Osservatorio sulla Cassazione – Luglio-Agosto 2023

La Redazione
11 Settembre 2023

Torna l'appuntamento mensile con l'Osservatorio, una selezione delle più interessanti sentenze di legittimità depositate nei mesi di Luglio e Agosto.

Bancarotta preferenziale per l'amministratore che si paga i compensi senza delibera

Cass. Pen. – Sez. V – 31 agosto 2023, n. 36416, sent.

Risponde di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione l'amministratore che, pur senza autorizzazione degli organi sociali, si ripaghi dei suoi crediti verso la società in dissesto relativi a compensi per il lavoro prestato, prelevando dalla cassa sociale una somma congrua rispetto a tale lavoro.

Società estinta: le sanzioni tributarie non si trasmettono ai soci

Cass. Civ. – Sez. V – 9 agosto 2023, n. 24316, ord.

L'estinzione della società, in conseguenza della cancellazione dal registro delle imprese, determina l'intrasmissibilità – tanto ai soci quanto ai liquidatori - della sanzione amministrativa tributaria, in applicazione del principio della responsabilità personale del contribuente, codificato dall'art, 2, comma 2, d.lgs. n. 472/1997.

Alle S.U. la questione relativa alla competenza sulla revocatoria ordinaria di un atto di scissione

Cass. Civ. – Sez. I – 9 agosto 2023, n. 24237, ord. interlocutoria

Viene rimessa alla Prima Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la causa che involge la seguente questione: se l'azione revocatoria, esperita ai sensi dell'art. 2901 c.c. o 66 l.fall., nei confronti di un atto di scissione societaria sia da ricomprendere nelle cause e procedimenti «relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario», di cui alla lett. a) dell'art. 3, comma 2, d.lgs. n. 168 del 2003, per i quali è stabilita la competenza delle Sezioni specializzate in materia di impresa, o se dette domande, non rientrando nell'ambito di applicazione della norma citata, siano soggette alla disciplina ordinaria sul riparto di competenze.

La qualificazione dei versamenti in conto futuro aumento di capitale

Cass. Civ. – Sez. I – 8 agosto 2023, n. 24093, sent.

Per versamenti in conto futuro aumento di capitale devono intendersi quelle dazioni di danaro dei soci a favore della società che non siano, tuttavia, definitivamente acquisite al patrimonio sociale, avendo uno specifico vincolo di destinazione, con la conseguenza che, ove l'aumento non sia operato, il socio avrà diritto alla restituzione di quanto versato, per essere venuta meno la causa giustificativa dell'attribuzione patrimoniale da lui eseguita in favore della società, quale ripetizione dell'indebito.

Per qualificare la dazione come versamento in conto futuro aumento di capitale, l'interprete deve verificare che la volontà delle parti di subordinare il versamento all'aumento di capitale risulti in modo chiaro ed inequivoco, utilizzando, all'uopo, indici di dettaglio (quali l'indicazione del termine finale entro cui verrà deliberato l'aumento, il comportamento delle parti, eventuali annotazioni contenute nelle scritture contabili o nella nota integrativa al bilancio, clausole statutarie), e, comunque, qualsiasi altra circostanza del caso concreto, capace di svelare la comune intenzione delle parti e gli interessi coinvolti, non essendo, all'uopo, sufficiente la sola denominazione adoperata nelle scritture contabili.

La rilevanza dell'invito a nominare l'arbitro ai fini dell'invalida costituzione del collegio arbitrale

Cass. Civ. – Sez. I – 7 agosto 2023, n. 23974, sent.

In tema di arbitrato, ai fini della verifica del raggiungimento dello scopo dell'atto che contiene l'invito all'avversario di procedere alla designazione dei propri arbitri, reso noto senza il rispetto delle forme previste per la notificazione degli atti nel processo civile, il giudice è chiamato ad accertare non solo che l'atto sia stato portato a conoscenza del destinatario, ma anche che tale conoscenza sia intervenuta in tempo utile a consentire a quest'ultimo l'esercizio del diritto di scelta del proprio arbitro.

Morte del liquidatore: occorre la nomina di un curatore speciale

Cass. Civ. – Sez. I – 7 agosto 2023, n. 23909, ord.

Il decesso dell'unico liquidatore non comporta la reviviscenza dei poteri di rappresentanza precedentemente spettanti agli amministratori, ma priva la società del legale rappresentante, fino a quando non si provveda alla sua sostituzione ai sensi dell'art. 2487 cit., da parte dell'assemblea o, su richiesta degli amministratori, dei sindaci o dei singoli soci, da parte del tribunale. Pertanto, la proposizione della domanda giudiziale volta a far dichiarare il fallimento della società in liquidazione dev'essere preceduta, anche nel giudizio ordinario, dalla nomina di un curatore speciale ai sensi dell'art. 78 c.p.c., determinandosi altrimenti la nullità dell'atto di citazione ad essa diretto e del processo conseguentemente svoltosi in sua assenza, per impossibilità di valida instaurazione del contraddittorio e lesione del diritto di difesa.

La prescrizione per l'azione di responsabilità del curatore decorre dal fallimento

Cass. Civ. – Sez. I – 3 agosto 2023, n. 23659, sent.

L'azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 c.c. promossa dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall. (nel testo vigente prima della riforma avvenuta con il D.Lgs. n. 9 gennaio 2006, n. 5, applicabile ratione temporis) è soggetta a prescrizione che decorre dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti (e non anche dall'effettiva conoscenza di tale situazione), che, a sua volta, dipendendo dall'insufficienza della garanzia patrimoniale generica (art. 2740 cc), non corrisponde allo stato d'insolvenza di cui all'art. 5 l.fall., derivante, in primis, dall'impossibilità di ottenere ulteriore credito. Sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando pertanto all'amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale.

La s.n.c. non iscritta nel r.i. non si estingue ma diventa irregolare

Cass. Civ. – Sez. II – 1 agosto 2023, n. 23418, sent.

In tema di effetti della cancellazione di una società di persone sui rapporti negoziali con i terzi, la mancata iscrizione nel registro delle imprese (ossia del mancato transito dal registro delle ditte al registro delle imprese), comporta che una società in nome collettivo non si estingua, ma divenga irregolare, ossia equiparabile ad una società di fatto, con applicazione della normativa sulla società semplice.

Notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento a società cancellata

Cass. Civ. – Sez. I – 1 agosto 2023, n. 23322, ord.

In caso di società già cancellata dal registro delle imprese, il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere notificato, ai sensi dell'art. 15, comma 3, l. fall., all'indirizzo di posta elettronica certificata della stessa in precedenza comunicato al registro delle imprese.

Anche l'imprenditore di fatto può essere penalmente responsabile

Cass. Pen. – Sez. III – 31 luglio 2023, n. 33410, sent.

Quando la fattispecie incriminatrice fa riferimento alla “titolarità” dell'impresa, non intende riferirsi solo alla persona (formalmente) iscritta nel registro delle imprese, ma anche a chi sia titolare (ed eserciti) attività (di fatto) imprenditoriali, anche se non registrate e sconosciute al Fisco. Sicché, autore della condotta può essere tanto l'imprenditore, quanto colui che eserciti, di fatto, una delle attività indicate dagli artt. 2135 e 2195 c.c. Nel primo caso (imprenditore “formale”) è sufficiente, anche a fini di prova, la qualifica di imprenditore (indipendentemente dall'attività svolta dall'impresa, non essendo il reato circoscritto ai soli titolari di imprese che svolgono le attività di gestione di rifiuti di cui al comma 1 dell'art. 256, comma 2, n. 152 del 2006; Sez. 3, n. 19969 del 2017, cit.); nel secondo caso (imprenditore “di fatto”) è necessario l'accertamento della riconducibilità del fatto allo svolgimento di una attività imprenditoriale e comunque non occasionale e posta in essere con un minimo di organizzazione.

Per la prescrizione dell'azione di responsabilità può rilevare anche il bilancio sociale

Cass. Civ. – Sez. I – 28 luglio 2023, n. 23052, sent.

L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società di capitali, spettante, ai sensi degli artt. 2394 e 2407 c.c., ai creditori sociali, ed altresì esercitabile dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall., è soggetta a prescrizione quinquennale decorrente dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto, non richiedendosi, a tal fine, che essa emerga da un bilancio approvato dall'assemblea. Tuttavia, l'insufficienza patrimoniale, rilevante ai fini del decorso della prescrizione quinquennale, può risultare anche dal bilancio sociale che costituisce, per la sua specifica funzione, il documento informativo principale sulla situazione della società non solo nei riguardi dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi in genere.

Concorrenza illecita per l'accomandatario, titolare di un rapporto di agenzia, che recede e si trasferisce il portafoglio clienti

Cass. Civ. – Sez. I – 28 luglio 2023, n. 23010, sent.

Ai sensi dell'art. 2301 c.c., integra attività di concorrenza illecita, rilevante ai fini dell'azione di responsabilità per i danni cagionati alla società, la condotta dell'accomandatario di una società di persone titolare di rapporto di agenzia di assicurazioni, allorché egli, dopo aver disdetto a nome della società il contratto di agenzia da essa intrattenuto, lo abbia poi assunto in proprio, procurando il trasferimento del portafoglio in capo ad una nuova società a lui riferibile, senza che il legittimo recesso dell'unico accomandatario, titolare del requisito della iscrizione all'albo degli agenti di assicurazione, possa in sé escludere l'esistenza di un danno, solo perché valido ed efficace; la quantificazione del danno, così cagionato, va accertata dal giudice del merito, anche a mezzo di c.t.u., secondo i metodi di valutazione del reddito aziendale prospettico, tenuto conto della differenza fra l'ammontare complessivo dei mancati ricavi e quello dei costi non sostenuti, che la società avrebbe conseguito o sopportato, in mancanza della condotta di illecita concorrenza.

L'imprenditore cancellato dal r.i. non è consumatore o professionista

Cass. Civ. - S.U. – 27 luglio 2023, n. 22699, decr.

L'imprenditore cancellato dal registro delle imprese non può fare ricorso al concordato preventivo, né al concordato minore, né all'accordo di ristrutturazione: la qualifica di consumatore o di professionista si assume in base alla natura delle obbligazioni che intende ristrutturare e che sono state assunte in un passato più o meno recente.

Profili di responsabilità di un A.T.I.

Cass. Civ. – Sez. II – 18 luglio 2023, n. 20900, sent.

Alla luce del disposto di cui al D.Lgs. n. 406 del 1991, art. 26, il quale prevede la possibilità per le imprese facenti parte di una associazione temporanea di imprese, di costituire una società anche consortile per l'esecuzione totale o parziale dei lavori, facendo tuttavia salva la responsabilità delle medesime imprese riunite, deve ritenersi che delle obbligazioni assunte dalla società costituita per l'esecuzione dei lavori risponda non solo la società medesima entro i limiti del proprio capitale, ma anche, in presenza dei presupposti di operatività della Legge n 109 del 1994, art. 13, comma 2, la capogruppo o mandataria, in quanto la limitazione di responsabilità di cui gode la società costituita ex d.lgs. n. 406 del 1991, art. 26, non vale ad escludere l'ulteriore specifica forma di responsabilità contemplata dalla legge a favore di subappaltanti e fornitori

Sì alla revocatoria del conferimento di beni in società

Cass. Civ. – Sez. III – 14 luglio 2023, n. 20232, sent.

È ammissibile l'azione revocatoria avente ad oggetto il negozio di conferimento di beni in società: esso, infatti, non riguarda la validità del contratto costitutivo della società e, quindi, non interferisce col disposto dell'art. 2332 c.c. (anche nella formulazione post riforma), concernente la nullità del negozio societario e non i vizi della singola partecipazione (che restano regolati dalle norme generali); inoltre non intacca il principio di separazione del patrimonio societario da quello dei soci (dato che il bene oggetto di revocatoria non rientra nel patrimonio del debitore se il conferimento è dichiarato inefficace nei confronti del suo creditore), né incide sulla disciplina della trascrizione (la quale tutela gli aventi causa dell'acquirente diretto e, dunque, non la società che riceve il conferimento).

Per essere deducibile il TFM deve essere autorizzato e quantificato

Cass. Civ. – Sez. Trib. – 10 luglio 2023, n. 19445, ord.

La deducibilità degli accantonamenti del trattamento di fine mandato (TFM) di competenza di ciascun esercizio è soggetta alla disciplina di cui all'art. 105 d.p.r. n. 917/1986 e a tali fini il diritto all'indennità deve risultare da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto. Come dal punto di vista civilistico, il compenso pagato senza una delibera preventiva non può essere ricollegato alla volontà dell'assemblea, che, ai sensi dell'art. 2389 c.c., è l'unica a poterlo determinare, così, sotto il profilo tributario, il costo, ai fini della deducibilità, deve avere i requisiti di certezza e di determinabilità richiesti dall'art. 109 d.p.r. n. 917/1986. Ne consegue che, in assenza di un espresso atto assembleare di determinazione non soltanto del generico diritto dell'amministratore alla percezione del TFM, ma anche del suo ammontare annuo, di data certa anteriore all'inizio del rapporto, conforme allo schema legale del procedimento di formazione della volontà assembleare dei soci, l'onere sostenuto dalla società risulta deducibile nell'esercizio di erogazione dell'indennità di fine mandato (ossia per cassa).

Bond argentini: obblighi informativi stringenti per l'intermediario

Cass. Civ. – Sez. I – 6 luglio 2023, n. 19104, sent.

In tema di intermediazione finanziaria, l'obbligo di informazione attiva, posto a carico dell'intermediario ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. b), e dell'art. 28, comma 2, reg. Consob n. 11522 del 1998, secondo la disciplina previgente al D.Lgs. n. 164 del 2006, impone all'intermediario di fornire informazioni non generiche sulla specifica operazione che l'investitore intende compiere, sicché, in caso di acquisto di obbligazioni di uno Stato straniero, deve fornire informazioni sul grado di rischio di insolvenza di tale Stato, derivante dalle condizioni dell'emittente e dalle prospettive future dello stesso, aggiornate al momento in cui è compiuta l'operazione, eventualmente facendo ricorso agli indici di valutazione delle principali agenzie di rating.