Rinvio pregiudiziale: la CGUE rende ulteriori chiarimenti sulle ipotesi di esclusione dell'obbligo per il giudice nazionale di ultima istanza
07 Agosto 2023
Massima
Il giudice nazionale di ultima istanza può astenersi dal sottoporre alla Corte di giustizia una questione interpretativa del diritto dell'Unione europea, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto eurounitario si imponga con una evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio.
Il giudice nazionale di ultima istanza è tenuto a valutare se la corretta interpretazione del diritto eurounitario si impone con una evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio in base alle caratteristiche proprie del diritto dell'Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all'Unione europea.
Il giudice nazionale di ultima istanza non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte di Giustizia medesima adotterebbero la medesima interpretazione del diritto eurounitario. Risulta, infatti, sufficiente, per escludere l'obbligo di rinvio pregiudiziale, che tale giudice maturi la convinzione che la stessa evidenza sulla interpretazione del diritto dell'Unione europea si imponga anche agli altri organi giurisdizionali di ultima istanza e alla Corte di Giustizia. Il caso
I quesiti posti all'attenzione della Corte di giustizia dell'Unione europea (“CGUE”) mediante il rinvio pregiudiziale operato dal Consiglio di Stato, traggono origine da una controversia afferente alla compatibilità con alcuni principi eurounitari di una abrogata normativa nazionale (ma vigente ratione temporis e rilevante per la definizione del giudizio principale) che, ai fini dell'ammissione al concorso notarile, richiedeva ai candidati di non essere stati dichiarati inidonei in tre precedenti concorsi.
Giova precisare che il Consiglio di Stato, sebbene si sia espresso sulla compatibilità della normativa nazionale oggetto del procedimento principale con il diritto dell'Unione, respingendone la richiesta di disapplicazione con sentenza non definitiva – non ritenendo applicabile alla professione di notaio l'art. 2, par. 4, della direttiva (CE) 2005/36 del Parlamento e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali – ha comunque ritenuto di sottoporre alla CGUE tre questioni pregiudiziali, di cui due di metodo e una di carattere propriamente interpretativo del diritto eurounitario (quest'ultima subordinata al vaglio negativo dei primi due quesiti). La questione
Il Consiglio di Stato ha sottoposto alla CGUE, mediante l'attivazione dello strumento processuale del rinvio pregiudiziale previsto dall'art. 267 TFUE, tre questioni pregiudiziali.
Le prime due questioni pregiudiziali possono essere definite di “metodo”, in quanto afferiscono al rapporto tra obbligo di rinvio pregiudiziale e i principi, di carattere internazionale e di rango costituzionale, di indipendenza del giudice e di ragionevole durata del processo.
In particolare, con il primo quesito pregiudiziale è stato chiesto alla CGUE se la corretta interpretazione dell'art. 267 TFUE imponga al giudice nazionale di ultima istanza l'obbligo di operare il rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto eurounitario rilevante nella controversia principale, nel caso in cui possa, da un lato, escludersi l'esistenza di un dubbio interpretativo sul significato da attribuire alla pertinente disposizione normativa di diritto dell'Unione, e, dall'altro, non possa provarsi in maniera circostanziata, sotto un profilo soggettivo relazionato con la condotta degli organi giurisdizionali degli altri Stati membri, che l'interpretazione fornita sia la stessa che avrebbero fornito gli altri giudici di ultima istanza e la stessa CGUE, ove investiti della medesima questione.
Con il secondo quesito pregiudiziale il Consiglio di Stato ha chiesto alla CGUE se sia possibile interpretare l'art. 267 TFUE nel senso di escludere che il giudice nazionale di ultima istanza, che si sia determinato nel senso di non operare il rinvio pregiudiziale, sia sottoposto, automaticamente o a istanza della parte che ha proposto l'azione giudiziaria, a un procedimento per responsabilità civile o disciplinare.
La terza questione pregiudiziale sottoposta alla CGUE, invece, presenta un carattere eminentemente interpretativo, essendo relativa alla compatibilità della normativa nazionale applicabile, ratione temporis, al concorso notarile rispetto al quale è sorta la controversia pendente dinanzi al giudice nazionale di ultima istanza, con i principi e le norme del diritto dell'Unione europea, quali quello di libertà di stabilimento, il principio di libera prestazione di servizi, le norme in materia di concorrenza, il principio di legittimo affidamento, il principio di proporzionalità e il principio di motivazione di cui all'art. 296, par. 2,TFUE. Le soluzioni giuridiche
La soluzione offerta dalla CGUE al primo quesito pregiudiziale si riannoda a principi di diritto già affermati in precedenti decisioni, in base ai quali è stato affermato che un giudice nazionale di ultima istanza può astenersi dal sottoporre alla Corte di giustizia una questione di interpretazione di una disposizione normativa eurounitaria, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora l'interpretazione corretta del diritto dell'Unione si imponga con tale evidenza da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio (cfr., da ultimo, CGUE, 6 ottobre 2021, C‑561/19).
La CGUE, in particolare, ha specificato che affinché il giudice nazionale di ultima istanza possa autonomamente risolvere una questione interpretativa del diritto dell'Unione – e, quindi, ritenere che l'opzione esegetica individuata non dia luogo ad alcun ragionevole dubbio – è necessario che tale organo giurisdizionale maturi il convincimento che la medesima evidenza ermeneutica si imponga, con riferimento alla medesima questione, anche agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e alla CGUE. In proposito, la CGUE ha anche chiarito che il giudice nazionale di ultima istanza non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata il convincimento raggiunto in ordine alla sussistenza della medesima evidenza interpretativa in capo ai giudici nazionali degli altri Stati membri e alla CGUE.
Tale processo richiede che il giudice nazionale operi una valutazione in base alle caratteristiche proprie del diritto dell'Unione, alle difficoltà particolari che la sua interpretazione presenta e al rischio di divergenze giurisprudenziali, prestando particolare attenzione alle versioni del testo normativo del diritto eurounionale vigenti in tutte le lingue dell'Unione, in modo che ne sia salvaguardata la uniforme applicazione.
La CGUE, ancora più in dettaglio, ha chiarito che la circostanza per cui sia possibile effettuare diverse letture di una disposizione del diritto dell'Unione, nessuna delle quali appaia sufficientemente plausibile al giudice nazionale alla luce del contesto e della finalità della disposizione normativa, nonché del sistema giuridico in cui la stessa si inserisce, non risulta di per sé idonea per ritenere sussistente un ragionevole dubbio esegetico che imponga la rimessione alla Corte di giustizia della questione interpretativa.
Secondo la CGUE, invece, l'esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, sia tra gli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro, sia tra organi giurisdizionali di Stati membri differenti, risulta sufficiente per concludere nel senso che vi sia un ragionevole dubbio interpretativo della disposizione normativa dell'Unione, tale da non consentire al giudice di ultima istanza di procedere autonomamente alla sua interpretazione ai fini della definizione del giudizio principale. Tale conclusione risulta coerente con l'esigenza primaria che del diritto dell'Unione sia garantita una uniforme applicazione in tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri.
La CGUE, dopo aver evidenziato che il procedimento principale riguarda l'annullamento di un decreto ministeriale che dispone l'esclusione di un candidato da un concorso per posti notarili e non già il sorgere della responsabilità civile e disciplinare del giudice nazionale di ultima istanza che non abbia operato il rinvio pregiudiziale della questione interpretativa alla Corte di giustizia, ha ritenuto irricevibile la seconda questione pregiudiziale per non avere, la stessa, alcun legame con il giudizio principale.
La CGUE, quanto al terzo quesito pregiudiziale, ha ritenuto che allo stesso non occorresse fornire alcuna risposta alla luce di quanto statuito in ordine alla prima questione pregiudiziale. Osservazioni
La CGUE, nel rispondere ai quesiti pregiudiziali formulati con il rinvio operato dal Consiglio di Stato, ha ribadito coordinate metodologiche già espresse in precedenti pronunce e che il giudice nazionale di ultima istanza deve seguire nel determinare se una questione interpretativa del diritto dell'Unione debba essere risolta sotto la propria responsabilità ovvero debba essere rimessa alla Corte di giustizia mediante l'attivazione dello strumento processuale del rinvio pregiudiziale di cui all'art. 267 del TFUE.
Le indicazioni di metodo ribadite dalla CGUE nella decisione in commento trovano il loro fondamento nella esigenza di garantire il rispetto della uniforme applicazione del diritto eurounionale. Ciò, oltre ad essere stato esplicitato dalla CGUE, emerge chiaramente anche dalle indicazioni fornite ai giudici nazionali di ultima istanza in ordine all'iter valutativo che deve essere seguito per stabilire se sussista o meno quel ragionevole dubbio ermeneutico che, a seconda dei casi, giustifichi la rimessione alla Corte di giustizia della questione interpretativa rilevante per la definizione del giudizio principale.
La Corte di giustizia, in particolare, ha inteso ancorare tale valutazione a specifici criteri, quali le caratteristiche proprie del diritto dell'Unione e il rischio di divergenze giurisprudenziali, traguardato alla luce della difficoltà interpretativa e delle differenti versioni del testo della disposizione normativa del diritto dell'Unione che viene in rilievo. Anche se la CGUE ha ritenuto irricevibile il secondo quesito pregiudiziale – in ragione della sua non afferenza al giudizio principale – le indicazioni fornite con la risposta al primo quesito pregiudiziale consentono comunque di trarre importanti elementi sul versante della responsabilità civile e disciplinare del giudice nazionale di ultima istanza che abbia escluso l'obbligo di operare il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, decidendo di risolvere la questione interpretativa del diritto dell'Unione sotto la propria responsabilità.
Dai chiarimenti forniti dalla CGUE può, infatti, inferirsi che siffatta tipologia di responsabilità non possa configurarsi laddove il giudice nazionale di ultima istanza fornisca una adeguata motivazione in ordine alla insussistenza di un ragionevole dubbio interpretativo della disposizione normativa eurounitaria, tenuto conto sia delle caratteristiche proprie del diritto dell'Unione, sia del rischio di divergenze giurisprudenziali.
Posto, dunque, che la questione della responsabilità dei magistrati che abbiano inteso escludere l'obbligo di rinvio pregiudiziale alla CGUE, si giochi tutta sul versante motivazionale, dalla pronuncia in commento può trarsi un ulteriore elemento che concorre a determinare il grado di analiticità che tale motivazione deve assumere – il che, per le ragioni anzidette, si riverbera direttamente sulle probabilità che i magistrati siano concretamente coinvolti in giudizi di responsabilità civile o disciplinare –.
La Corte di giustizia ha chiarito, infatti, che il giudice nazionale di ultima istanza, quando esclude la sussistenza di un ragionevole dubbio interpretativo del diritto eurounitario, non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la stessa CGUE adotterebbero la medesima interpretazione del diritto dell'Unione. Si tratta di un chiarimento rilevante nella prospettiva presa in considerazione, in quanto incide sullo standard motivazionale della decisione di non rinvio, impedendo che la mancanza di specifici argomenti su tale profilo possano essere strumentalmente dedotti tanto in sede disciplinare, quanto ai fini dell'esperimento dell'azione di responsabilità dalla parte che si assume danneggiata dalla mancata rimessione della questione alla Corte di giustizia.
Invero, solo in un caso il giudice nazionale di ultima istanza, che non ritenga sussistente alcun ragionevole dubbio interpretativo del diritto dell'Unione, è tenuto a motivare in maniera circostanziata la sua decisione, ossia quando intenda mantenere taluni effetti di un atto nazionale incompatibile con il diritto dell'Unione, alle condizioni enunciate dalla Corte di giustizia (cfr. CGUE, 28 febbraio 2012, C-41/11). |