Quando il form online di una Casa di Cura (non) viola la privacy dei pazienti

La Redazione
26 Settembre 2023

Nel maggio 2009 veniva notificato ad una Casa di Cura un verbale di contestazione amministrativa della Guardia di finanza per violazioni al d.lgs. n. 196/2003 (Codice privacy), per aver effettuato trattamenti di dati personali senza la prevista notificazione al Garante italiano e per aver reso agli interessati un’informativa non comprendente tutti gli elementi richiesti dal suddetto Codice. 

Il form online incriminato

Il Garante della Privacy, in seguito all'accoglimento parziale della sua opposizione da parte del Tribunale, ricorre in Cassazione denunciando la violazione o falsa applicazione dell'art. 3, l. n. 689/1981, perché «ai fini della buona fede, quale causa di esclusione della responsabilità per illeciti amministrativi, occorre che vi sia il riscontro di elementi positivi idonei a indurre un errore incolpevole».

Ma perché si parla di buona fede? La Casa di Cura avrebbe trattato i dati personali in questione sul proprio sito internet tramite un form accessibile mediante gli appositi link, al fine di consentire agli utenti la prenotazione di visite mediche.

L'autorità, a sostegno della sua doglianza, ricorda come l'art. 3 cit. preveda che «ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa», e «nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa».

La buona fede della Casa di Cura

Il ricorso non è fondato, in quanto, sull'autore grava l'onere della dimostrazione «di aver agito senza colpa, e l'esimente della buona fede, intesa come errore sulla liceità del fatto (…), ed assume rilievo solo in presenza di elementi positivi idonei a ingenerare, nell'autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato. Ciò, tuttavia, alla specifica condizione che l'errore sia incolpevole e inevitabile, siccome determinato da un elemento estraneo alla condotta e non ovviabile con l'ordinaria diligenza o prudenza» (Cass. n. 33441/2019, Cass. n. 19759/2015).

Nel caso di specie, il Tribunale salernitano ha ritenuto che la condotta omissiva della Casa di Cura fosse connotata da buona fede «perché la richiamata circolare dell'associazione di categoria (...) aveva sicuramente ingenerato nei destinatari il convincimento di liceità della propria condotta, avendo precisato che erano esonerati dall'obbligo di legge tutti i soggetti che operavano diagnosi e cura dei pazienti limitando l'obbligo di notifica ai Centri di fecondazione assistita».

Pertanto, la S.C. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Salerno anche per le spese processuali.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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