Il sindacato del Giudice amministrativo in materia di revisione dei prezzi nei contratti pubblici

Francesca Dello Sbarba
07 Settembre 2023

Il commento analizza la sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 13 luglio 2023, n. 6847, nella quale è affrontato il tema della revisione del prezzo nei contratti pubblici: dalla sua attinenza alla fase esecutiva del contratto al tipo di sindacato che il Giudice amministrativo svolge in sede di giurisdizione esclusiva.
Massima

Nella revisione del prezzo nei contratti pubblici, materia ascritta alla giurisdizione amministrativa esclusiva, la discrezionalità dell'Amministrazione è affine a quella propria dei poteri civilistici del privato contraente ed è pertanto necessario che la cognizione del Giudice si estenda dall'atto al rapporto anche al di là della configurazione della domanda.

Lo schermo formale dell'atto si dequota ad elemento marginale poiché assume preminente rilievo il tema della base fattuale e giuridica della pretesa revisionale avanzata.

Il caso

Una società affidataria della fornitura di gas medicinali, tecnici e criogenici ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di primo grado che ha rigettato l'impugnazione del diniego opposto dal soggetto affidante all'istanza di revisione del prezzo fissato in convenzione.

La ricorrente aveva chiesto la modifica a cagione dell'addotto esponenziale incremento del costo dell'energia elettrica, assumendo a riferimento le pubblicazioni A. e allegando i dati forniti da G. e E.

Il provvedimento negativo è stato motivato sulla base della invariabilità dei prezzi prevista in convenzione e alla luce della ritenuta mancata produzione di elementi incontrovertibilmente probanti riferiti a prezzi standard rilevati dall'Autorità di settore competente.

Il TAR adito, preliminarmente acclarando la nullità della clausola convenzionale escludente ogni revisione del corrispettivo (per contrarietà all'art. 106, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 50/2016), ha rigettato il ricorso ritenendo comunque legittimo il provvedimento impugnato in quanto motivato sulla base dell'assenza di idonea prova circa la sussistenza dei presupposti suscettibili di comportare la richiesta revisione.

Il Giudice di primo grado ha concluso sottolineando la possibilità per la ricorrente di reiterare l'istanza e la doverosità, per la Stazione appaltante, di provvedere sulla stessa senza invocare la clausola convenzionale escludente la modifica dei prezzi.

La questione

Previamente sottolineata l'ascrizione della lite alla giurisdizione amministrativa esclusiva di cui all'art. 133, lettera e), n. 2, del c.p.a., la questione affrontata dalla decisione in commento è se nel sindacato di legittimità dei provvedimenti di diniego delle istanze di revisione dei prezzi nei contratti pubblici di durata, l'organo giudicante, alla luce della riscontrata inadeguatezza di un approccio puramente impugnatorio, debba estendere la propria cognizione dall'atto al rapporto anche al di là della configurazione della domanda, tenendo conto delle caratteristiche specifiche del sinallagma contrattuale e della ratio sottesa alla disciplina dell'istituto della revisione, anche al fine di individuare la base giuridica idonea a fondare e disciplinare la pretesa revisionale oggetto di causa.

Le soluzioni giuridiche

Il Consiglio di Stato inquadra la questione sottolineando che la revisione dei prezzi nei contratti pubblici rientra nella fase di esecuzione del contratto, con la conseguenza che la discrezionalità esercitata in quest'ambito dall'Amministrazione non è riconducibile all'esercizio di poteri autoritativi diretti al soddisfacimento dell'interesse pubblico, essendo invece affine a quella connessa ai poteri civilistici esercitati dal privato contraente nel contesto di un rapporto obbligatorio sinallagmatico di durata.

L'Amministrazione, cioè, sebbene sia tenuta all'osservanza di speciali regole sostanziali e procedimentali, agisce avvalendosi della discrezionalità propria del soggetto che, nell'esercizio dell'autonomia contrattuale, valuta le soluzioni più convenienti tra quelle (legittime) a sua disposizione.

Da ciò discendono sia la centralità del rapporto giuridico fondato sul contratto e caratterizzato dalla dinamica esecutiva, sia la natura di vizio funzionale del sinallagma propria dell'alterazione dell'equilibrio economico conseguente alla verificazione di sopravvenienze.

È necessario, quindi, che la cognizione del Giudice si estenda dall'atto al rapporto, risultando inappropriato un sindacato meramente incentrato sui vizi formali e procedurali del provvedimento gravato.

A fronte del preminente rilievo assunto dalla base fattuale e giuridica della pretesa avanzata, lo schermo formale dell'atto si riduce a elemento accessorio a prescindere dalla configurazione della domanda, poiché il tema della decisione e il tipo di sindacato che il Giudice deve svolgere sono determinati dal petitum sostanziale, incentrato sulla causa petendi.

Nel caso di specie, il tema della decisione è la pretesa sostanziale alla revisione dei prezzi fatta valere dalla società affidataria, che ha contestato il mancato esercizio, da parte del soggetto affidante, del dovere funzionale di istruire la relativa domanda; dovere che il TAR adito, dichiarando la nullità della clausola convenzionale contemplante la non rivedibilità dei corrispettivi, ha ritenuto sussistente.

Il punto è, tuttavia, in base a quale parametro normativo tale sussistenza è stata ritenuta: il Consiglio di Stato sottolinea come il primo Giudice, avendo acclarato l'invalidità della suddetta clausola per contrarietà all'art. 106, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 50/2016, che fa salva, per i contratti stipulati dai soggetti aggregatori, l'applicazione dell'art. 1, comma 511, della legge n. 208/2015, ha implicitamente ricondotto la fattispecie all'ambito di efficacia di tale ultima disposizione ed ha rigettato il gravame ritenendo che la ricorrente non avesse soddisfatto, nella propria domanda, le condizioni poste dalla disciplina speciale.

Il citato art. 106, comma 1, lettera a), tuttavia, afferma il supremo Collegio, non è applicabile al caso di specie per assenza del necessario presupposto costituito dalla previsione delle modifiche contrattuali “nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili” (ciò da cui discenderebbe, in caso di applicazione, la violazione del principio di immodificabilità delle condizioni di gara) e per la dubbia natura di beni indifferenziati delle forniture (gas medicali) oggetto del contratto (il menzionato art. 1, comma 511, prevede la revisione dei prezzi per i contratti pubblici relativi a servizi e forniture ad esecuzione continuata o periodica solo a condizione che “la clausola di revisione e adeguamento dei prezzi sia collegata o indicizzata al valore di beni indifferenziati”).

Così esclusa la riconducibilità della fattispecie all'art. 106, comma 1, lettera a) citato, neppure – e conseguentemente - può essere ritenuto legittimo il diniego di revisione motivato sulla base della mancata produzione del parere dell'Autorità di regolazione del settore o dell'AGCM, requisiti richiesti dalla disposizione non applicabile.

Se il parametro normativo di riferimento non è individuabile nella disposizione addotta dalla stazione appaltante a sostegno del proprio diniego, è allora necessario, anche al di là della configurazione della domanda, valutare la rinvenibilità di tale parametro altrove.

Il supremo Consesso giunge quindi a focalizzare l'attenzione sulla previsione di cui al comma 2 del medesimo articolo 106, ai sensi del quale è possibile la modifica dei contratti pubblici (senza necessità di una nuova procedura competitiva) nelle ipotesi in cui il valore della revisione risulti inferiore alle soglie legislativamente predeterminate.

Tuttavia, se tale disposizione risulta astrattamente idonea ad esplicare i propri effetti nel caso di specie, essa non è in concreto allo stesso applicabile in quanto la società appellante ha chiesto incrementi notevolmente superiori ai limiti posti.

Da tale argomentazione deriva l'accoglimento solo parziale dell'appello: poiché la domanda di revisione oggetto di causa è riconducibile al comma 2 dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, la sentenza gravata deve essere riformata nella parte in cui ha negato l'applicabilità di tale comma. Ciò, tuttavia, non comporta il riconoscimento della fondatezza della pretesa avanzata dall'appellante a conseguire gli aumenti richiesti (in quanto esorbitanti dai limiti previsti), bensì solo della possibilità per l'istante di rimodulare la propria domanda ai sensi della normativa di esatto riferimento.

Conclusivamente, la richiesta di revisione proposta dalla società affidante avrebbe comunque dovuto essere rigettata, ma in base ad una diversa motivazione: non a cagione dell'indimostrato incremento dei costi ai sensi dell'art. 106, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 50/2016, bensì a causa del superamento dei limiti imposti dall'art. 106, comma 2, del citato Codice dei contratti pubblici.

L'avvenuta individuazione del parametro normativo ritenuto corretto potrà orientare la società istante nella riformulazione della domanda.

Osservazioni

Il Consiglio di Stato, alla luce della dichiarata necessità di individuare la ratio della disciplina della revisione dei prezzi nei contratti pubblici, coglie l'occasione per analizzare le modifiche legislative intervenute in materia nel corso degli anni.

L'accento viene così posto sul fatto che, mentre la disciplina previgente (art. 44, commi 4 e 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e poi art. 115 del d.lgs. n. 163/2006) poneva l'obbligo della revisione periodica dei corrispettivi, previo raffronto con i prezzi di mercato standardizzati, Il codice del 2016 (cui riferirsi nel caso di specie) si è limitato a riconoscere la facoltà della relativa previsione, a condizione della inidoneità della stessa a produrre l'alterazione delle condizioni di gara, dovendo altrimenti essere esperita una nuova procedura competitiva.

La disamina dell'evoluzione normativa si conclude con il riferimento al nuovo Codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 36/2023, che ha riammesso a sistema l'istituto a cagione dell'esponenziale incremento dei costi dell'energia e delle materie prime derivato dalla crisi pandemica e dal conflitto bellico in Ucraina.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala R. Berloco, Sopravvenienze negli appalti pubblici, in Legislazione Tecnica, 2022.

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