Rinvio pregiudiziale alla CGUE: inammissibile per le cooperative sociali non rientranti nella nozione di “associazioni senza scopo di lucro”

29 Agosto 2023

Il Consiglio di Stato condivide l'orientamento della Corte di giustizia UE in tema di cooperative sociali quali enti che non rientrano nella nozione di “organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro”, pertanto ritiene di non attivare il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE.
Massima

Risulta inammissibile la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE proposta in appello che sia materialmente identica ad altra questione, sollevata in relazione a fattispecie sostanzialmente analoga che sia già stata decisa in via pregiudiziale o, a maggior ragione, nell'ambito del medesimo procedimento nazionale.

In ogni caso, il giudice di ultima istanza non è tenuto ad interrogare la predetta Corte, nonostante l'obbligo (temperato) in tal senso di cui all' art. 267 TFUE, qualora una giurisprudenza consolidata della stessa risolva il punto di diritto di cui trattasi, quale che sia la natura dei procedimenti che hanno dato luogo a tale giurisprudenza, anche in mancanza di una stretta identità delle questioni controverse.

I ristorni distribuiti ai membri delle cooperative sociali sono assimilabili alla nozione onnicomprensiva di “utili” che vale a escludere tali soggetti dalla nozione di “organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro” cui è possibile l'affidamento diretto dei servizi di emergenza.

Il caso

Una cooperativa sociale, che espletava servizi di trasporto in ambulanza ed era affidataria di determinati servizi oggetto di un avviso esplorativo per il loro affidamento per gli anni a venire, proponeva ricorso in appello per chiedere la riforma della sentenza di primo grado che aveva respinto il gravame dalla stessa proposto avverso il menzionato avviso.

La procedura era riservata, ex artt. 57 d.lgs. n. 117/2017 e 104, comma 5, L.r. Umbria n. 11/2015, alle organizzazioni/associazioni di volontariato (OdV/AdV) di cui la cooperativa non aveva i requisiti.

La contestazione afferiva, per l'essenza, alla mancata equiparazione delle cooperative sociali alle organizzazioni o associazioni di volontariato (OdV/AdV). Il TAR dell'Umbria, con sentenza n. 775/2022, respingeva il ricorso ritenendolo infondato alla luce della recente pronuncia della Corte di giustizia UE del 7 luglio 2022 in C-213/21 e C-214/21 e giudicava manifestamente inconsistente il dubbio di illegittimità costituzionale delle disposizioni oggetto di censura per contrasto con gli artt. 10 e 117, primo comma, Cost.

In particolare, veniva disatteso il dubbio di costituzionalità non ravvisandosi, nella scelta del legislatore di riservare la selezione di cui all'art. 57 d.lgs. n. 117/2017 alle sole organizzazioni di volontariato, le lamentate violazioni del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto il differente trattamento delle cooperative sociali rispetto alle organizzazioni di volontariato risulta ragionevolmente fondato sulla scorta della diversità funzionale e organizzativa tra le due tipologie di enti.

Infatti, come emerge anche dalla sentenza della Corte Costituzionale, 15 marzo 2022, n. 72, le organizzazioni di volontariato hanno come scopo la promozione umana e l'integrazione sociale dei cittadini, senza scopo di lucro, mentre le cooperative sociali si basano sulla cooperazione e, quindi, su una forma lavorativa comune rivolta a provocare un vantaggio economico a coloro che fanno parte della cooperativa stessa, sicché solo l'organizzazione di volontariato non persegue, neppure in modo indiretto, un vantaggio economico per i suoi associati (Cons. Stato, sez. III, 22 novembre 2016, n. 4902; Cons. Stato, sez. III, 10 agosto 2016, n. 3615; Cons. Stato, sez. III, ord., 11 settembre 2020, n. 5313; TAR Ancona, sez. I, 15 aprile 2016, n. 244).

Avverso detta pronunzia di prime cure, la cooperativa proponeva appello criticando, oltre che la decisione del TAR, la sentenza della CGUE, 7 luglio 2022, C-213/21 e C-214/21, nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza dello scopo di lucro delle cooperative considerando che le stesse possono effettuare ristorni. Questi ultimi sarebbero stati equiparati erroneamente alla distribuzione di utili, non considerandosi che i ristorni attuano lo scopo mutualistico che non si configura come scopo di lucro. Inoltre, non sarebbe stato ben valutato il regolamento 1435/03/CE del Consiglio relativo allo statuto della società cooperativa europea, dove l'istituto dei ristorni sarebbe previsto in modo analogo al medesimo istituto giuridico italiano.

La cooperativa appellante chiedeva dunque un nuovo rinvio pregiudiziale alla CGUE per fornire chiarimenti sulla prefata sentenza, nonché, stante il principio dei controlimiti e stante la doppia pregiudiziale tra diritto interno ed unionale, la proposizione della questione di costituzionalità dell'art. 57 d.lgs. n. 117/2017 e dell'art. 104 L.r. Umbria n. 11/2015.

La questione

Il quesito essenziale cui la pronunzia in commento risponde riguarda la facoltà, concessa ai giudici nazionali, anche di ultima istanza, di non interrogare la Corte di giustizia UE quando la questione loro sottoposta risulti sufficientemente chiara alla luce della giurisprudenza eurounitaria.

Inoltre, era oggetto precipuo di causa la corretta qualificazione dei ristorni distribuiti ai membri delle cooperative sociali e la loro assimilazione, o meno, alla nozione onnicomprensiva di “utili”, ai fini della esclusione di tali soggetti dalla nozione di “organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro” cui è possibile a talune condizioni l'affidamento diretto dei servizi di emergenza, ai sensi della dir. 2014/24/UE, considerando 28 e art. 10, lett. h).

Le soluzioni giuridiche

Sotto il profilo del richiesto rinvio pregiudiziale, il Collegio osserva che le prospettazioni di parte appellante riguardo alla menzionata sentenza della Corte di giustizia UE si sostanziano in realtà in una contestazione nel merito delle conclusioni e statuizioni ivi contenute.

Nel caso in esame, infatti, la posizione della predetta Corte è chiara e inequivoca e la cooperativa appellante la critica sul piano formale per carenza motivazionale, poiché la stessa si sarebbe limitata a sostenere l'assunto come risulterebbe dalle osservazioni rese dalle controparti, e sul piano procedurale, in quanto la questione sarebbe stata decisa senza ritenere di fissare l'udienza di discussione in cui poter confutare le osservazioni depositate dalle controparti sull'errato concetto dei ristorni. Ulteriore critica alla menzionata sentenza riguarderebbe un errore afferente alla mancata considerazione del regolamento n. 1435/2003/CE del Consiglio del 22 luglio 2003, sotto il profilo della confusione tra ristorni e dividendi.

Ma si tratta, appunto, di non condivisione nel merito, non di rilevata incompletezza o scarsa chiarezza della sentenza. Da questo punto di vista la richiesta di nuovo rinvio al giudice europeo si appalesa inammissibile.

Complessivamente, quindi, ad avviso del Collegio, nella fattispecie poteva ritenersi che non vi fosse più alcun dubbio sulla corretta interpretazione del diritto eurounitario.

Invece, per ciò che concerne le tesi della cooperativa appellante sulla questione di legittimità costituzionale, viene condiviso il giudizio della sentenza di primo grado, alla cui stregua dovrebbe comunque riconoscersi prevalenza al diritto europeo – quale riveniente dall'interpretazione datane dalla Corte di giustizia – su quello interno, secondo quanto stabilito dallo stesso art. 117 Cost.

Nello specifico, viene disatteso il richiamo dell'appellante alla teoria dei “controlimiti”, tali da neutralizzare la primauté del diritto europeo, fra i quali dovrebbe rientrare la tutela dello scopo mutualistico delle società cooperative ex art. 45 Cost.

Infatti, in ossequio alla giurisprudenza della Corte costituzionale, i menzionati “controlimiti” vanno identificati in quei principi supremi e in quei diritti fondamentali che, connaturati all'ordinamento costituzionale dello Stato, segnano il confine oltre il quale non è ammesso alcun sacrificio del patrimonio costituzionale.

E nella questione in esame era da escludere che la questione potesse incidere su tale nucleo fondamentale del patrimonio costituzionale.

Infatti, l'interpretazione del diritto europeo della nozione di “organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro” in senso restrittivo, ai limitati fini dell'operatività dell'esclusione dall'applicazione della normativa eurounitaria in materia di contratti pubblici di alcune categorie di soggetti che, lato sensu e ad altri fini, potrebbero rientrare in tale nozione, non sembra in alcun modo poter incidere negativamente sui principi supremi dell'ordinamento costituzionale.

Infine, sulla scorta della giurisprudenza costituzionale, viene chiarito che, all'interno della più ampia categoria degli enti del Terzo Settore, sono possibili talune differenziazioni, che risultano costituzionalmente legittime qualora valorizzino il profilo della minore o maggiore possibilità di ricevere corrispettivi e di attribuirli ai partecipanti, ancorché in forma di ristorni (e non di utili).

Osservazioni

La pronunzia in commento è pienamente condivisibile.

Potrebbe forse, in futuro, meritare ulteriore approfondimento la statuizione di inammissibilità della domanda di rimessione alla Corte di giustizia UE di questione interpretativa, che nella sentenza che occupa sembra espressa in forma di obiter dictum.

In altre parole, si tratta di verificare se l'assioma dell'obbligo di rinvio pregiudiziale possa essere temperato, oltre che per mezzo dei (non pochi) criteri elaborati dalla predetta Corte, anche attraverso un parametro processuale interno, ossia il predetto giudizio di inammissibilità, valevole almeno nei casi di riproposizione testuale di una questione già esaminata in sede UE.

Al tempo stesso, in senso contrario alla predetta prospettiva, come peraltro viene notato nella medesima sentenza, potrebbe dirsi consentito dal diritto UE l'ulteriore rinvio con le medesime questioni, fondate però su argomenti diversi. Inoltre, a supporto di tale ultima impostazione, v'è da notare che il giudice nazionale ha comunque piena signoria sulla formulazione del quesito pregiudiziale, per cui non potrebbe trincerarsi dietro le carenze della proposizione di parte.

Quanto appena notato conduce poi ad una ulteriore riflessione in merito alla piena assunzione di responsabilità che, almeno in teoria, potrebbe dover caratterizzare le pronunzie di ultima istanza che omettano il rinvio pregiudiziale nei casi del genere di quello qui considerato.

Infatti, lo spirito dei principi costituzionali e UE in tema di giurisdizione potrebbe non consentire al giudice il mero passivo recepimento delle pronunzie della Corte.

Tuttavia, in senso contrario a quanto appena ipotizzato, va ricordato che la recente pronunzia (ordinanza della CGUE, 15 dicembre 2022, in C-144/22) sembra permettere al giudice di ultima istanza l'espressione delle ragioni del mancato rinvio anche senza circostanziare dettagliatamente la decisione.

Guida all'approfondimento

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