Recesso convenzionale nella locazione
11 Settembre 2023
In un contratto di locazione, le parti inserivano la seguente clausola: “È in facoltà del conduttore recedere dal presente, a partire dal compimento del quarto anno, con un preavviso di almeno sei mesi e cioè potrà dare disdetta dal compimento del quarantaduesimo mese di locazione e lasciare i luoghi a partire dal quarantottesimo mese, quindi al compimento del quarto anno. Unica eccezione al punto è la possibilità di recesso, con preavviso di sei mesi, nel momento in cui il conduttore dovesse acquisire un'abitazione a [...omissis...]”. Le questioni sorte tra conduttore e locatore sono, in sintesi, le seguenti: in presenza di una clausola siffatta, che prevede una facoltà di recesso convenzionale per un motivo ben determinato, sussiste l'obbligo del conduttore di fare esplicito riferimento, nella comunicazione del recesso, a tale motivo? E ancora: il preavviso di sei mesi fa necessario riferimento all'avvenuto acquisto della stessa? Tanto il Tribunale, quanto la Corte d'appello, dando ragione alla parte conduttrice, sostenevano che:
Proposto ricorso per la cassazione della pronuncia d'appello da parte della locatrice, la Corte di legittimità riteneva quanto segue. La locazione, stante l'epoca di stipula, era, a norma dell'art. 1 L. 431/1998, soggetta alle disposizioni degli artt. 2 e 3 L. 431/1998, e fra esse all'art. 3 c. 6 L. 431/1998, che recita “Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi”. Pertanto, la prima parte della clausola era illegittima, in quanto intesa ad escludere (per i primi quattro anni) il recesso per gravi motivi a norma del citato art. 3 c. 6 L. 431/1998, potendo essere considerata legittima solo per la parte che comprendeva un recesso non assistito da gravi motivi. La seconda parte della clausola, invece, “si risolve in una sostanziale previsione convenzionale di recesso per un grave motivo” e dunque si limita a ripetere “la previsione di una fattispecie di recesso che sarebbe stata giustificabile alla stregua del citato art. 3, comma 6”. Se, dunque, è convenzionalmente vietato il recesso immotivato (cosa che, peraltro, risulta implicitamente anche dall'art. 3 c. 6 L. 431/1998, là dove consente solo il recesso “motivato” per gravi motivi) allora una manifestazione di recesso priva di motivazione esplicita (come quella ricevuta dalla locatrice nel caso di specie) deve necessariamente essere intesa – nel rispetto dei principi di interpretazione del contratto di cui agli artt. 1362,1366 e 1367 c.c. – come effettuata ai sensi della seconda parte della clausola contrattuale, ovvero come motivata dall'acquisto di un'abitazione da parte del conduttore, dato che il contratto prevedeva tale fattispecie come “unica eccezione”. Da ciò consegue che, ancorché debba ritenersi che il recesso ex art. 3 c. 6 L. 431/1998 – come già quello ex art. 4 c. 2 L. 392/1978 – fosse da esercitare con indicazione del grave motivo, il recesso esercitato nel caso di specie è da considerarsi legittimo. Anche con riferimento alla tesi, sostenuta dalla locatrice ricorrente, in forza della quale il preavviso di sei mesi per il recesso potesse decorrere solo dal momento dell'acquisto della nuova abitazione, la Corte mostra di essere di diverso avviso “perché l'esegesi della clausola trasformerebbe l'esercizio del recesso, comunque consentito con norma imperativa, in un negozio sottoposto al verificarsi di una condizione, appunto l'acquisto”. Prosegue la Corte: “Senonché, la formulazione letterale - là dove prima prevede il recesso con preavviso di sei mesi, e poi afferma che la relativa possibilità si configura ‘nel momento in cui il conduttore dovesse acquistare un'abitazione a [...omissis...] si presta ad essere intesa, atteso l'uso del congiuntivo, come se sottintendesse appunto una situazione di acquisto da verificarsi entro il semestre di preavviso, circostanza che si è verificata”. La Corte, pertanto, rigettava il ricorso proposto dalla locatrice. |