Limiti al subappalto: obbligo di motivazione e principi euro-comunitari tra vecchio e nuovo Codice dei contratti pubblici
13 Settembre 2023
Il caso.Un o.e., affidatario di un appalto di lavori, chiedeva alla s.a. l'autorizzazione a subappaltare ad un'impresa terza, tra le altre, alcune prestazioni rientranti nella categoria specialistica OS28.
La s.a. negava l'autorizzazione sul presupposto che la legge di gara prescriveva che tale categoria di lavori fosse solo parzialmente subappaltabile e che la richiesta dell'o.e. eccedeva il limite stabilito dal capitolato e, contestualmente, invitava l'impresa a rimodulare la richiesta in termini conformi alla lex specialis.
Ciò nonostante, l'o.e. non procedeva alla rettifica delle richieste e censurava innanzi al TAR il provvedimento di diniego.
Tale provvedimento veniva impugnato lamentando la falsa applicazione dei principi euro comunitari in materia e, più precisamente, la violazione dei principi sanciti della sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea 27 novembre 2019 con la quale era stato sancito dal Giudice europeo, secondo la tesi del ricorrente, il principio secondo cui non possono porsi limiti generali al subappalto, indipendentemente dalla tipologia di prestazione.
Più nel dettaglio, il ricorrente lamentava che nella fase esecutiva del rapporto contrattuale la s.a. non avesse correttamente applicato il principio con il quale la Corte di Giustizia aveva dichiarato incompatibile l'art. 105, comma 2, Codice dei Contratti pubblici all'epoca vigente con la direttiva 2014/24/UE, stante il suo effetto di limitare “al 30% la parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.
Il rigetto del ricorso e le motivazioni della sentenza.Il Collegio non ha condiviso la tesi dell'o.e. ed ha ritenuto manifestamente infondato il ricorso. A giudizio del TAR, infatti, la Corte di Giustizia non ha inteso censurare in assoluto la previsione di limiti quantitativi al subappalto, ma solo la loro fissazione in via generale ed astratta ad opera della fonte primaria.
Sempre secondo il Collegio, infatti, l'art. 105, comma 2 del Codice vigente ratione temporis, prevedendo una “assoluta” ed “indistinta” limitazione, viene ritenuto in contrasto con il principio di proporzionalità, potendo ipotizzarsi misure meno restrittive e parimenti idonee a perseguire l'obiettivo preposto dal legislatore italiano legato al contrasto alla criminalità organizzata.
Con riferimento al subappalto, quindi, la C.G.U.E. ha inteso attribuire in capo alle s.a. una forma di discrezionalità consentendo loro di valutare in concreto le limitazioni da applicare in base alle caratteristiche della prestazione.
A giudizio del Collegio, quindi, non esiste un divieto assoluto all'apposizione di limiti quantitativi al subappalto e a tale interpretazione soccorre anche la disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) che, pur non prevedendo limiti generali, lascia le stazioni appaltanti libere di disciplinarne il ricorso in senso restrittivo a condizione che siano indicate negli atti di gara le prestazioni “da eseguire a cura dell'aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell'appalto” (art. 119, comma 2).
Sotto altro e concorrente profilo, inoltre, il Collegio ha rilevato che la previsione contestata dalla ricorrente non trova origine nella legge ma trova la sua fonte diretta nella lex specialis e, dopo la stipula del contratto, nella volontà negoziale delle parti che hanno liberamente accettato tale disciplina contrattuale.
Nel caso di specie, infatti, il limite al subappalto connesso alla categoria OS28 era stato espressamente fissato dall'art. 10 del disciplinare di gara e puntualmente motivato con “precise ragioni tecniche”, risultando quindi frutto di una valutazione concreta della s.a. nel pieno rispetto dei principi sanciti dalla C.G.U.E. |