Valore probatorio del verbale della Commissione Medica nel giudizio risarcitorio

Redazione Scientifica
04 Settembre 2023

Il verbale della Commissione Medica nel giudizio risarcitorio non ha valore confessorio, ma fa prova ex art. 2700 c.c.

Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, nell'ambito di un giudizio di risarcimento del danno da lesioni per emotrasfusione, si sono pronunciate sul contrasto di giurisprudenza sull'efficacia probatoria della valutazione della Commissione medica ospedaliera, di cui all' art. 4 l. n. 210/1992, quanto al nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia.

In particolare, la questione sottoposta alle Sezioni Unite riguarda il valore di prova o di mero indizio da assegnare nel giudizio civile di risarcimento del danno al verbale della Commissione medica, che riconosce il nesso causale fra l'emotrasfusione e la patologia insorta ai fini della liquidazione dell'indennizzo ex lege n. 210/1992.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dal Ministero della salute riguardo il capo della sentenza impugnata che riteneva provato il nesso causale tra la trasfusione e l'insorgenza della patologia valorizzando il solo giudizio della Commissione medica ospedaliera, nell'ambito del procedimento ai sensi della l. n. 210/1992.

Il Giudice d'appello, sulla base del principio di diritto enunciato dalla Cassazionecon sentenza 15 giugno 2018, n. 15734, ritiene che se l'azione risarcitoria sia stata proposta nei confronti del Ministero, per cui le parti del giudizio coincidono con quelle del procedimento amministrativo di indennizzo, l'accertamento svolto dalle Commissioni mediche è imputabile allo stesso Ministero per il tramite di un suo organo, e, nel giudizio di risarcimento del danno il giudice deve ritenere provata la riconducibilità del contagio alla trasfusione.

La Suprema Corte ritiene che la questione sollevata non si esaurisce solo nel valore probatorio del verbale della Commissione medica, ma concerne anche l'incidenza nel giudizio civile di risarcimento del danno del riconoscimento in via amministrativa della prestazione assistenziale, e del giudicato formatosi fra le stesse parti sul diritto alla liquidazione dell'indennizzo ex lege n. 210/92.

Preliminarmente la Corte sottolinea la diversità fra il diritto all'indennizzo ex lege n. 210/1992 e quello al risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ., che l'ordinamento riconosce come concorrenti. Presuppongono entrambi un medesimo fatto lesivo, ossia l'insorgenza della patologia, ma l'azione di danno richiede anche che la trasfusione sia avvenuta senza le cautele e i necessari controlli a tutela della salute pubblica. L'indennizzo si fonda nel dovere di solidarietà sociale dell'art. 2 Cost. e valorizza i principi dell'art. 38 Cost., quanto alla protezione sociale della malattia e dell'inabilità al lavoro che altrimenti rimarrebbe esclusivamente a carico del danneggiato incolpevole.

Sul valore probatorio del verbale delle Commissioni mediche, la Corte ha confermato il principio di diritto enunciato dalla Cassazione con sentenza 11 gennaio 2008, n. 577, secondo cui al di fuori del procedimento amministrativo di concessione dell'indennizzo ex l. n. 210/92, fa piena prova ex art. 2700 c.c. solo limitatamente ai fatti avvenuti in sua presenza, così come ogni altro atto redatto da pubblico ufficiale.

Invece, quanto al giudizio espresso dalle Commissioni mediche la Corte ha rilevato che le stesse sono estranee all'organizzazione del Ministero e non agiscono quali suoi organi, ed ha affermato che è il medesimo giudizio è espressione di discrezionalità tecnica, non amministrativaed è privo di efficacia vincolante, sostanziale e procedimentale e di prova legale. Va esclusa la natura provvedimentale dell'accertamento sanitario, che è solo strumentale rispetto al procedimento di liquidazione dell'indennizzo in cui si inserisce per via della funzione di «certazione» attribuita alle Commissioni mediche, che vincola il Ministero solo nei limiti del procedimento in cui l'atto è inserito.

D'altro canto, sul provvedimento che dispone la liquidazione dell'indennizzo, con cui l'amministrazione si riconosce debitrice, la Corte ha valorizzato il presupposto dell'avvenuto accertamento positivo in sede amministrativa di tutti gli elementi costitutivi del diritto alla prestazione assistenziale, fra i quali rientra il nesso causale tra emotrasfusione e patologia indennizzata. Tale accertamento positivo pur non integrando una confessione stragiudiziale è sufficiente ad integrare una prova presuntiva ex art. 2729 c.c. e a ritenere provato, per tale via, il nesso causale. Di conseguenza, nel giudizio di danno l'attore per assolvere all'onere della prova può fare leva sull'accertamento del nesso causale compiuto in sede procedimentale, e il Ministero non si può limitare alla generica contestazione del nesso causale ed all'altrettanto generica invocazione della regola di riparto dell'onere probatorio.

In via conclusiva, la Suprema Corte a Sezioni Unite Civili ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello remittente e ha enunciato i seguenti principi di diritto:

a) nel giudizio risarcitorio promosso nei confronti del Ministero della Salute in relazione ai danni subiti per effetto della trasfusione di sangue infetto, il verbale redatto dalla Commissione medica di cui all'art. 4 l. n. 210/1992 non ha valore confessorio e, al pari di ogni altro atto redatto da pubblico ufficiale, fa prova ex art. 2700 c.c. dei fatti che la commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le diagnosi, le manifestazioni di scienza o di opinione costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice che, pertanto, può valutarne l'importanza ai fini della prova, ma non può attribuire allo stesso il valore di prova legale;

b) nel medesimo giudizio, il provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto all'indennizzo ex lege n. 210/1992, pur non integrando una confessione stragiudiziale, costituisce un elemento grave e preciso da solo sufficiente a giustificare il ricorso alla prova presuntiva e a far ritenere provato, per tale via, il nesso causale, sicché il Ministero per contrastarne l'efficacia è tenuto ad allegare specifici elementi fattuali non potuti apprezzare in sede di liquidazione dell'indennizzo o sopravvenute acquisizioni della scienza medica, idonei a privare la prova presuntiva offerta dal danneggiato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che la caratterizzano;

c) nel giudizio di risarcimento del danno il giudicato esterno formatosi fra le stesse parti sul diritto alla prestazione assistenziale ex lege n. 210/1992 fa stato quanto alla sussistenza del nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia ed il giudice del merito è tenuto a rilevare anche d'ufficio la formazione del giudicato, a condizione che lo stesso risulti dagli atti di causa.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.