dell'articolo 711 del codice di procedura civile, alla revisione delle condizioni di divorzio ai sensi dell'articolo 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e alla modifica delle condizioni relative ai figli di genitori non coniugati, strutturato mediante presentazione di istanza congiunta e successiva decisione da parte del tribunale, prevedendo la fissazione dell'udienza di comparizione personale delle parti nei soli casi di richiesta congiunta delle parti ovvero nelle ipotesi in cui il tribunale ravvisi la necessità di approfondimenti in merito alle condizioni proposte dalle parti» (art. 1, comma 23, lett. hh).

Tali principi sono stati trasfusi nel nuovo art. 473-bis.51 c.p.c. che ha introdotto un rito unitario anche per i procedimenti su domanda congiunta.

Il giudizio va introdotto con ricorso al tribunale in composizione collegiale (art. 473-bis.51 c.p.c.).

Per quanto attiene i requisiti del ricorso, che deve essere personalmente sottoscritto anche dalle parti, viene richiamato il disposto dell'art. 473-bis.12 c.p.c.: dovranno, dunque, essere indicati i dati delle parti e dei figli minorenni, maggiorenni economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave.

Non dovrà, invece, essere allegata la documentazione economica prevista per i procedimenti contenziosi, che viene sostituita dalle indicazioni delle parti circa le rispettive disponibilità reddituali e patrimoniali degli ultimi tre anni e degli oneri a loro carico (art. 473-bis.51, comma 2, c.p.c.): trattasi di indicazione indispensabile sia per permettere al giudice di effettuare le doverose verifiche, sia per valutare l'eventuale fondatezza di successive richieste di modifica delle condizioni in precedenza concordate.

L'indicazione delle condizioni in ricorso non è vincolante per le parti che possono sempre modificarle sino al giorno della udienza nel cui verbale deve essere contenuta la versione definitiva delle condizioni concordate che intendono sottoporre al vaglio del Tribunale.

La competenza

Prima della riforma, in assenza di disposizioni espresse, il giudice territorialmente competente a decidere in ordine all'affidamento ed al mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, sia per i procedimenti contenziosi che per quelli congiunti, era quello del luogo di residenza abituale del minore, dandosi prevalenza al criterio della prossimità del giudice al luogo in cui si espleta la quotidianità del minore stesso (v. Cass. civ., sez. VI, 31 ottobre 2018, n. 27741; Cass. civ., VI, 15 novembre 2017, n. 27153).

Il legislatore della riforma ha, invece, previsto per tutti i procedimenti congiunti che il Tribunale territorialmente competente sia quello della residenza o di domicilio dell'una o dell'altra parte (v. art. 473-bis.51 c.p.c., art. 3 Regolamento CE 25 giugno 2019 n. 1111).

Pertanto, il procedimento potrà essere incardinato sia dinanzi al tribunale del luogo di residenza del genitore con il quale i minori – in base agli accordi – resteranno a convivere, sia dinanzi al tribunale del luogo di residenza dell'altro genitore non collocatario.

Il procedimento nel nuovo rito unitario

A seguito del deposito del ricorso, il presidente fissa l'udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice relatore e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero, il quale esprime il proprio parere entro tre giorni prima della data dell'udienza.

Se uno dei genitori non compare alla udienza, l'istanza si reputa abbandonata, salvo che prima dell'udienza di comparizione sia stato chiesto al giudice delegato di fissarne una nuova per impedimento temporaneo delle parti a comparire.

Il ricorso abbandonato si estingue immediatamente.

Se compaiono entrambi i genitori, il giudice procede al tentativo di conciliazione e, qualora la conciliazione riesca, il procedimento si estingue.

Nel caso più frequente di fallimento del tentativo di conciliazione, il giudice relatore, sentite le parti e preso atto della loro volontà di non riconciliarsi, rimette la causa in decisione.

Il giudice può sempre chiedere i chiarimenti necessari e invitare le parti a depositare la documentazione di cui all'art. 473-bis.12, terzo comma, c.p.c. (le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; la documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e beni mobili registrati, nonché di quote sociali; gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni).

Il collegio provvede con sentenza con la quale prende atto degli accordi intervenuti tra le parti.

Il quarto commadell'art. 473-bis.51 c.p.c. prevede che il tribunale, ove ritenga gli accordi dei genitori in contrasto con l'interesse dei figli, può convocare le parti indicando le modificazioni da adottare e, in caso di inidonea soluzione, provvederà a rigettare la domanda che potrà essere successivamente ripropostarigetta allo stato la domanda»).

In questa fase la funzione del giudice relatore non si limita a una mera presa d'atto delle volontà dei genitori, dovendo invece operare per favorire l'accordo ed indirizzare le parti, anche con suggerimenti specifici, nella stesura di clausole che, oltre a trovare il loro consenso, facilitino la formulazione di condizioni che rendano prevedibile il recepimento degli accordi da parte del collegio.

La sostituzione della udienza con lo scambio di note scritte

L'art. 473-bis.51, comma 2, c.p.c. prevede che se le parti intendono avvalersi della facoltà di sostituire l'udienza con il deposito di note scritte (art. 127-ter c.p.c.), devono farne richiesta nel ricorso, dichiarando di non volersi riconciliare e depositando i documenti di cui all'articolo 473-bis.13, terzo comma (eventuali provvedimenti relativi al minore emessi dall'autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità).

Non pare possa escludersi che, anche in assenza di richiesta delle parti, la sostituzione della udienza con il deposito di note scritte possa essere disposta dal giudice con invito alle parti di depositare una dichiarazione scritta di non volersi riconciliare unitamente alle note di udienza, fermo restando in tal caso la loro facoltà di opporsi nei cinque giorni chiedendo la fissazione della udienza in presenza.

I trasferimenti immobiliari

I giudici di legittimità hanno più volte affermato che l'obbligo di mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autosufficienti, può essere adempiuto dai genitori mediante un accordo il quale, anziché attraverso una prestazione patrimoniale periodica, od in concorso con essa, attribuisca o li impegni ad attribuire ai figli la proprietà di beni mobili od immobili, e che tale accordo non realizza una donazione, in quanto assolve ad una funzione solutoria-compensativa dell'obbligazione di mantenimento e costituisce applicazione del principio, stabilito dall'art. 1322 c.c., della libertà dei soggetti di perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico (v. Cass. civ., sez. I., 11 gennaio 2022, n. 663; Cass. civ., sez. II, 23 settembre 2013, n. 21736; Cass. civ., sez. I, 02 febbraio 2005, n. 2088).

All'uopo va ricordato che le S.U., risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno ritenuto che le clausole dell'accordo di separazione consensuale (o di divorzio a domanda congiunta) che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione (o la sentenza di divorzio), valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., purché risulti l'attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all'art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52/1985, come introdotto dall'art. 19, comma 14, del d.l. n. 78/2010, conv. con modif. dalla l. n. 122/2010, restando invece irrilevante l'ulteriore verifica circa gli intestatari catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari (Cass. civ., S.U., 29 luglio 2021, n. 21761).

Pertanto, deve analogicamente ritenersi possibile che il ricorso congiunto riguardante le modalità di affidamento e mantenimento dei minori i cui genitori non sono legati da vincolo di coniugio preveda il trasferimento immobiliare da parte di uno o di entrambi i genitori ai figli quale forma di mantenimento.

In siffatta ipotesi l'udienza dinanzi di comparizione delle parti dinanzi al giudice relatore dovrà necessariamente svolgersi in presenza.

Impugnazione

Avendo il legislatore della riforma optato per la forma della sentenza, avverso la decisione del Tribunale dovrà proporsi appello secondo le norme del nuovo rito persone, minorenni e famiglie.

In particolare, con il d.lgs. n. 149/2022 è stato delineato un modello processuale che, seppur strutturato secondo regole di tipo contenzioso con richiami espressi alle norme dell'appello ordinario, mantenendo la collegialità della trattazione e della decisione, ha tuttavia mutuato, per un verso, dall'esperienza del rito camerale la snellezza ed elasticità e, per altro verso, dal processo di primo grado i poteri officiosi del giudice in tutti i casi in cui si debbano tutelare gli interessi dei minori.

L'articolo 473-bis.30 c.p.c. contiene, attraverso il richiamo all'articolo 342 c.p.c., la scelta di modulare gli oneri di forma del ricorso ai requisiti di ammissibilità prescritti per l'appello ordinario, nella formulazione risultante all'esito della novella.

La scelta della forma del ricorso comporta che la proposizione dell'appello si perfeziona con il deposito del ricorso in cancelleria, nel termine perentorio di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., costituendo, per converso, la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza un momento meramente esterno e successivo alla fattispecie processuale introduttiva del giudizio di impugnazione, funzionale soltanto all'instaurazione del contraddittorio.

La validità degli accordi negoziali come espressione dell'autonomia privata

Non appare inopportuno ricordare che la giurisprudenza considera pienamente valido un accordo intervenuto tra i genitori alla cessazione di un rapporto di convivenza di fatto, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione ai bisogni e necessità della prole trattandosi di atto espressivo dell'autonomia privata, pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un'omologazione o controllo giudiziale preventivo.

I giudici di legittimità hanno, invero, chiarito che, in tema di mantenimento dei figli nati da genitori non coniugati, alla luce del disposto di cu all'art. 337-ter c.c., comma 4, anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, è riconosciuto valido come espressione dell'autonomia privata e pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un'omologazione o controllo giudiziale preventivo. Tuttavia, avendo tale accordo ad oggetto l'adempimento di un obbligo ex lege, l'autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta ed incontra un limite, sotto il profilo della perdurante e definitiva vincolatività fra le parti del negozio concluso, nell'effettiva corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute all'interesse morale e materiale della prole (Cass. civ., sez. I, 11 gennaio 2022, n. 663).

Riferimenti

P.S. Colombo, Il ricorso su domanda congiunta alla luce della Riforma Cartabia, in IUS Famiglie, 31 maggio 2023;

A. Di Lallo, Gli accordi tra i genitori per il mantenimento dei figli: validità, efficacia e limiti, Diritto & Giustizia, fasc. 9, 2022, pag. 12.

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