Varianti contrattuali in corso d'opera: limiti di operatività e profili giurisdizionali

19 Settembre 2023

È devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia sulla sussistenza delle condizioni legittimanti l'approvazione di una variante contrattuale in corso d'opera, in quanto diretta a far valere, nella sostanza, l'aggiramento del principio della gara pubblica e non già la mera esecuzione del contratto già stipulato.
Massima

La controversia vertente sulla sussistenza dei presupposti per la modifica del contratto di appalto ai sensi dell'art. 106 d. lgs. n. 50/2016 ricade nel contenzioso sulle procedure di affidamento, di spettanza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il contratto non viene in rilievo di per sé, ma in quanto, ove risultasse illegittima la modifica contrattuale disposta, verrebbe a configurarsi l'affidamento diretto in violazione dei principi della gara pubblica.

Il caso

Una A.S.P., all'esito di una procedura indetta per l'affidamento del servizio di ristorazione presso i PP.OO., concordava l'esecuzione anticipata del servizio.

Nelle more della stipula del contratto, la società aggiudicataria proponeva una variante contrattuale (consistente nell'utilizzo, a fini produttivi, di un centro di cottura interno ad un P.O., che, secondo la propria offerta tecnica, avrebbe dovuto essere deputato al solo confezionamento dei pasti, con conseguenti lavori di adeguamento strutturale e impiantistico).

Le parti procedevano, successivamente, alla stipula del contratto.

Da ultimo, la stazione appaltante deliberava l'approvazione del piano definitivo di esecuzione del servizio redatto dall'impresa aggiudicataria, autorizzando la variante contrattuale da questa proposta e i connessi lavori.

La seconda classificata impugnava la ridetta delibera dinanzi al T.A.R., deducendo che l'A.S.P. avrebbe di fatto autorizzato illegittimamente una modifica dell'offerta tecnica ed economica della controinteressata aggiudicataria (nella quale era stato indicato, per la produzione dei pasti, l'utilizzo di un centro di cottura esterno), con ingente incremento dei costi, in difetto dei presupposti contemplati dall'art. 106, co. 1, lett. c) d.lgs. n. 50/2016.

La questione

Nella pronuncia in commento il Consiglio di Stato è stato chiamato, in via pregiudiziale, ad accertare se la controversia in esame rientri o meno nella giurisdizione del giudice amministrativo.

In primo grado il T.A.R. della Calabria, sezione di Catanzaro, aveva accolto il gravame, dopo aver rigettato l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata sia dalla resistente amministrazione sia dalla controinteressata, argomentando sul punto che la società ricorrente, deducendo l'esistenza di una modifica sostanziale del contratto d'appalto deliberata in difetto delle condizioni legittimanti una variante in corso d'opera, intendeva far valere l'aggiramento del principio della gara pubblica, instaurando un contenzioso afferente alle procedure di affidamento, devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

In sede di appello le parti soccombenti lamentavano, in rito, come il petitum sostanziale del ricorso (diretto avverso una delibera intervenuta dopo la stipula del contratto) attenesse alle modalità di svolgimento del servizio, e dunque alla fase esecutiva dell'appalto: l'atto impugnato, pertanto, rivestirebbe natura paritetica e non autoritativa, con conseguente radicamento della giurisdizione del giudice ordinario.

Le soluzioni giuridiche

Il Consiglio di Stato ha ritenuto non persuasiva la ricostruzione offerta dalle appellanti, condividendo, di contro, l'argomentazione fatta propria dal giudice di primo grado.

Anche secondo il giudice d'appello, infatti, la controversia in esame è diretta a far valere, nella sostanza, l'aggiramento del principio della gara pubblica, attraverso un affidamento diretto ritenuto lesivo dell'interesse legittimo a partecipare alla gara esistente in capo all'operatore economico ricorrente, conoscibile dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva: è “di chiara evidenza” come, nel caso di specie, non si discuta in merito alla esecuzione del contratto, in quanto il secondo classificato lamenta che la A.S.P., non sussistendo i requisiti per la modifica del contratto d'appalto previsti dall'art. 106 del (previgente) Codice dei contratti pubblici, avrebbe illegittimamente proceduto all'affidamento diretto, senza provvedere alla doverosa indizione di una procedura ad evidenza pubblica.

È stato, dunque, reputato corretto il richiamo, operato dal T.A.R., al principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione in relazione ad una fattispecie analoga, in cui era in discussione la ricorrenza dei presupposti di cui alla lett. b) del co. 1 del citato art. 106 (cfr. Cass. civ., sez. un., 31 ottobre 2019, n. 28211): secondo la Corte regolatrice della giurisdizione, la controversia in cui il terzo deduca l'insussistenza dei presupposti per la modifica del contratto rientra nel contenzioso sulle procedure di affidamento, di spettanza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, co. 1, lett. e) cod. proc. amm, in quanto ad essere dedotta è l'elusione dei principi della gara pubblica, contestando il legittimo esercizio di un potere autoritativo (“la giurisdizione esclusiva, configurata per le procedure di evidenza pubblica tese alla ricerca dell'aggiudicatario negli appalti di lavori servizi e forniture, conduce alla identificazione di un'area nella quale sono in campo interessi legittimi e diritti soggettivi in correlazione tra di loro (Corte Cost. n. 204/2004). È proprio l'esercizio del potere autoritativo che consente di configurare quella particolare materia prefigurata dai costituenti nell'intreccio tra diritti del privato, da un lato, e interessi e poteri della P.A., dall'altro […]”).

Ad abundantiam la pronuncia in commento rileva che, quand'anche fosse seguita la prospettazione delle appellanti, la controversia non ricadrebbe, comunque, nella giurisdizione del giudice ordinario.

Nel caso di specie, infatti, il provvedimento impugnato si poneva a valle di un lungo procedimento intercorso tra la A.S.P. e l'aggiudicataria nel lasso temporale trascorso tra l'aggiudicazione e la stipulazione del contratto, nel corso del quale si erano verificate alcune sopravvenienze di cui la stazione appaltante era stata necessitata a tener conto, appurando l'esigenza di modificare le modalità di esecuzione delle prestazioni: da ciò consegue che, sebbene la delibera gravata fosse stata formalmente adottata dopo la conclusione del contratto di appalto, nondimeno tale atto si era limitato a fotografare quanto già stabilito in precedenza, col risultato che la decisione dell'Amministrazione di avvalersi del potere di contemplato dall'art. 106 d.lgs. n. 50/2016 era maturata in una fase nella quale opera la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Osservazioni

La sentenza in commento riveste particolare interesse per il profilo pregiudiziale che essa è chiamata ad esaminare, attinente all'individuazione del plesso giurisdizionale investito della potestas iudicandi nell'ipotesi in cui sia in contestazione la sussistenza dei presupposti per autorizzare una variante contrattuale in corso d'opera ai sensi dell'art. 106, co. 1, lett. c)d.lgs. n. 50/2016.

Giova rammentare che la disposizione testé menzionata disciplina le condizioni in presenza delle quali è consentito apportare modifiche ai contratti di appalto (sia nei settori ordinari che in quello speciali) “senza una nuova procedura di affidamento”, legittimando l'adozione di “varianti in corso d'opera”.

Il giudice d'appello ha ascritto la controversia in esame al contenzioso relativo alle procedure di affidamento, di spettanza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, co. 1, lett. e), n. 1 cod. proc. amm., essendo in contestazione non già profili afferenti alla mera esecuzione di un contratto già stipulato, quanto piuttosto un'ipotesi di affidamento diretto (i.e., di un servizio diverso rispetto a quello già oggetto di aggiudicazione), disposto a favore dell'operatore aggiudicatario in assenza di apposita procedura ad evidenza pubblica.

Pertanto, non assume rilievo la circostanza che il contratto sia stato concluso, valorizzata dalle appellanti al fine di ricondurre la controversia in esame alla fase meramente esecutiva di un rapporto contrattuale già instaurato: secondo il giudice d'appello, il contratto non viene in rilievo di per sé, bensì in quanto, ove risultasse illegittima la modifica contrattuale disposta, per mancanza dei presupposti di legge legittimanti l'adozione di una variante in corso d'opera, verrebbe a configurarsi un'ipotesi di affidamento diretto in violazione dei principi della gara pubblica.

In altri termini, al ragionamento di cui sopra è sottesa la considerazione secondo cui non può avere pregio il richiamo al granitico indirizzo giurisprudenziale che, nelle procedure ad evidenza pubblica, pone la stipulazione del contratto quale spartiacque tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria (nella fase successiva alla stipula, pur essendo questa strettamente connessa con la precedente, e alla prima consequenziale, i contraenti si trovano in una posizione paritetica, sicché le rispettive situazioni soggettive si connotano in termini di diritti soggettivi e obblighi giuridici, a seconda delle posizioni assunte in concreto).

Di contro, qualora si faccia valere (da parte di un soggetto titolare di una posizione differenziata) l'illegittimità del ricorso alla trattativa privata nella scelta del contraente, in spregio a disposizioni che avrebbero invece richiesto il ricorso ad una gara pubblica, la situazione giuridica soggettiva azionata dal privato è di interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione (esclusiva) del giudice amministrativo, essendo in discussione la legittimità dell'esercizio del potere pubblico.

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