Conflitto di attribuzioni tra enti e adozione di una misura cautelare con effetti difformi da legge regionale sottoposta a incidente di costituzionalità
19 Settembre 2023
Massima
È ammissibile il conflitto di attribuzioni tra enti che riguarda atti giurisdizionali quando è contestata la riconducibilità dell'atto alla funzione giurisdizionale.
Le ordinanze cautelari, con cui il Tar Veneto ha disposto che siano mantenute nei Comuni ricorrenti le speciali forme di tutela dall'esercizio dell'attività venatoria previste per le Zone Faunistiche Alpine, si limitano a specificare l'effetto della disposta sospensione degli atti impugnati, i quali dettavano diposizioni per l'inserimento dei territori degli stessi Comuni negli ambiti territoriali di caccia, in applicazione alla legge reg. Veneto n. 2 del 2022 di approvazione del piano faunistico-venatorio.
Il TAR è intervenuto nei limiti del potere giurisdizionale, adottando una misura strettamente funzionale a garantire l'effettività della tutela cautelare, esercitata tramite la sospensione degli atti amministrativi e volta a evitare possibili pregiudizi irreparabili nelle more della definizione della questione pregiudiziale di legittimità costituzionale sollevata sulla legge regionale. La misura adottata, limitata ai territori dei Comuni interessati, non interferisce con le prerogative legislative e il potere di pianificazione regionali. Il caso
L'intervento della Consulta trae origine dal conflitto di attribuzioni promosso dalla Regione Veneto nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alle ordinanze cautelari del TAR Veneto, sez. I, nn. 615 e 656/2022, con cui è stata sospesa l'efficacia dei provvedimenti applicativi della legge della Regione Veneto n. 2/2022, “Piano faunistico-venatorio regionale (2022-2027) e modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio)”, che ha disposto l'esclusione del Comune di Rivoli Veronese e di una parte del territorio del Comune di Caprino Veronese dal regime giuridico della zona faunistica delle Alpi.
I provvedimenti impugnati (con motivi aggiunti) prevedevano l'inclusione dei suddetti territori negli Ambiti territoriali di caccia, in attuazione della richiamata legge regionale, al centro di una q.l.c., precedentemente sollevata con separata ordinanza, in sede di ricorso introduttivo.
Il TAR Veneto, che ha subordinato la definizione del giudizio cautelare all'esito dell'incidente di costituzionalità, nel sospendere nei limiti di interesse di parte ricorrente i provvedimenti, ha disposto che nei territori interessati “vengano mantenute … le speciali forme di tutela dall'esercizio dell'attività venatoria previste per le Zone Faunistiche Alpine”.
Ad avviso della Regione dette statuizioni, contrarie alla legge regionale, non sarebbero riconducibili all'esercizio del potere giurisdizionale, ledendo le prerogative legislative regionali. La questione
La pronuncia indugia preliminarmente sul tema dell'ammissibilità del conflitto di attribuzione relativo a atti giurisdizionali.
La resistente ha sollevato espressa eccezione: le censure mosse al TAR riguarderebbero le modalità di esercizio della funzione giurisdizionale, “errores in iudicando”, da far valere con l'ordinario mezzo dell'impugnazione in appello.
Nel merito la Consulta ha affrontato il tema dell'uso abnorme del potere giurisdizionale e della lesione del principio della soggezione del giudice alla legge ex art. 101, II co., Cost. nonché del principio correlato del sindacato accentrato di costituzionalità, ex art. 134 Cost., a fronte della sospensione degli effetti di un atto materialmente amministrativo e formalmente legislativo.
Nella prospettazione dell'ente territoriale ricorrente, il g.a. non si sarebbe limitato alla disapplicazione, visto il dictum cautelare e la sua frontale contrarietà a una vigente legge regionale, violando l'autonomia legislativa costituzionalmente riconosciuta alla Regione ex art. 117, IV co., art. 121, II co, e art. 123, I co., Cost. Le soluzioni giuridiche
La questione preliminare dell'ammissibilità del conflitto tra enti impone un'indagine sull'oggetto delle censure sottese alla proposizione del ricorso, che devono riguardare non già le modalità di esercizio del potere giurisdizionale ma la sussistenza o meno dello stesso potere.
Si tratta di applicare il principio, costantemente affermato dalla Corte(cfr. sent. nn. 285/1990, 252/2013, 224/2019, 22/2020, 90 e 184/2022), secondo cui i conflitti di attribuzione in relazione a atti giurisdizionali sono ammissibili ove il ricorrente contesti in radice l'esistenza del potere giurisdizionale e non faccia invece valere vizi o errori di giudizio (per i quali l'ordinamento offre appositi rimedi processuali).
La Corte, rinvenendo nel ricorso proposto recriminazioni non di cattivo uso del potere cautelare ma di esercizio di un potere non spettante all'autorità giudiziaria (la ricorrente lamenta che le ordinanze recano statuizioni – che pongono nel nulla le previsioni di una legge regionale in vigore - non riconducibili al potere giurisdizionale), ha ritenuto ammissibile il conflitto promosso (di contro sentenza cost. n. 224/2019 di inammissibilità del conflitto, visto che “La ricorrente, lamentando l'erroneo esercizio della funzione giurisdizionale, utilizza il conflitto come un improprio mezzo di gravame avverso le sentenze del giudice amministrativo”).
Quanto invece al merito della pronuncia, la paventata lesione delle prerogative costituzionali della Regione, per contrasto delle statuizioni di cui alle ordinanze cautelari sospensive con la legge regionale sottoposta al vaglio di costituzionalità, si ricollega alle questioni, rimaste sullo sfondo, della proponibilità della questione della legittimità costituzionale in sede cautelare con sospensione degli effetti della norma di dubbia costituzionalità in ragione di misure interinali “ad tempus” (cfr. da ultima sent. cost. n. 162/2021 di inammissibilità dell'incidente di costituzionalità, in quanto proposto non per decidere l'istanza cautelare ma dopo il suo rigetto) e del rispetto del principio del carattere accentrato del controllo di costituzionalità.
La Corte afferma che il TAR Veneto non ha esercitato un potere abnorme, limitandosi a specificare l'effetto della sospensione degli atti impugnati e aggiunge quindi che il g.a. ha agito nei limiti del potere giurisdizionale, assicurandosi solo di adottare una misura funzionale all'effettività della tutela cautelare e della disposta sospensione, la quale non intacca le prerogative costituzionali della Regione, in quanto limitata nello spazio (applicandosi solo nei territori dei Comuni interessati) e nel tempo (dipendendo dalla definizione dell'incidente di costituzionalità).
È chiaro che detti arresti muovono dalla tesi che, contemperando le ragioni di effettività della tutela cautelare con il modello di sindacato accentrato di costituzionalità, ammette la possibilità di sollevare q.l.c. in sede cautelare (v. sent. nn. 133/2016, 200/2014, 83/2013, 151/2009, 161/2008 e ord. nn. 393/2008 e 25/2006) e al contempo di disapplicare incidentalmente la norma di legge di dubbia costituzionalità (aprendo in minima misura ad un modello di sindacato diffuso) - disapplicazione tuttavia ad efficacia contenuta, in quanto circoscritta inter partes e limitata nel tempo, dipendendo dalla pronuncia della Corte costituzionale -.
L'orientamento evocato, attraverso una lettura costituzionalmente orientata delle norme processuali, ha condotto all'elaborazione della richiamata misura cautelare a termine, al fine di evitare nelle more della lite pregiudizi alla posizione del ricorrente ove penda un incidente di costituzionalità (cfr. Ad. Pl., sent. 1/2000). Osservazioni
La Corte ha quindi escluso la configurabilità di un conflitto di attribuzione e la violazione dei parametri costituzionali evocati, in forza della permeabilità delle questioni di natura processuale al principio dell'effettività della tutela cautelare.
In nome dello stesso principio ha altresì evocato la predicabilità di misure cautelari “atipiche”, propulsive o sostitutive, in grado di assicurare un'anticipazione, in via provvisoria (“ad tempus”), degli eventuali effetti della definizione del giudizio con l'attribuzione del bene della vita ambìto (che trovano oggi legittimazione nel tenore della disposizione di cui all'art. 55 c.p.a.). F. Sorrentino, Alla ricerca del “tono costituzionale” dei conflitti (nota a Corte Cost., sent. n.224/2019), in Giur. Cost., fasc. 5, 2019, pag. 2665. S. Valaguzza e I. Martella, L'effettività della tutela nella esperienza giurisprudenziale, in Dir. Proc. Amm., fasc. 2, 2018, pag. 783.
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