Visita medica preassuntiva: legittimo il rifiuto di assunzione di un lavoratore idoneo con limitazioni

Federico Avanzi
06 Settembre 2023

Muovendo da una recente pronuncia del Tribunale di Roma, il contributo analizza le particolarità dei criteri e delle modalità per il reclutamento di personale nelle società a “partecipazione” pubblica, con particolare riferimento alla legittimità e agli effetti della visita d'idoneità alla specifica mansione c.d. “preassuntiva”, in specie già prevista all'interno dell'avviso-bando di selezione. Inoltre, vertendosi del ricorso promossa da un partecipante non assunto in quanto risultato solo parzialmente idoneo, si offre una valutazione critica e alternativa alla decisione di rigettare il ricorso, sia, per quanto concerne l'interpretazione delle fonti normative, che secondo il giudice capitolino inducevano a ritenere, come “esito” necessario alla costituzione del rapporto, un'abilità “piena e perfetta”, sia, per quanto riguarda la ritenuta, aprioristicamente, insussistenza di possibili profili in contrasto con il diritto antidiscriminatorio di matrice eurounitaria.
Massime

Ove nel CCNL, nell'Accordo Sindacale e nell'Avviso di selezione è scritto “idoneità” non si può interpretare la dizione utilizzata come “tutto ciò che non è inidoneo” sussistendo un accertamento intermedio consistente nella idoneità con limitazioni che è cosa diversa e distinta dalla semplice “idoneità”.

I doveri di mantenimento in servizio propri del datore di lavoro nel caso di sopravvenuta inidoneità del dipendente non possono estendersi alla fase precontrattuale ove alcun rapporto di lavoro ancora si è instaurato, potendo in tale momento l'imprenditore adeguare le proprie scelte alle migliori scelte di organizzazione imprenditoriale, libertà garantita e tutelata dall'art.41 Cost., le quali possono richiedere, per l'efficientamento massimo dell'attività, di instaurare rapporti con personale del tutto idoneo alle specifiche mansioni per cui viene assunto. Ed infatti, a tutelare i lavoratori parzialmente inabili, seppur con una percentuale prefissata per legge di invalidità, soccorrono le norme sulle assunzioni obbligatorie cui la stessa società convenuta è vincolata.

I fatti di causa

Con sentenza del 12 luglio u.s., il Tribunale di Roma si è pronunciato riguardo a una vicenda assai articolata che, tanto per i connotati soggettivi ossia, da una parte, una nota società in house del comune di Roma, sottoposta, dunque, alla disciplina ex d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (c.d. “T.U. società a partecipazione pubblica”), dall'altra, un aspirante lavoratore affetto da limitazioni fisiche (quindi, in potenza sussumibile nella nozione di handicap, così come da intendersi, in senso “ampio”, ai sensi del d.lgs. 9 luglio 2003, n. 216 e, a monte, dalla Dir. 2000/78/CE, mutuato a sua volta dalla Convenzione ONU del 13 dicembre 2006, ratificata con decisione 2010/48/CE), quanto per l'ambito oggettivo interessato dalla fattispecie sub iudice, cioè il diritto soggettivo all'assunzione nel corso di procedure fondamentalmente concorsuali (v. art. 19 T.U. cit.) e le eventuali preclusioni derivanti dagli accertamenti sanitari ex artt. 41 e 42 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (c.d. “T.U. salute e sicurezza), risulta certamente meritevole di approfondimento.

Tentando di offrire una ricognizione, ancorché sintetica, dei tratti salienti della pronuncia, basti, qui, evidenziare che, nell'iter di selezione per operatori ecologici qualificati, avviato con verbale di accordo aziendale del 3 agosto 2020 e successivo avviso di selezione del 13 novembre 2020, il candidato lavoratore, collocatosi utilmente in graduatoria, veniva sottoposto a visita d'idoneità c.d. “preassuntiva” ovverosia, così come previsto dal combinato disposto delle lettere a) ed e-bis) dell'art. 41 c. 2 d.lgs. n. 81/2008 cit., espletata in fase antecedente all'effettiva costituzione del rapporto (id est, sottoscrizione del contratto di lavoro).

In seguito agli accertamenti medici testé, il medico competente esprimeva il giudizio di «idoneo parzialmente con prescrizioni»; dichiarazione opposta dal ricorrente e che, in esito al ricorso esperito innanzi all'organo di vigilanza territorialmente competente, veniva rettificata in idoneità alla mansione specifica, ma con divieto di adibizione alla movimentazione manuale dei carichi con rischio maggiore di 1, calcolato sul c.d. modello di NIOSH (confermando, quindi, la necessità di limitare la prestazione contrattualmente esigibile).

Di talché, in difetto di una “piena” idoneità alle mansioni richieste, la società rifiutava di dar seguito all'assunzione del ricorrente.

La decisione

In brevis, il ricorso promosso da quest'ultimo e volto ad ottenere la costituzione giudiziale del rapporto (art. 2932 c.c.) o, in subordine, la condanna della convenuta al risarcimento del danno da inadempimento, non trovava accoglimento.

Nello specifico, prive di riscontro restavano le osservazioni mosse dal ex partecipante alla procedura di selezione, con riferimento alla ritenuta compatibilità della propria condizione con le mansioni “altre”, comunque ricomprese nel livello d'inquadramento proposto (1°B del C.C.N.L. di lavoro dei servizi ambientali sottoscritto da UTILITALIA, CISAMBIENTE, LEGACOOP PRODUZIONE E SERVIZI, A.G.C.I., CONFCOOPERATIVE LAVORO E SERVIZI, FP CGIL, FIT CISL, UILTRASPORTI e FIADEL), o il fatto di svolgere attività, alle dipendenze di altro datore di lavoro, in appalti di raccolta rifiuti commissionati proprio dalla società bandente, così come disattesa veniva la proposta interpretazione delle “fonti” regolanti la vicenda (art. 41 d.lgs. n. 81/2008, C.C.N.L., verbale di accordo e avviso-bando cit.) e per le quali non sarebbe risultato affatto necessario che «il lavoratore dovesse avere l'incondizionata idoneità fisica alla mansione specifica».

Per vero, il Tribunale capitolino riteneva le doglianze prive del dovuto fondamento, essenzialmente per tre, principali, ordini di ragioni: 1) la società, secondo il diritto - anche costituzionale (art. 41 Cost.) – vigente, era libera di fissare i requisiti necessari alla costituzione del rapporto, compreso la verifica d'idoneità alla mansione specifica, a nulla rilevando, di contro, il contenuto professionale ulteriore, potenzialmente ascrivibile al livello d'inquadramento contrattualmente previsto; 2) da preferire era l'interpretazione offerta dalla convenuta e per la quale l'avviso di selezione, con l'espressione «a seguito dell'accertamento dell'idoneità alla mansione specifica mediante visita medica preventiva» (Cfr. avviso-bando cit.), intendeva riferirsi a un'abilità «piena e perfetta», questo perché «qualora si fosse inteso assicurare il diritto all'assunzione in sede di selezione anche a chi era idoneo con limitazioni sia l'accordo sindacale che l'indicato avviso avrebbe dovuto prevedere anche tale secondo possibile esito di accertamento»; 3) sulla scorta di precedenti giurisprudenziali (sulla richiamo a C. Giust. 15 novembre 2016, causa C-258/15 e a Trib. Bologna 18 giugno 2013, R.G.L. 171/2013, si dirà in seguito), neppure erano ravvisabili profili di discriminazione (anche dalle sentenze riportate in motivazione, evidente il riferimento alla protezione dei soggetti portatori di handicap garantita dalla Dir. 2000/78/CE), posto che «a tutelare i lavoratori parzialmente inabili, seppur con una percentuale prefissata per legge di invalidità, soccorrono le norme sulle assunzioni obbligatorie cui la stessa società convenuta è vincolata [oltre a] rilevare come l'inabilità a specifiche mansioni non escluda la perfetta abilità per altro ruolo e mansioni, da cui la piena possibilità di accedere ad altro impiego».

Osservazioni a commento: contesto normativo e visita “preassuntiva”

Come anticipato, la sentenza in commento presenta diversi profili di interesse, primo fra tutti il contesto normativo di riferimento, all'interno del quale è poi possibile considerare i termini di legittimità - o meno - della proceduta visita ex art. 41 d.lgs. 81/2008 cit..

In via preliminare, occorre, dunque, evidenziare le peculiarità, in fase di reclutamento, dei vincoli procedurali imposti, nel tempo (a cominciare dall'art. 18 d.l. 25 giugno 2008, n. 112,conv., con modificazioni in l. n. 133/2008), alle società c.d. “partecipate” che, in ragione della loro genesi e funzione di soddisfare interessi generali, devono garantire «adeguata pubblicità della selezione, imparzialità, economicità e celerità di espletamento, meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire, rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori, composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza (ossia rinviando ai criteri previsti dall'art, 35, comma 3, del Testo Unico n. 165/2001)» (ex multis, Cass. 29 settembre 2022, n. 28330).

Trattasi, orbene, di un iter complesso (costituito da domanda di partecipazione, svolgimento corsi di formazione, test tecnici e/o di apprendimento ecc. Cfr. Cass. 3 gennaio 2023, n. 79) disciplinato all'interno dell'avviso-bando, il quale, «costituisce lex specialis della procedura medesima e le cui prescrizioni, configurando comunque un'offerta al pubblico a termini dell'articolo 1336 c.c., con l'intervenuta accettazione, [divengono] intangibili» (Cass. 3 gennaio 2023, n. 82).

Sicché, una volta soddisfatte tutte le condizioni ivi previste, il diritto all'assunzione si consolida nel patrimonio del partecipante, dovendo così valutarsi i comportamenti successivi della società bandente alla stregua dei principi civilistici in materia di inadempimento delle obbligazioni (per analogia alle procedure concorsuali delle P.A., Cass. 25 novembre 2020, n. 26838).

E con particolare riguardo all'accertamento medico sull'idoneità alle specifiche mansioni di «operatore ecologico qualificato», nel caso di specie, non vi è dubbio, per tabulas, che questo fosse parte, fin dal principio, della lex specialis, dovendo ritenersi, pertanto, del tutto consentita e, per ciò legittima, «anche prima della costituzione del rapporto di lavoro, […] la facoltà di disporre, a mezzo del proprio medico aziendale, un accertamento dell'idoneità del lavoratore a svolgere una specifica mansione [, restando al datore di lavoro] ovviamente precluso il potere di strumentalizzare l'accertamento preventivo al fine di eludere l'obbligo di assunzione» (Cfr. Cass. 2 dicembre 2005, n. 26238).

(Segue): il giudizio d'idoneità e l'interpretazione dell'avviso di selezione

Ad avviso di chi scrive, resta, invece, opinabile la decisione di accreditare, a discapito del ricorrente, l'interpretazione dell'avviso di selezione fornita dalla società convenuta, secondo cui l'obbligazione contrattuale sarebbe sorta, come detto, esclusivamente «nel caso di idoneità specifica alla mansione, da intendersi come piena e perfetta».

Non tanto sulla premessa argomentativa, che si ritiene corretta, di valutare, nel loro complesso, tutte le “fonti” rilevanti nella vicenda: infatti, basti pensare, da una parte, che il verbale di accordo costituisce l'obbligazione contrattuale assunta con le OO.SS. e rappresenta, nella sostanza, il fatto generatore dell'avviso di selezione; dall'altra, che il C.C.N.L. applicato, viene espressamente richiamato come normativa a regolazione del rapporto di lavoro, fin dalla fase precedente alla costituzione dello stesso («L'immissione in servizio si perfezionerà dopo la verifica di tutta la documentazione richiesta dall'azienda compreso quanto previsto all'art. 4 punto 5 del CCNL Utilitalia per i servizi Ambientali». Cfr. avviso-bando cit.).

E neppure sul procedere oltre il dato letterale, ritenuto dallo stesso Tribunale generico e abilitante entrambe le interpretazioni, dovendo, con ciò, adoperarsi dei tradizionali criteri dell'ermeneutica contrattuale (artt. 1324, 1362 e ss. c.c.) e citando, espressamente, quello «sistematico».

Bensì, dell'esito dell'analisi logico-sistematica compiuta dal giudicante che, in difetto di chiarezza sulla “volontà” celata negli atti in questione, sembra ignorare taluni passaggi del testo “nazionale” che, diversamente, deporrebbero a sfavore della conclusione, sostenuta in parte motiva e per la quale se «si fosse inteso assicurare il diritto all'assunzione in sede di selezione anche a chi era idoneo con limitazioni sia l'accordo sindacale che l'indicato avviso avrebbe dovuto prevedere anche tale secondo possibile esito di accertamento».

Infatti, tutta la disciplina contrattuale regolativa il «diritto dell'azienda di far constatare in ogni momento l'idoneità psico-fisica del lavoratore», sia per la fase costitutiva che per quella esecutiva e, soprattutto, estintiva del rapporto, prevedendo perfino la facoltà di procedere alla risoluzione dello stesso, utilizza, in modo esplicito nonché costante il concetto di “inidoneità” (v. artt. 4 e 44 del C.C.N.L. cit.), con evidenza più riferibile alle lettere c) e d), piuttosto che a) e b), dell'art. 41 c. 6 d.lgs. n. 81/2008 cit.

(Segue): i precedenti e la tutela antidiscriminatoria

In ultimo e quantomeno a livello di principio, sicuramente da censurare è la ritenuta assenza di discriminazione fondata dal Tribunale, per un verso, sulla normativa che legittima l'espletamento della visita anche in fase preassuntiva, per altro, sulla specifica tutela già prevista dalla l. 12 marzo 1999, n. 68 sul c.d. “collocamento mirato”.

Innanzitutto, discutibile si appalesa la scelta di alcuni dei precedenti richiamati a supporto della decisione: da una parte, la pronuncia della Corte di Giustizia del 15 novembre 2016 tratta della fattispecie, affatto diversa, di discriminazione in ragione dell'età (non superiore a 35 anni) dei bandi di concorso destinati all'assunzione degli agenti di polizia e che, secondo i giudici del Lussemburgo, trovano giustificazione nell'art. 4, p. 1 della Dir. 2000/78/CE, il quale prevede la possibilità degli «Stati membri [di] stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a una qualunque dei motivi di cui all'articolo 1 non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato»; dall'altra, il Tribunale di Bologna del 18 giugno del 2013 riteneva proprio discriminatorio, condannando al risarcimento del danno, il requisito della «incondizionata idoneità fisica» opposto a una lavoratrice, invalida civile, con limitazioni al lavoro notturno, poiché l'Azienda non aveva adottato gli accomodamenti ragionevoli normativamente richiesti (v. art. 2, p. 2, lett. b), ii) e art. 5 Dir. 2000/78/CE), in specie, l'adibizione al turno di lavoro nelle ore diurne.

Ora, detto che dalla sentenza in commento non emergono elementi utili a stabilire se il ricorrente potesse, in effetti, rientrare nella nozione di handicap e neppure in che misura il medesimo abbia, eventualmente e a prescindere dai giudizi di idoneità citati (come noto, sempre suscettibili di riesame giudiziale. Cfr., fra le molte, Cass. 28agosto 2003, n. 12637), allegato e provato la sua condizione, non si può discutere che al sussistere del fattore di rischio protetto, la partecipazione all'avviso di selezione avrebbe costituito un “momento” professionale rientrante nel campo di applicazione della direttiva e, segnatamente, all'art. 3, p. 1, lett. a) ossia «alle condizioni di accesso all'occupazione e al lavoro, […] compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione indipendentemente dal ramo di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione».

Cosicché, in consonanza con i dettami costituzionali che prescrivono, anche - e specialmente - in favore dei soggetti colpiti nella loro efficienza fisica o mentale, «il pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro» (C. Cost. 2 giugno 1983, n. 163), la società resistente sarebbe stata gravata dell'onere «di provare di aver adempiuto all'obbligo di “accomodamento” ovvero che l'inadempimento si dovuto a causa non imputabile» (Cass. 9 marzo 2021, n. 6497), poiché finanziariamente sproporzionato.

Per vero, in questo senso e sempre in ambito di procedure concorsuali, anche la Corte d'Appello di Trieste, di recente (sentenza 3 marzo 2023, n. 25), ha osservato come, se «la previsione del possesso della “piena idoneità fisica al posto da ricoprire e di assenza di limitazioni psico-fisiche alle funzioni ed al profilo di appartenenza” non può […] ritenersi contraria al principio di parità tra lavoratori, […] Nondimeno deve essere ricordato che la direttiva n. 78/2000/CE del 27 novembre 2000, art. 5, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, ha affermato l'obbligo di adottare “soluzioni ragionevoli”, ovvero di prende “provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro […]”», con la conseguenza che in caso di mancato assolvimento «dell'onere della prova in ordine alla irragionevolezza degli accomodamenti che avrebbero potuto essere adottati in relazione alla specifica tipologia di posto di lavoro […] dovrà essere accertata la natura discriminatoria, in base al fattore disabilità, del comportamento» datoriale.

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