Riforma Cartabia: decorsi i novanta giorni dall'entrata in vigore, immediata declaratoria di improcedibilità se manca la querela
27 Settembre 2023
Massima
Il decorso del termine di tre mesi dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 (30 dicembre 2022) senza che l'Autorità giudiziaria procedente riceva la prova dell'avvenuta presentazione della querela, impone, per effetto della modifica del regime di procedibilità del reato introdotta dallo stesso decreto, l'immediata declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela, non essendo previsto un formale avviso alla persona offesa della necessità della sua presentazione. Il caso
Un imputato veniva tratto a giudizio per ricettazione e poi condannato – in primo e secondo grado – ad un anno e otto mesi di reclusione ed euro 900 di multa per furto in abitazione aggravato dalla violenza sulle cose, così riqualificato l'originario reato contestato, per essersi impossessato di un'auto e di beni vari contenuti all'interno di un box-garage della vittima. La Corte di cassazione annullava con rinvio la decisione (confermativa) della Corte d'appello ritenendola non adeguatamente motivata in punto di sussistenza del delitto di cui all'art. 624-bis c.p. La Corte d'appello, quale giudice di rinvio, parzialmente riformando la decisione dei primi giudici, con sentenza emessa il 30 settembre 2022, condannava l'imputato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione ed euro 600 di multa per il reato di furto semplice, non emergendo elementi di fatto che consentissero di qualificare il box, ove si trovavano tutti i beni asportati alla vittima, come luogo di privata dimora, in quanto distante dall'abitazione del derubato e separato da essa; confermava, invece, la sussistenza dell'aggravante della violenza sulle cose, essendosi accertata l'effrazione dei lucchetti di chiusura del locale, peraltro elidendola con le già concesse attenuanti generiche equivalenti. Avverso quest'ultima decisione proponeva, infine, ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, articolando un unico motivo in punto di pena: censurava l'erronea applicazione della legge in relazione all'art. 69, comma 3, c.p. con violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. per avere i giudici di secondo grado irrogato la pena pecuniaria nella misura di euro 600, superiore al massimo edittale previsto per l'art. 624 c.p., che è pari ad euro 516 di multa. Nelle more dell'interposto ricorso per cassazione, entrava in vigore la riforma Cartabia (30 dicembre 2022) che, all'art. 2 d.lgs. n. 150/2022, ha modificato il regime di procedibilità tra l'altro dell'art. 624, comma 3, c.p., rendendo il furto aggravato dalla violenza sulle cose - oggetto del giudizio di specie - procedibile a querela di parte, mentre all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150/2022, in via transitoria, ha restituito la persona offesa nel termine (ordinario) per proporre querela a far data dall'entrata in vigore del decreto stesso (quindi con termine ultimo trimestrale scadente al 30 marzo 2023) senza più prevedere (in esito alle modifiche operate dall'art. 5-bis d.l. n. 162/2022, introdotto, in sede di conversione, dalla legge n. 199/2022) il diritto della persona offesa a ricevere rituale avviso. La Suprema corte, vagliata l'ammissibilità del ricorso e ritenuto lo stesso fondato in ragione dell'abnormità della pena pecuniaria nella specie irrogata (dovendo la stessa essere mantenuta nei limiti edittali della fattispecie-base di furto, essendo stata l'aggravante bilanciata, in regime di equivalenza, con le attenuanti generiche), ha compiuto la necessaria verifica officiosa della sussistenza della preliminare condizione di procedibilità in ordine al reato di furto (semplice) ritenuto sussistente in sentenza con accertamento ormai divenuto definitivo sul punto. Rilevato che - nella specie - la persona offesa non aveva mai sporto in precedenza rituale querela, essendosi limitata a denunciare il fatto senza evidenziare alcuna volontà di punizione del colpevole, né aveva dimostrato tale (implicita) volontà costituendosi parte civile (comportamento ritenuto equipollente, da ultimo, da Cass. pen., sez. III, n. 19971/2023, commento di A. Natalini, Riforma Cartabia, per i reati divenuti procedibili a querela basta la costituzione di parte civile per desumere la volontà punitiva) su IUS Penale (ius.giuffrefl.it) e che quella pervenuta post riforma Cartabia era tardiva perché presentata in data 6 giugno 2023 (alla vigilia della decisione di legittimità), la Cassazioneha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per mancanza di (tempestiva) querela. La questione
La restituzione nel termine prevista, in via transitoria, per consentire alla persona offesa di manifestare la propria volontà punitiva in precedenza non necessaria, senza la coeva informativa ricettizia circa la necessità della presentazione della querela stessa (v. art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150/2022, come modificato dall'art. 5-bis d.l. n. 162/2022, introdotto, in sede di conversione, dalla legge n. 199/2022), pone alcuni dubbi processuali, che divengono rilevanti in particolare nei ricorsi per cassazione depositati nel 2023 o non inammissibili depositati nel 2022 ma seguiti da motivo aggiunto presentato nel 2023 (magari proposto proprio al fine di dedurre il difetto della condizione di procedibilità). In un giudizio pendente avente ad oggetto reati divenuti, ai sensi dell'art. 2 d.lgs. n. 150/2022, procedibili a querela, in presenza di gravame (ricorso per cassazione ma anche appello) ammissibile, decorso il termine trimestrale dato alla persona offesa per determinarsi dall'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150/2022 (come modificato dalla legge n. 199/2022), vi è un dovere dell'Autorità giudiziaria di disporre ricerche circa l'esistenza della condizione di procedibilità o di sollecitare l'acquisizione della querela? O addirittura di assumere informazioni presso la persona offesa in merito alla volontà punitiva eventualmente manifestata? Oppure il giudice dell'impugnazione, rilevata ex actis la mancanza di (tempestivo) atto di querela, deve dichiarare immediatamente l'improcedibilità per mancanza di querela, senza disporre alcun tipo di accertamento ulteriore? Il quesito, peraltro, non investe a rigore soltanto la fase (e quindi il giudice) del gravame (Corte d'appello e Corte di cassazione) ma coinvolge l'autorità giudiziaria in genere, ponendosi anche in primo grado il dubbio se il giudice, rilevata l'assenza in atti della querela, debba assumere ogni informazione utile circa l'avvenuta o meno presentazione della stessa nel termine rinnovato o possa senz'altro pronunciare sentenza ex artt. 129 o 531 c.p.p. Le soluzioni giuridiche
L'inedito principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte con l'annotata sentenza è nel senso che «il decorso del termine di novanta giorni [rectius: tre mesi: art. 124 c.p.)] dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 senza che l'Autorità giudiziaria procedente riceva la prova dell'avvenuta presentazione della querela, impone, per effetto della modifica del regime di procedibilità del reato introdotta dallo stesso decreto, l'immediata declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela, non essendo [più] previsto un formale avviso alla persona offesa della necessità della sua presentazione». Tale soluzione – che esclude la necessità per la Corte di cassazione di disporre di alcun tipo di accertamento ulteriore – è ricavata dal regime transitorio recato dall'art. 85 d.lgs. n. 150/2022, come modificato dall'art. 5-bis d.l. n. 162/2022, introdotto in sede di conversione, dalla legge n. 199/2022: il Parlamento, diversamente dall'originaria norma intertemporale, ha eliminato l'informativa generalizzata da parte degli Uffici giudiziari nei confronti della persona offesa, limitandola, al riscritto comma 2 dell'art. 85 d.lgs. n. 150/2022, ai soli procedimenti con misura cautelare in atto alla data di entrata in vigore della riforma Cartabia (qui annettendo il più breve termine di venti giorni per querelarsi e solo in tal caso stabilendo che «l'autorità giudiziaria effettua ogni utile ricerca della persona offesa»). Il legislatore, quindi, non ha [più] previsto, di norma, alcun onere di avviso alla persona offesa del mutato regime di procedibilità del reato di cui è vittima, rimettendo alla stessa ogni autonoma valutazione se presentare o meno querela nei (rinnovati) termini (definitivamente spirati il 30 marzo 2023). Proprio dal diverso onere informativo attribuito ex lege all'autorità giudiziaria, limitato al (solo) caso in cui vi fosse un indagato o un imputato sottoposto a misura cautelare alla data del 30 dicembre 2022, la Cassazione trae oggi la dimostrazione che la (modifica della) disposizione di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150/2022 è stata determinata da una precisa volontà di semplificazione delle procedure, tanto più che – aggiunge – non è previsto «neppure un onere, a carico dell'autorità giudiziaria, di informarsi presso gli organi di procura o gli uffici di polizia giudiziaria, in merito alla eventuale, sopravvenuta presentazione di querela nel termine sopra indicato». Conclusivamente, per la Corte regolatrice non vi è alcun dovere dell'Autorità giudiziaria – investita di un giudizio per reati divenuti procedibili a querela deciso in data successiva al 30 marzo 2023 – di disporre ricerche circa l'esistenza di una querela o di sollecitarne l'acquisizione, e tanto meno di disporre l'assunzione di informazioni presso la persona offesa in merito alla volontà punitiva eventualmente manifestata nei (rinnovati) termini di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150/2022. Osservazioni
Per meglio comprendere l'odierno arresto – ineccepibile perché necessitata dall'ordito di diritto transitorio sopra richiamato – occorre ricordare che prima delle modifiche parlamentari operate dall'art. 5-bis d.l. n. 162/2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 199/2022 – l'art. 85 d.lgs. n. 150/2022, nell'originaria versione, recava una diversa disciplina intertemporale n materia di modifiche del regime di procedibilità, ivi annettendo l'obbligo generalizzato di informativa alla persona offesa circa il mutato regime di procedibilità. Regolando positivamente la retroattività del nuovo regime di procedibilità (di favore agli effetti dell'art. 2, comma 4, c.p.), tale disciplinatransitoria ab origine ricalcava pedissequamente quella dei precedenti interventi sistematici operati, nella medesima direzione della “querela-selezione”, con l'art. 12 d.lgs. n. 36/2018 (su cui v. Cass. pen., sez. un., n. 40150/2018), l'art. 19 legge n. 205/1999 e l'art. 99 legge n. 689/1981 (su cui vedi Cass. pen., sez. un., n. 5540/1982), secondo uno schema “bifasico” adattato alle tralatizie regole lex interpellat pro iudice (comma 1) e, rispettivamente, iudex interpellat pro lege (comma 2), secondo il quale:
Il primigenio correttivo del comma 2 rispetto alla regola posta nel comma 1 era da spiegare – secondo quanto già statuito dal giudice nomofilattico sugli omologhi antecedenti normativi – «con l'intento di impedire che i procedimenti promossi per reati originariamente perseguibili di ufficio potessero chiudersi con una sentenza di proscioglimento per mancanza di querela sulla base della fictio legis secondo cui lex interpellat pro iudice e non già dopo una formale informativa rivolta dal giudice alla persona offesa in ordine alla facoltà di esercizio della querela» (così già Cass. pen., sez. un., n. 5540/1982; Cass. pen., sez. un., n. 40150/2018; conf. Cass. pen., sez. V, n. 3780/2000; Cass. pen., sez. IV, n. 31472/2002). Senonché con l'art. 5-bis d.l. n. 162/2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 199/2022, ha interamente sostituito il comma 2 dell'art. 85 d.lgs. n. 150/2022, dedicandolo interamente alla (sola) materia delle misure cautelari personali, prevedendo che esse, ove in corso di esecuzione al 30 dicembre 2022, avrebbero perso efficacia se, i successivi entro venti giorni, l'autorità giudiziaria procedente non avesse acquisito la querela (frattanto sporta) se del caso “effettuata ogni utile ricerca della persona offesa”. In seguito all'operata modifica del cit. comma 2 dell'art. 85 d.lgs. n. 150/2022, dunque, è divenuto onere della persona offesa, facendo uso dell'ordinaria diligenza, attivarsi autonomamente per proporre querela rispetto ad un fatto prima procedibile d'ufficio, entro il (rinnovato) termine (trimestrale) decorrente dall'entrata in vigore della riforma, senza avere più diritto alla previa informazione da parte degli Uffici, all'uopo sgravati dal Parlamento da gravosi impegni notificatori, nell'ottica di una più efficiente organizzazione del carico giudiziario e di addivenire ad immediati effetti positivi sul numero delle pendenze. In definitiva, il legislatore ha previsto una generale restituzione nel termine per querelare che, per i reati in precedenza procedibili d'ufficio, decorreva dalla data di entrata in vigore della riforma, secondo il brocardo lex interpellat pro iudice. Rispetto alle scelte del legislatore delegato, il Parlamento non ha fatto altro che avvalersi della possibilità contemplata dall'art. 124, comma 1, c.p. che, con l'espressione «salvo che la legge disponga altrimenti», consente di far decorrere il termine per querelare da un giorno differente rispetto a quello in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto costituente reato. Se così è, ineccepibile appare allora la soluzione giurisprudenziale oggi rassegnata dalla Cassazione (che, peraltro, al di là dell'enunciato principio di diritto, nella specie si è comunque prudenzialmente attivata – sulla base di uno sperimentato modello organizzativo non necessitato – per richiedere informazioni circa l'avvenuta o meno presentazione di querela). Se, infatti, rispetto ai giudizi pendenti nella primissima fase temporale decorrente dall'entrata in vigore della riforma Cartabia (dal 30 dicembre 2022 fino al 30 marzo 2023), il giudice non poteva emettere una sentenza di immediato proscioglimento per difetto di querela, poiché la fattispecie complessa di improcedibilità si sarebbe perfezionata solo dopo il decorso del termine trimestrale entro il quale la parte offesa (autonomamente) avrebbe potuto (ancora) querelarsi rispetto ad un fatto già procedibile d'ufficio (solo nel caso del impugnazione inammissibile, il giudice del gravame può dichiarare senz'altro l'inammissibilità del ricorso senza attendere lo spirare del termine trimestrale: cosi Cass. pen., sez. IV, n. 2657/2023, in Il Penalista, giurisprudenza commentata del 15 marzo 2023, con commento di A. Natalini, Riforma Cartabia e mutato regime di procedibilità: se il ricorso è inammissibile non bisogna attendere i tre mesi per la querela), a regime, il decorso il termine di tre mesi decorrente dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 senza che l'autorità giudiziaria procedente riceva la prova dell'avvenuta presentazione di querela impone l'immediata pronuncia della declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela. Peraltro, nel giudizio di legittimità, tale esito decisorio potrebbe ritenersi ulteriormente necessitato nella misura in cui l'accertamento di fatto sull'esistenza di valida (e/o tempestiva) querela è ritenuta dalla stessa Corte di legittimità questione da devolvere in prima battuta al giudice del merito (ad es. Cass. pen., sez. II, n. 8653/2022; Cass. pen., sez. III, n. 35767/2017; Cass. pen., sez. V, n. 19241/2015). Ciò al netto delle buone prassi comunque attivate dai Collegi delle sezioni semplici della Corte (ovvero dallo spogliatore anche tramite l'Upp) per richiedere informazioni circa l'avvenuta o meno presentazione di querela, a fronte di specifica eccezione difensiva ritenuta ammissibile. |