Responsabilità del notaio nell'enunciazione di atti soggetti a registrazione: il finanziamento soci

14 Settembre 2023

Si approfondisce il tema della responsabilità fiscale del notaio nell’ambito dell’imposta di registro, prendendo spunto da una pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, secondo la quale il notaio è responsabile in solido con le parti per il pagamento dell’imposta di registro in caso di enunciazione di un contratto di finanziamento all’interno di una delibera assembleare.

Massima

In tema di imposta di registro, qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extra testuali né valutazioni interpretative particolarmente complesse, purché trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, gli effetti dei medesimi, non siano già cessati o cessino con l'atto che li enuncia, l'imposta di registro dovuta per tali atti, in virtù della previsione di cui art. 22 DPR 131/1986 deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell'autoliquidazione, l'Ente impositore può emettere un avviso di liquidazione ai sensi dell'art. 42 c. 1 DPR 131/1986 e dell'art. 3 ter c. 1 D.Lgs. 463/1997. In tal caso il notaio, ai sensi dell'art. 57 c. 1 DPR 131/1986, che ha ricevuto l'atto enunciante, pur in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell'imposta solidalmente con le parti dell'atto stesso.

Fatti di causa

Il caso da cui scaturisce la decisione in oggetto riguardava un verbale di assemblea straordinaria dei soci di una s.p.a. nella quale era stato deliberato l'aumento del capitale sociale, anche mediante rinuncia di uno dei soci, per l'importo di Euro 93.000, ad un proprio credito, già contabilmente appostato quale "finanziamento" alla società, con contestuale estinzione per equivalente del più ampio debito per tale titolo della società.

La CTR osservava che:

  • nel rogito si erano "enunciati", ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 22 DPR 131/1986, il contratto di finanziamento alla società e la parziale rinuncia al credito di restituzione relativo;
  • per l'imposta proporzionale di registro così generata doveva rispondere, anche, il notaio rogante, come preteso con l'atto impositivo impugnato.

Ciò posto, secondo l'Agenzia delle Entrate, il ricorrente deve considerarsi debitore solidale, in quanto responsabile di imposta, per il pagamento delle imposte proporzionali di registro relative a due atti "enunciati" nell'atto rogato (verbale di assemblea straordinaria societaria) ossia il contratto di finanziamento infruttifero del socio D.M. alla s.p.a. e la remissione parziale del correlativo debito, contestualmente imputato a sottoscrizione dell'aumento di capitale (oggetto della deliberazione di detta assemblea) da parte dello stesso D.M.

Tali pretese, secondo la Suprema Corte, risultano fondate. In tale, diverso, caso però l'imposta richiesta avrebbe chiara natura di imposta "complementare", in quanto fondata non sulla rettifica de plano dell'imposta autoliquidata, ma sulla contestazione di essa, con la determinazione autoritativa di un maggior credito tributario correlato al presupposto.

Nel caso concreto, invece, per dette caratteristiche oggettive degli atti "enunciati", deve affermarsi che l'atto impositivo estrinseca una pretesa creditoria che, di per sé, deve essere ascritta alla categoria dell'imposta di registro principale, sicché ne risulta pienamente legittima la forma prescelta.

In secondo luogo le parti dell'atto enunciante e dell'atto enunciato devono considerarsi le medesime ossia la società ed i suoi soci nell'uno e nell'altro caso, dovendosi in questo particolare contesto impositivo attribuire al termine "parte", utilizzato dall'art. 22 DPR 131/1986, un significato lato e sostanziale, stante la chiara ratio antielusiva della disposizione legislativa.

Ampia e condivisibile è in tal senso la giurisprudenza di legittimità (Cass. 8 febbraio 2023 n. 3839 e 3841, anche per i riferimenti ad un orientamento ermeneutico consolidato).

Pur a fronte della correlativa contestazione dottrinale e della perplessità in ordine alla questione manifestata nell'ordinanza interlocutoria di rimessione, la Cassazione ritiene quindi che il dato normativo letterale "parti intervenute nell'atto che contiene l'enunciazione" debba essere interpretato nel senso, appunto, lato e non "contrattualistico", di soggetti rispetto ai quali si realizzano gli effetti degli atti contenuti nell'atto di "emersione", così, peraltro, attribuendo al verbale di assemblea straordinaria societaria la sua funzione "propria", che è appunto quella di un resoconto di avvenimenti storici al quale il notaio attribuisce, per legge, fede pubblica (si veda Cass. 8 febbraio 2023 n. 3839).

Nel caso in esame (ed in quelli omologhi) si deve, pertanto, affermare che la presenza dei soci in assemblea giuridicamente "contiene" la loro, anche individuale, qualità di "parte" degli atti "enunciati" (in relazione ad essi, in senso tecnico negoziale), secondo il canone logico ermeneutico del "più che comprende (necessariamente) il meno" e, allo stesso tempo, secondo la ratio antievasiva dell'art. 22 DPR 131/1986. Sotto questo profilo va soggiunto che non vi è alcuna "terzietà" dei soci che non sono "parti" degli atti emersi, posto che gli stessi esplicano effetti patrimoniali favorevoli per la società partecipata, sicché senz'altro anche a loro, pur in via mediata, deve essere riferito il correlato indice di capacità contributiva, conformemente al principio generale di cui all'art. 53 Cost.

Peraltro in questo giudizio, più specificamente, è in contestazione la responsabilità fiscale del ricorrente, quale notaio che ha rogato l'atto "enunciante". Al fine di dirimere giuridicamente tale questione non è, dunque, sufficiente affermare l'applicabilità dell'imposta di registro agli atti "enunciati" in detto atto, ma è necessario stabilire se questo titolo impositivo rientri nel perimetro applicativo delle disposizioni legislative che configurano e delimitano l'obbligazione solidale del notaio in relazione all'imposta medesima. Per un verso infatti l'art. 22 DPR 131/1986 non determina - in astratto - di quale "tipo" di imposta di registro si tratta nel caso della tassabilità di atti per "enunciazione", per altro verso la responsabilità d'imposta del notaio, fondata sull'art. 57 DPR 131/1986, da tale disposizione legislativa è tuttavia limitata all'imposta di registro "principale", escludendosene quella "suppletiva" e quella "complementare". Risulta perciò dirimente la qualificazione dell'imposta pretesa con l'atto impositivo impugnato ed è quindi decisiva l'ermeneutica "in concreto" dell'art. 42 DPR 131/1986 che è appunto la "norma base" che guida tale qualificazione giuridica, in stretta correlazione con quella dell'art. 22 DPR 131/1986.

Orbene, ritiene il Collegio che nel caso di specie la pretesa creditoria erariale va intesa a titolo di imposta principale di registro.

Finanziamento soci: fattispecie

Il finanziamento dei soci consiste in un accordo tra i soci e la società, non dipendente dalla quota di partecipazione e liberamente concordabile senza la necessità di una delibera assembleare.

Si perfeziona con un accordo, preferibilmente in forma scritta, che determina modi e tempi di versamento e restituzione delle somme. Possono essere fruttiferi o non fruttiferi.

Il finanziamento soci fruttifero è l'equivalente di un prestito (ovvero, di un debito per la società) che deve essere rimborsato con applicazione di un tasso di interesse.

Questa caratteristica lo rende simile a qualsiasi altro finanziamento bancario, dal quale si differenzia però per il tasso di interesse applicato, generalmente più basso rispetto al prestito bancario, e per i tempi e la facilità di erogazione, più adeguato dunque alle esigenze di ottenere rapidamente la necessaria liquidità.

Il finanziamento soci infruttifero può coincidere, alternativamente, con un versamento a fondo perso in favore della società oppure con un prestito privo di interessi. Nel primo caso, il versamento non ha carattere di debito, e va ad aumentare il valore del patrimonio netto nello stato patrimoniale. Questo potrebbe creare una similitudine con il conferimento di capitale, dal quale però si distingue perché il versamento non porta a un aumento delle quote del capitale sociale e, dunque, non determina la modifica dei patti sociali. Non essendo richiesta una particolare forma ad substantiam per eseguire tale dazione di denaro, si pone il problema della sua tassazione e della successiva enunciazione, oggetto di questo contributo.

Va rilevato in tal senso anzitutto che nel caso di specie gli atti "enunciati" oggetto della ripresa fiscale non sono scritti, ma verbali, non risultando altrimenti la prima forma e peraltro non essendo la medesima imposta dalla legge ad substantiam; altresì pacifico è che, come tali, non si tratta di atti per i quali il notaio rogante ha prestato direttamente il proprio ministero, ma appunto invece li ha solo "formalizzati" (ricevuti) nel verbale di assemblea straordinaria societaria de quo. Si è - condivisibilmente - affermato nella giurisprudenza della Cassazione che l'art. 22 DPR 131/1986, pone tre presupposti per la sua applicabilità ossia l'autonomia giuridica oggettuale dell'"enunciazione" (delle disposizioni enunciate), l'identità delle parti dell'atto "enunciante" e dell'atto "enunciato", la permanenza degli effetti di quest'ultimo (si veda da ultimo Cass. 8 febbraio 2023 n. 3839Cass. 8 febbraio 2023 n. 3841Cass. 12 dicembre 2019 n. 32516 e Cass. 30 giugno 2010 n. 15585).

La valutazione di detti presupposti si pone dunque come questione pregiudiziale alla soluzione del caso in esame. In tal senso va in primo luogo rilevato che, come accertato in fatto dal giudice tributario di appello, gli atti emersi nel rogito de quo hanno forma e contenuto del tutto chiari, che pertanto la loro enunciazione deve considerarsi giuridicamente autonoma ed anche autosufficiente. Si tratta invero di un finanziamento soci, corrispondente al tipo contrattuale del mutuo, da un lato, di una parziale rinuncia al correlato credito di restituzione, da un altro. Tali atti risultano dunque apprezzabili ab intrinseco, senza ulteriori accertamenti di fatto o comunque extratestuali né valutazioni di particolare complessità giuridica, ché altrimenti, quantomeno, si renderebbe necessaria l'adozione di una forma provvedimentale impositiva diversa da quella adottata in concreto (avviso di liquidazione) ossia l'emissione di un avviso di accertamento (in tal senso: Cass. 1 marzo 2022 n. 6617, Cass. 24 giugno 2021 n. 18113, Cass. 7 giugno 2019 n. 15450).

Imposta principale, complementare e suppletiva

Il notaio riveste un ruolo particolare con riguardo agli obblighi di pagamento dell'imposta di registro sugli atti che redige o autentica. Tecnicamente il notaio è un responsabile di imposta, obbligato in solido con le parti dell'atto notarile, effettivamente tenute al pagamento.

Il responsabile di imposta si differenzia quindi dal sostituto di imposta che è, invece, tenuto, in via esclusiva, a versare le imposte per conto del contribuente (per esempio il datore di lavoro è sostituto di imposta che versa al Fisco le trattenute fiscali operate sulla busta paga del dipendente).

Il notaio, invece, oltre ad avere l'obbligo di registrazione di un atto, è obbligato al pagamento dell'imposta di registro insieme alle parti. Si tratta di un'obbligazione solidale. L'Agenzia delle Entrate può quindi notificare l'avviso di liquidazione solo al notaio, e, se questi paga, deve poi rivalersi sulle parti.

la legge limita la responsabilità del notaio rogante al pagamento della sola imposta principale; egli non ha invece alcuna responsabilità alcuna per l'imposta complementare e suppletiva.

Nel campo dell'attività di accertamento delle imposte sui trasferimento è possibile fare la distinzione tra imposte principali (connesse alla liquidazione del tributo sulla base dei valori dichiarati dal contribuente), quelle supplementari (connesse all'eventuale rettifica dei valori dichiarati dal contribuente), ed infine quelle suppletive che sono connesse alla possibile correzione degli errori commessi dall'ufficio in sede di iniziale applicazione del tributo.

Per quanto riguarda le responsabilità tributarie è previsto che la responsabilità dei pubblici ufficiali (notai, cancellieri, ecc.) non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive; inoltre, in deroga al principio della solidarietà delle parti contraenti per il pagamento dell'imposta, l'imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti è a carico soltanto di quest'ultima.

Non può esservi dubbio circa l'estraneità del professionista rispetto al "presupposto" di tale imposta, essendo chiaro che lo stesso va riferito - esclusivamente - ai soggetti che a lui si rivolgono per ottenerne il ministero, in quanto "parti" degli atti notarili richiesti, che quindi sono gli unici ad assumere la qualità di "soggetti passivi" - in senso stretto - dell'imposta medesima (tra le molte, Cass. 19 agosto 2020 n. 17357, Cass. 12 marzo 2015 n. 5016).

Al notaio va invece attribuita la qualifica di "responsabile di imposta" (Cass. 24 marzo 2022 n. 9538), assumendo la posizione di "Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento dell'imposta insieme con altri, per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi" (secondo la concettualizzazione normativa generale di cui all'art. 64 c. 3 DPR 600/1973). Pacificamente tale situazione giuridica soggettiva passiva, ingenerante una obbligazione solidale "dipendente" (tra le molte Cass. 21 giugno 2016 n. 12759, Cass. 24 giugno 2021 n. 18113), trova fondamento nel profilo di garanzia ordinamentale della funzione pubblica notarile, che, tra l'altro, si concretizza nel presidio diretto dell'esazione dei crediti fiscali originati nell'esercizio della medesima. A tale specifico fine, l'art. 57 DPR 131/1986 nelle parti che rilevano ai fini del presente giudizio, prevede che "Oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l'atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta le parti contraenti..." e che "La responsabilità dei pubblici ufficiali non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive".

 Vi è dunque una responsabilità solidale tra le parti ed il notaio, in quanto pubblico ufficiale costituito "fideiussore ex lege", relativamente agli atti che ha "redatto, ricevuto o autenticato", ma limitatamente all'imposta principale, essendone espressamente escluse quella complementare e quella suppletiva. Questa tripartizione tipologica dell'imposta di registro è data dall'art. 42 c. 1 DPR 131/1986, che appunto prevede che "E' principale l'imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall'ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l'imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell'ufficio; è complementare l'imposta applicata in ogni altro caso". Oltre a tali disposizioni legislative generali, nel caso di specie viene, peraltro, in rilievo quella di cui all'art. 22 DPR 131/1986.

Caso de quo

L'art. 42 DPR 131/1986 indica come dovuta l'imposta  "richiesta dall'ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica".

Tale collegamento consentiva, secondo la sentenza in commento, di affermare la sussistenza - nel caso di specie – di una pretesa creditoria erariale da intendersi a titolo di imposta "principale" di registro, anzitutto in dipendenza della ontologia concreta degli atti "enunciati". Nei fatti era infatti pacifico che:

  • la registrazione dell'atto "enunciante" era stata richiesta dal ricorrente per via telematica, mediante modello unico su supporto informatico (c.d. MUI), secondo la previsione di cui all'art. 3 bis c. 2 D.Lgs. 463/1997;
  • contestualmente, come pure previsto dalla medesima disposizione legislativa, il ricorrente aveva proceduto alla "autoliquidazione" ed al pagamento dell'imposta di registro, peraltro concernente il (e limitata al) solo atto presentato per la registrazione (verbale di assemblea straordinaria della società di capitali).

Sostanzialmente l'azione rettificativa dell'ufficio era quindi riconducibile alla previsione di cui all'art. 3 ter c. 1 primo periodo D.Lgs. 463/1997, secondo il quale "Gli uffici controllano la regolarità dell'autoliquidazione e del versamento delle imposte e qualora, sulla base degli elementi desumibili dall'atto, risulti dovuta una maggiore imposta, notificano, anche per via telematica, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del MUI, apposito avviso di liquidazione per l'integrazione dell'imposta versata". Tanto ha consentito di affermare che, nel caso esaminato ed in quelli omologhi, risultando "desumibili dall'atto" altri atti ("elementi") tassabili ai sensi dell'art. 22 DPR 131/1986, l'agenzia fiscale, avvalendosi del potere di rettifica de quo, avendo "corretto" la relativa "omissione" e poi (con l'avviso di liquidazione impugnato) preteso dal notaio presentante il MUI del pagamento di un'imposta di registro senz'altro qualificabile "principale" (sia pure nella forma c.d. postuma) ai sensi dell'art. 42 c. 1 primo periodo DPR 131/1986 evocandone la responsabilità solidale ai sensi dell'art. 57 c. 1 DPR 131/1986. Al notaio era stata infatti richiesta, né più né meno (al netto delle sanzioni), la medesima imposta principale che le parti degli atti "enunciati" avrebbero dovuto e devono versare per la registrazione degli stessi e che il notaio medesimo, quale responsabile d'imposta, avrebbe dovuto autoliquidare e versare in sede di presentazione del MUI (Cass. 24 giugno 2021 n. 18113).

La sentenza travolge quindi due principi di diritto, enunciati da due recenti sentenze Cass. 8 febbraio 2023 n. 3839 e 3841, nelle quali veniva condiviso quell'orientamento dottrinale che escludendo, a monte, che nella siffatta operazione vi sia identità di parti tra atto enunciato (finanziamento) ed atto enunciante (verbale di assemblea), sottolineando che il verbale assembleare è un resoconto degli accadimenti assembleari e che, quindi, tecnicamente è definibile in termini di atto senza parti, costituisce cioè una sorta di verbale di constatazione degli eventi accaduti in sede assembleare, integra un atto unilaterale in cui interviene l'insieme dei soci, il tutto diversamente dall'atto di finanziamento eventualmente enunciato, che ha, invece, come parti il socio e la società, precisando che difficilmente l'insieme dei soci che ha assunto una delibera può essere ricondotto al concetto di “parte”, essendo tale nozione propria dei rapporti contrattuali.

Il principio di diritto appare condivisibile anche se non si è mai messa in discussione la responsabilità del notaio rispetto all'atto enunciato.

Negli ultimi anni si è sollevata qualche perplessità nelle riviste di categoria e in qualche rara decisione (Comm. Tirb. Prov. Brescia 21 Febbraio 2013 n. 13, Notariato 2013).

La ragione del perché tale caso sia arrivato alle sezioni unite è da ravvisarsi nella direzione amministrativa e giurisprudenziale che è emersa negli ultimi anni.

Il sintagma “parti intervenute nell'atto che contiene l'enunciazione” va interpretato nel senso lato ovvero di soggetti rispetto ai quali si realizzano gli effetti dell'atto.

Tale interpretazione dell'art. 22 DPR 131/1986 ha portato alla luce tale tema ed ha esteso la responsabilità del notaio, come responsabile dell'imposta principale, anche per tematiche prime non oggetto di accertamento.

Tale tesi giurisprudenziale richiama alla luce un principio sostanzialistico mai espresso prima privilegiando una differente lettura di tale disposizione, in quanto l'interpretazione che solitamente se ne è data è di tipo formalistico ovvero dell'atto riguardo al suo contenuto.

La responsabilità del notaio per l'atto enunciato si può e si deve affermare, se ed in quanto vi sia coincidenza tra le parti nel senso contrattuale del termine e le sezioni unite hanno voluto estendere la portata applicativa di tale norma anche ad un ambito prima non battuto.

Inoltre secondo la Cassazione nel caso di specie non possono considerarsi cessati gli effetti degli atti enunciati, posto che, da un lato, il finanziamento del socio D.M. all'esito dell'assemblea societaria risulta tuttora valido ed efficace de residuo (Euro 600.700), da un altro lato, proprio nell'assemblea stessa si sono realizzati gli effetti della rinuncia parziale al correlativo credito restitutorio del socio finanziatore. Conclusivamente sul punto, devono pertanto affermarsi pienamente sussistenti i presupposti giuridici per la tassazione degli atti enunciati, come preteso dall'agenzia fiscale.

Tale principio giurisprudenziale fa emergere in modo più pregnante il ruolo del Notaio e la sua funzione “sociale” anche relativamente a fattispecie per le quali non era responsabile d'imposta poiché concernenti atti non conclusi con il suo ministero.

In conclusione

La corretta ricostruzione della fattispecie impositiva/obbligatoria de qua induce infatti ad affermare che, qualora debba rogare atti enunciativi di atti "chiari ed autosufficienti" ossia desumibili ex se nella loro ontologia giuridica, il notaio, per sua cautela, dovrà/potrà richiedere alle parti del rogito il previo versamento dell'imposta di registro "principale" sia in relazione all'atto enunciante sia in relazione all'atto eventualmente enunciato, ben potendo il notaio medesimo in caso di mancato riscontro positivo di tale richiesta rifiutare il proprio ministero in virtù dell'art. 28 c. 4 L. 89/1913 ("Il notaro può ricusare il suo ministero se le parti non depositino presso di lui l'importo delle tasse, degli onorari e delle spese dell'atto, salvo che si tratti di persone ammesse al beneficio del gratuito patrocinio, oppure di testamenti").

All'esito della rappresentazione dei fatti e degli argomenti giuridici svolti, le Sezioni unite civili hanno ritenuto quindi di affermare il principio di diritto:

"In tema di imposta di registro, qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali né valutazioni interpretative particolarmente complesse, purché, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l'atto che li enuncia, l'imposta dovuta per tali atti in virtù della previsione di cui all'art. 22 DPR 131/1986 deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell'autoliquidazione, l'Ente impositore può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi dell'art. 42 c. 1 primo periodo DPR 131/1986 e art. 3 ter c. 1 D.Lgs. 463/1997; in tal caso, ai sensi dell'art. 57 c. 1 DPR 131/1986 del 1986, il notaio che ha ricevuto l'atto enunciante, pur in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell'imposta solidalmente con le parti dell'atto stesso".

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