Ammissibile l'impugnazione priva della sottoscrizione digitale di un allegato "non decisivo" per la decisione prodotto dal difensore
15 Settembre 2023
Massima
In tema di processo penale telematico, la mancata sottoscrizione con firma digitale delle copie informatiche per immagine degli atti allegati all'impugnazione inviata a mezzo PEC da parte del difensore può comportare la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 24, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 137/2020, convertito in l. n. 176/2020, solo se l'allegato privo di sottoscrizione digitale assuma una valenza decisiva o, comunque, essenziale nell'economia dell'impugnazione proposta. Il caso
La Corte di appello di Firenze ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione presentato dall'imputato per la violazione delle modalità di trasmissione previste dall'art. 24, commi 6-bis e 6-sexies, del decreto-legge n. 137 del 2020, convertito in l. n. 176 del 2020, e, specificamente, ravvisando la mancanza della sottoscrizione digitale in calce agli atti allegati dal difensore. Il difensore ha proposto ricorso per cassazione avverso tale ordinanza di inammissibilità, deducendo che solo per agevolare la lettura di quanto esposto nel ricorso aveva allegato all'impugnazione un atto del tutto ininfluente ai fini della decisione e perciò privo della sottoscrizione digitale dell'impugnazione. Si trattava, infatti, della scansione digitale di un documento già presente nel fascicolo cartaceo ovvero della ricevuta di consegna delle conclusioni scritte inviate alla cancelleria della Corte di appello a mezzo PEC. Ad avviso del ricorrente, l'interpretazione della norma citata adottata dalla Corte di appello di Firenze, che aveva condotto alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, si rivelerebbe incostituzionale per difetto di proporzionalità tra la violazione commessa, relativa a un documento non essenziale ai fini del decidere, e la sanzione irrogata (l'inammissibilità del ricorso, con perdita per l'imputato di un grado di giudizio). Sarebbe, inoltre, manifestamente irragionevole la disparità di trattamento normativo riservata dal legislatore alla fattispecie della produzione di un allegato perfettamente leggibile, ma non sottoscritto digitalmente, cui conseguirebbe l'inammissibilità dell'impugnazione, e quella dell'invio di un allegato sottoscritto digitalmente, ma illeggibile, che non precluderebbe l'ammissibilità dell'impugnazione. La questione
La mancata sottoscrizione con firma digitale di un atto allegato all'impugnazione inviata a mezzo pec determina l'inammissibilità del gravame? Le soluzioni giuridiche
1. La Corte di cassazione ha accolto il ricorso. Il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, ha introdotto, all'art. 24, comma 4, la possibilità di deposito con valore legale, mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui all'art. 7 del regolamento di cui al D.M. della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 (e cioè diversi da quelli per i quali è previsto il deposito in via esclusiva mediante portale del processo penale telematico, per la durata del periodo emergenziale). La legge di conversione ha aggiunto, all'art. 24 suddetto, i commi da 6-bis a 6-undecies, con i quali sono state previste disposizioni specifiche relative alla digitalizzazione del deposito e della ricezione degli atti di impugnazione penale. In particolare, il decreto-legge n. 137/2020, art. 24, comma 6-sexies, nel testo vigente a seguito della conversione, stabilisce che: "Fermo quanto previsto dall'art. 591 c.p.p., nel caso di proposizione dell'atto ai sensi del comma 6-bis l'impugnazione è altresì inammissibile: a) quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore; b) quando le copie informatiche per immagine di cui al comma 6-bis non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all'originale; c) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4; d) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore; e) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale di cui all'art. 309 c.p.p., comma 7, dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4". L'art. 24, comma 6-septies, del decreto legge citato, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, inoltre, in deroga alla competenza posta in generale dall'art. 591 c.p.p., comma 2, ha stabilito che l'inammissibilità per mancanza di valida sottoscrizione digitale dell'atto di impugnazione deve essere dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza dal giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, ferma restando l'attribuzione al giudice ad quem del vaglio in ordine agli ulteriori profili di ammissibilità dell'atto di impugnazione.
2. La Corte di appello di Firenze, facendo applicazione di questa disciplina, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal difensore, ravvisando la violazione dell'art. 24, comma 6-sexies, comma 1, n. 2, del d.l. citato, in quanto mancava la sottoscrizione digitale da parte del difensore di uno dei due allegati prodotti.
3. La Corte di cassazione, tuttavia, ha ritenuto che la decisione della Corte di appello non sia conforme all'indirizzo accolto dalla giurisprudenza di legittimità. Pronunciandosi sulle diverse cause di inammissibilità previste dall'art. 24, comma 6-sexies, citato, la Corte di cassazione ha ripudiato un rigido formalismo, subordinando la declaratoria di inammissibilità dell'atto di impugnazione alla necessaria lesione dei valori che le prescrizioni formali introdotte intendono presidiare e che sono costituiti dalla certezza dell'identificazione del mittente, attraverso l'identità digitale delineata dall'indirizzo pec ufficialmente attribuito al difensore, e l'autenticità della sottoscrizione (Casss. pen., sez. VI, 28 ottobre 2021, n. 40540, Rv. 282306; Cass. pen., sez. VI, 28 ottobre 2021, n. 40540; Cass. pen., sez. I, 20 dicembre 2021, n. 2784, dep. 2022, Rv. 282490; Cass. pen., sez. I, 15 ottobre 2021, n. 41098, Pirone, Rv. 282151).
4. Secondo la sentenza in commento, la soluzione propugnata dalla giurisprudenza di legittimità è conforme all'indirizzo accolto dalla giurisprudenza europea. La Corte Europea dei diritti dell'uomo, in particolare, con la sentenza del 9 giugno 2022, resa nel caso Xavier Lucas c. Francia, ha ribadito che il diritto ad accedere al processo deve essere concreto ed effettivo. Da tale principio deriva che le autorità interne debbono di evitare eccessi di formalismo, che possono risolversi, sul piano effettuale, in un sostanziale diniego di giustizia (sulla censura agli eccessi di formalismo nel giudizio di legittimità, che si risolvono, in una violazione del diritto fondamentale di accesso a un Tribunale assicurato dall'art. 6, p. 1 della Convenzione, v. anche le sentenze del 28/10/2021, Succi c. Italia, e del 15/09/2016, Trevisanato c. Italia).
5. Nella decisione in esame, inoltre, è stato rilevato che, in una fattispecie assai simile a quella oggetto del presente ricorso, la Corte di Cassazione ha annullato la declaratoria di inammissibilità della richiesta di riesame depositata a mezzo pec per mancata sottoscrizione da parte del difensore dell'allegato costituito dall'ordinanza impugnata, in quanto l'inosservanza delle prescrizioni sancite dal decreto - legge 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 6-sexies, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, conduce all'inammissibilità dell'atto di impugnazione solo nei casi in cui concerna elementi essenziali alla completezza e al perfezionamento dell'impugnazione stessa (Cass. pen., sez. IV, 25 novembre 2021, n. 43747). In tale pronuncia la Corte ha rilevato che, nell'applicazione della causa di inammissibilità di cui alla l. 18 dicembre 2020, n. 176, art. 24, comma 6-sexies, lett. b), è necessario verificare l'essenzialità o meno dell'allegazione all'impugnazione proposta, in ossequio al principio di conservazione degli atti processuali. Tale principio esprime l'esigenza generale di non privare di validità ed efficacia atti e comportamenti solo perché difettosi od oscuri, optando, ove possibile, per la salvezza dell'effetto dell'atto processuale, in un'ottica di economia ed efficienza del sistema, garantita dal rapporto di proporzione fra mezzi e fini processuali.
6. Una successiva pronuncia ha ancora statuito che non è causa di inammissibilità dell'impugnazione ai sensi del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 6-sexies, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, la mancata sottoscrizione digitale del difensore, per conformità all'originale, delle copie informatiche degli allegati all'atto di gravame trasmesso a mezzo p.e.c., ove si tratti di allegati inessenziali, perché non inerenti al contenuto dell'impugnazione, in quanto a tanto osta il principio di conservazione degli atti processuali (Cass. pen., sez. VI, 11 luglio 2022, n. 37704, in CED Cass. n. 283936 - 01, fattispecie relativa alla mancata sottoscrizione per conformità all'originale del certificato medico attestante la malattia del difensore, funzionale ad ottenere il rinvio dell'udienza per impedimento).
7. La Corte ha ritenuto di dare continuità all'orientamento della giurisprudenza di legittimità illustrato anche sulla base di un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione in esame. L'interpretazione letterale della norma più volte citata, che ricollega sempre e comunque l'inammissibilità dell'atto di impugnazione al difetto di sottoscrizione digitale delle copie informatiche per immagine da parte del difensore, si espone a consistenti dubbi di incostituzionalità, in quanto tutela lo scopo legittimo perseguito dal legislatore, di garantire certezza della genuinità degli atti che radicano il processo di impugnazione, in modo eccedente. Questa interpretazione, infatti, fa conseguire all'omessa sottoscrizione anche solo di un allegato l'inammissibilità dell'impugnazione nel suo complesso, negando all'imputato il diritto al nuovo esame della regiudicanda e alla rimozione di una decisione considerata ingiusta in ragione di una violazione che può rivelarsi meramente formale. L'esito palesemente irragionevole dell'esegesi puramente letterale della disposizione in esame, impone, dunque, il ricorso a un'interpretazione teleologica, che istituisca un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo legittimo perseguito dal legislatore e che riduca l'applicazione della sanzione dell'inammissibilità dell'atto di impugnazione alle sole violazioni più gravi del precetto. In una prospettiva costituzionalmente orientata, dunque, la mancata sottoscrizione digitale delle copie informatiche per immagine da parte del difensore può comportare la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione solo ove l'allegato privo di sottoscrizione digitale assuma una valenza decisiva o, comunque, essenziale nell'economia dell'impugnazione proposta. Sarebbe, infatti, manifestamente irragionevole sacrificare il diritto fondamentale dell'imputato a vedere riesaminata la pronuncia di condanna solo per effetto di una violazione formale e relativa ad un atto che non assume una funzione essenziale rispetto al diritto azionato in giudizio. La sanzione processuale dell'inammissibilità, in una prospettiva costituzionalmente orientata, può, dunque, essere irrogata solo ove risultino effettivamente pregiudicate le finalità di certezza giuridica cui la disciplina sulla proposizione delle impugnazioni in via telematica intende perseguire e, segnatamente, ove la carenza di sottoscrizione determini l'incompletezza e la mancanza di integrità di allegati aventi un rilievo essenziale.
8. La Corte di cassazione, pertanto, ha ritenuto errata la decisione di inammissibilità formulata dalla Corte di appello di Firenze, in quanto il difetto di sottoscrizione digitale dell'allegato riguardava un atto dal valore meramente pleonastico. La conformità all'originale dell'atto prodotto dal difensore nel caso di specie era agevolmente verificabile sulla base degli atti già presenti nell'incarto processuale, senza alcuna possibilità alcuna di lesione dell'interesse alla certezza giuridica. Osservazioni
1. La soluzione accolta dalla Corte di cassazione, ancorata su un rigoroso fondamento costituzionale ed ispirata agli orientamenti della giurisprudenza europea, è pienamente condivisibile. La Corte ha precisato che essa si inserisce nel solco di precedenti decisioni (Cass. pen., sez. IV, 25 novembre 2021, n. 43747; Cass. pen., sez. VI, 11 luglio 2022, n. 37704). Confrontandosi con l'ipotesi di inammissibilità prevista dalla norma citata, invece, un diverso indirizzo della stessa Corte di cassazione aveva affermato che la sottoscrizione digitale degli allegati costituisce “un onere imposto alle parti che abbiano optato per tale forma di presentazione dell'impugnazione che non può dirsi irragionevole o tale da compromettere i diritti e le facoltà difensive delle parti, qualora … riguardi documenti non ancora acquisiti agli atti del giudizio e rilevanti in relazione alla richiesta presentata dalla parte … in quanto è funzionale alla esigenza di certezza della provenienza e della genuinità degli atti di impugnazione …” (Cass. pen., sez. III, 22 febbraio 2022, n. 7903). E' stato affermato, pertanto, che il ricorso per cassazione trasmesso a mezzo PEC, cui siano allegati atti non sottoscritti dal difensore con firma digitale, è inammissibile ai sensi dell'art. 24, comma 6-sexies,del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla l. 18 dicembre 2020 n. 173, non trovando applicazione l'art. 165-bis, comma 2, disp. att. c.p.p. che onera la cancelleria a trasmettere alla Corte di cassazione copia degli atti specificamente indicati da chi ha proposto l'impugnazione, qualora non presenti tra gli atti già trasmessi, sia nel caso di deposito dell'atto di impugnazione in cancelleria, sia in quello di trasmissione a mezzo pec senza allegati (Cass. pen., sez. IV, 2 maggio 2023, n. 21462). La dottrina, peraltro, aveva già evidenziato i limiti della norma. E' stato sottolineato, infatti, che la previsione normativa avrebbe realizzato “un chiaro esempio di mismatching tra violazione (mancanza di firma digitale “conformizzante”) e sanzione (inammissibilità dell'intero atto di impugnazione) (B. Galgani, Forme e garanzie nel prisma dell'innovazione tecnologica, Milano, 2022). La sola perplessità che presenta la soluzione interpretativa proposta dalla Corte di cassazione è di ordine pratico, dal momento che impone all'interprete di distinguere, ai fini dell'applicazione della sanzione processuale, tra l'allegato all'impugnazione che presenta un rilievo essenziale ai fini del suo accoglimento e quello al quale tale rilievo non può essere assegnato. 2. Come ha rilevato la stessa Corte di Cassazione nella sentenza in commento, peraltro, il legislatore è tornato sul tema della proposizione in via telematica delle impugnazioni penali. Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 87-bis, comma 3, impone, infatti, che l'impugnazione da depositare "in forma di documento informatico (sia) sottoscritt(a) digitalmente (...) e cont(enga) la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale". Tra le ipotesi di inammissibilità dell'atto di impugnazione presentato, elencate dal comma 7 della disposizione, non compare più l'eventualità - presa invece in considerazione dal decreto-legge n. 137 del 2020, art. 24, comma 6-sexies, lett. b), - in cui "le copie informatiche per immagine (...) non sono state sottoscritte digitalmente", ma solo quella in cui ad essere sprovvisto di firma è l'atto principale. |