Impugnazione priva della sottoscrizione digitale degli allegati: quali conseguenze?

Redazione scientifica
25 Settembre 2023

Non è causa di inammissibilità dell'impugnazione ai sensi dell'art. 24, comma 6-sexies, lett. b), d.l. n. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 176/2020, la mancata sottoscrizione digitale del difensore, per conformità all'originale, delle copie informatiche degli allegati all'atto di gravame trasmesso a mezzo PEC, ove si tratti di allegati non essenziali.

La vicenda esaminata trae origine dalla pronuncia con cui il Tribunale di Sorveglianza dichiarava inammissibile l'opposizione proposta avverso l'ordinanza emessa dal medesimo tribunale ai sensi dell'art. 678 c.p.p., con la quale era stata concessa al condannato la detenzione domiciliare. La declaratoria di inammissibilità veniva emessa in base all'art. 24, commi 6-bis e 6-sexies, lett. b) d.l. n. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 176/2020, in quanto le copie informatiche per immagini degli allegati, prodotti unitamente all'opposizione stessa, non risultavano sottoscritte digitalmente dal difensore.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il condannato evidenziando che l'opposizione risultava regolarmente sottoscritta mediante utilizzo della metodologia cd. PADES, nonché depositata tramite invio attraverso posta elettronica certificata. Tale opposizione non recava in allegato documenti propriamente detti, bensì esclusivamente copie di atti che erano già presenti nell'incarto processuale e che erano stati nuovamente depositati da parte della difesa, al solo fine di agevolare il lavoro del Collegio.

La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso fondato, conseguentemente annullando con rinvio l'ordinanza impugnata. Secondo i giudici, invero, non può che ribadirsi come la regolarità della certificazione informatica attinente all'autore dell'atto (ossia la firma digitale), ovvero della certificazione concernente la provenienza di un determinato atto dal soggetto mittente (sarebbe a dire, l'intestazione dell'indirizzo di posta elettronica), ovvero della abilitazione del difensore (presenza nel registro informatico degli indirizzi elettronici, cd. REG.IND.E.), o infine della casella di arrivo ad un determinato ufficio giudiziario, rappresentano un insieme coordinato e complesso di elementi, tutti volti a segnare non solo l'idoneità dell'atto rispetto al raggiungimento dello scopo, bensì anche la stessa sua esistenza giuridica. Trattasi, pertanto, di requisiti tecnici posti a difesa delle garanzie di natura sostanziale, assicurate dalla normativa processuale.

È tuttavia indispensabile controllare la natura rilevante o meno, degli atti allegati all'impugnazione inoltrata; tale verifica è doverosa in ossequio alla regola generale, che impone di considerare intonsa l'efficacia degli atti - ove ciò sia possibile - in una prospettiva di complessivo funzionamento del sistema processuale. Laddove l'impugnazione, che nel caso di specie risulta regolarmente sottoscritta digitalmente, presenti già tutti gli elementi identificativi dell'atto impugnato, oltre che quelli necessari per l'individuazione e risoluzione della questione controversa, essa deve reputarsi già intrinsecamente autosufficiente, non riverberandosi il sopra detto difetto in una mancanza tale, da travolgere la stessa essenza del gravame (sul punto, si veda Cass. pen., sez. VI, n. 37704/2022, a mente della quale: «In tema di disciplina emergenziale per il contrasto della pandemia da Covid-19, non è causa di inammissibilità dell'impugnazione ai sensi dell'art. 24, comma 6-sexies, lett. b), d.l. n. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 176/2020, la mancata sottoscrizione digitale del difensore, per conformità all'originale, delle copie informatiche degli allegati all'atto di gravame trasmesso a mezzo PEC, ove si tratti di allegati inessenziali, perché non inerenti al contenuto dell'impugna7ione, a tanto ostando il principio di conservazione degli atti processuali»).

Nel caso di specie, la difesa ha allegato al reclamo, lasciandoli privi di sottoscrizione per conformità ad opera del difensore, atti che erano già presenti nell'incarto processuale e che erano, pertanto, sicuramente già noti al Tribunale di sorveglianza. La censura prospettata dal ricorrente deve allora ritenersi fondata visto che la dichiarazione di inammissibilità dell'impugnazione si pone in conflitto con il generale principio della conservazione degli atti.

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