Il riparto di giurisdizione nella revisione dei prezzi nei contratti pubblici
27 Settembre 2023
Premessa
La presente analisi prende spunto dalla sentenza del Consiglio di Stato del 13 luglio 2023, n. 6847 in materia di revisione dei prezzi nei contratti pubblici con l'intento di focalizzare l'attenzione sull'evoluzione dell'orientamento manifestato dal Supremo Consesso in ordine alla portata della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.
L'obiettivo è cioè quello di ripercorrere gli “scambi” più rilevanti della giurisprudenza degli ultimi dieci anni viaggiando sugli stessi binari della sua evoluzione: qualificazione dell'attività esercitata dalla p.a., attribuzione dell'esatta natura giuridica alla situazione del richiedente la revisione, individuazione delle azioni esperibili da parte del privato affidatario, definizione del tipo di sindacato svolto dal Giudice.
Quanto sopra nell'ambito di una giurisdizione esclusiva che, a sua volta, ha visto nel tempo mutare i propri confini e la propria consistenza. Quadro normativo
L' art. 44, commi 4 e 6, l. 23 dicembre 1994, n. 724, e poi l' art. 115 d.lgs. n. 163/2006 prevedevano l'obbligo per i contratti di durata relativi a servizi o forniture di recare una clausola di revisione periodica del prezzo; revisione da operarsi previa istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati legislativamente indicati.
L'art. 106, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 50/2016 ha previsto, in luogo dell'obbligo, la facoltà per la stazione appaltante di contemplare clausole di revisione nei documenti di gara iniziali, a condizione che la loro applicazione non fosse suscettibile di comportare l'alterazione delle regole fissate in vista della competizione, dovendo altrimenti essere esperita una nuova procedura.
Da ultimo, l'art. 60 d.lgs. n. 36/2023 ha nuovamente introdotto l'obbligo dell'inserimento delle clausole di revisione nei documenti di gara per tutte le procedure di affidamento, sottolineando che tali clausole non devono produrre modifiche idonee ad alterare la natura generale del contratto e che la loro attivazione è subordinata al verificarsi di condizioni oggettive determinanti una variazione dei costi superiore alle soglie indicate.
L' art. 244, comma 3, d.lgs. n. 163/2006, ha devoluto le controversie relative alle clausole in questione alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.
Tale disposizione è stata poi sostituita dal d.lgs. n. 104/2010, ai sensi del quale «il codice del processo amministrativo individua le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di contratti pubblici», con il definitivo approdo all'art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a. e alla prevista devoluzione alla giurisdizione amministrativa esclusiva delle controversie relative alla clausola di revisione del prezzo e al connesso provvedimento applicativo nei contratti pubblici ad esecuzione continuata o periodica nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell'adeguamento dei prezzi. La giurisprudenza sul riparto di giurisdizione in materia di revisione dei prezzi dei contratti pubblici
Con la sentenza n. 465 del 2013 il Consiglio di Stato, previa qualificazione in termini autoritativi del potere dell'Amministrazione di verificare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della spettanza della revisione dei prezzi, afferma la natura di interesse legittimo della posizione dell'affidatario e l'ascrizione della controversia alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ex art. 244, comma 3, d.lgs. n. 163/2006.
Dal punto di vista del tipo di sindacato giudiziale, viene sottolineata, tuttavia, la necessità di un'indagine bifasica: una prima verifica circa la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della spettanza della revisione, con le forme di tutela proprie dell'interesse legittimo, e un successivo accertamento del “quantum debeatur” secondo gli strumenti tipici del diritto soggettivo.
Il Supremo Collegio richiama la decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 26298 del 31 ottobre 2008, secondo la quale, poiché l'attività della stazione appaltante conseguente alla richiesta di revisione ha natura discrezionale, la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo. Solo dopo che l'Amministrazione abbia riconosciuto la pretesa dell'istante, la posizione del privato acquista natura di diritto soggettivo con riferimento al “quantum”.
Il Giudice amministrativo sembra, tuttavia, differentemente da quello ordinario, porre l'accento sull'unicità della giurisdizione e sulla possibilità di scindere la posizione dell'affidatario in due distinte situazioni giuridico soggettive a seconda che ci si trovi nella fase processuale della preliminare verifica dell'an o in quella successiva volta all'accertamento del quantum: la situazione del privato si atteggia come interesse legittimo nel primo segmento e come diritto soggettivo nel secondo. Conseguentemente, nonostante la portata generale della giurisdizione esclusiva, le forme di tutela del privato mutano a seconda del momento dell'indagine.
Nella sentenza n. 396/2014 il Consiglio di Stato allinea il proprio orientamento alla decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 11 ottobre 2011, n. 20902, affermando la necessità di individuare i confini del riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e Giudice amministrativo in materia di affidamenti pubblici e dichiarando l'irrilevanza a tale fine della prospettazione operata dalle parti: l'elemento dirimente non è il petitum formale ma il petitum sostanziale, identificato in funzione della causa petendi.
Il Giudice di primo grado aveva a sua volta ricordato che, in base alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 397/2011, la giurisdizione del Giudice amministrativo trova radice nel potere autoritativo della p.a.: nella mera determinazione dell'entità del credito sono inesistenti momenti di ponderazione comparativa degli interessi privati e pubblici in gioco e la lite è da scriversi alla giurisdizione ordinaria.
Sia il Giudice amministrativo che quello ordinario individuano il criterio di riparto della giurisdizione nella situazione giuridica dedotta in giudizio, così come illuminata dalla ragione giustificativa della domanda, e radicano la giurisdizione amministrativa solo laddove vi sia esercizio, da parte dell'Amministrazione affidante, di un potere autoritativo e della connessa attività discrezionale.
Con la sentenza n. 2756/2018 il Consiglio di Stato afferma che il discrimen tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria è costituito dall'esistenza o meno di un provvedimento di riconoscimento del diritto al compenso revisionale proveniente dall'organo deliberativo competente ad esprimere la volontà della p.a.: se il soggetto affidante ha già riconosciuto il diritto soggettivo alla revisione, la controversia ha ad oggetto la contestazione del quantum debeatur e rientra nella giurisdizione ordinaria; se tale riconoscimento non c'è stato, la lite ha ad oggetto l'an e, in quanto afferente ad una posizione di interesse legittimo, va ascritta alla giurisdizione amministrativa.
Il Collegio giudicante dichiara di condividere i criteri di riparto della giurisdizione delineati dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 20 giugno 2000, n. 454, secondo cui la posizione dell'appaltatore, ordinariamente configurabile in termini di interesse legittimo tutelabile dinanzi al Giudice amministrativo, acquista natura di diritto soggettivo tutelabile dinanzi al Giudice civile, “quando l'amministrazione abbia già adottato un espresso provvedimento attributivo o tenuto un comportamento comportante implicito riconoscimento del diritto alla revisione”.
In tale caso, ciò che viene in rilievo è il diritto soggettivo dell'affidatario all'adempimento contrattuale da parte dell'Amministrazione che si trova con il primo in posizione paritetica (cfr. Cass., sez. un., n. 14559/2015).
In questa fase, dunque, rilievo preminente ai fini del riparto di giurisdizione viene conferito al provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto alla revisione, con specifica indicazione dell'organo deliberativo competente alla sua adozione.
L'elemento dirimente non è più, quindi, (o non più solo) interno al giudizio (petitum sostanziale e causa petendi) ma esterno e preesistente a questo. Se all'esterno del giudizio si è già configurato il riconoscimento del diritto, all'interno dello stesso si verterà solo del quantum e la giurisdizione sarà del Giudice civile; in caso contrario, l'an diverrà oggetto del contenzioso con conseguente giurisdizione del Giudice amministrativo.
Con la sentenza n. 4827/2018 il Consiglio di Stato sostiene che l'obbligatorietà dell'inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo (così come prevedeva l'art. 115 d.lgs. n. 163/2006) non comporta il diritto dell'affidatario all'automatico aggiornamento del corrispettivo, ma l'interesse legittimo a che l'Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente prescritti e decida sulla richiesta di revisione in esito al corretto esercizio dell'attività di bilanciamento degli interessi coinvolti.
La natura di diritto soggettivo della pretesa all'adeguamento vantata dal privato fornitore è esclusa anche alla luce della struttura procedimentale dell'istituto, la quale sottende l'esercizio di un potere autoritativo che rende impossibile quella equiordinazione tra soggetto pubblico e soggetto privato che, invece, si afferma in ordine alle questioni involgenti la sola entità della pretesa.
Il Supremo Collegio ribadisce che la posizione del privato contraente ha natura di interesse legittimo con riferimento all'an della pretesa e di diritto soggettivo con riguardo al quantum se e in quanto sia già intervenuto il riconoscimento della spettanza del compenso revisionale.
A fronte, quindi, delle tesi (spesso sostenute dagli affidatari a scopo difensivo) per le quali il provvedimento di riconoscimento non sarebbe stato necessario nella vigenza dell'art. 115 d.lgs. n. 163/2006 contemplante l'obbligatorietà della clausola di revisione dei prezzi, il Consiglio di Stato afferma che dall'obbligo della p.a. non discende l'automatica spettanza al privato del compenso revisionale e torna, per questa via, ad affermare l'imprescindibilità di un provvedimento di riconoscimento anche quale discrimine per il riparto di giurisdizione.
Con la sentenza n. 1937 del 2019, il Consiglio di Stato sottolinea che il meccanismo di rinegoziazione dei prezzi, riferendosi al contratto già perfezionato, esula dalla giurisdizione amministrativa e rientra in quella ordinaria, non disponendo l'Amministrazione di un potere autoritativo di modifica unilaterale dell'oggetto del sinallagma, ma solo di un diritto potestativo di recesso in caso di mancato accordo sulla riduzione.
Con l'ordinanza 12 ottobre 2020, n. 21990, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile ribadiscono che la sussistenza di una giurisdizione amministrativa esclusiva non comporta l'automatica estromissione della giurisdizione ordinaria, dovendosi sempre verificare l'esistenza e l'esercizio di un potere. A tale fine, assumono rilievo essenziale le pattuizioni contrattuali: se queste non contemplano la revisione dei prezzi, la controversia ricade nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo; se invece la disciplinano, occorre verificare gli effetti della regolamentazione sul rapporto tra le parti.
Se il contenuto della clausola implica la persistenza di un potere discrezionale della committente pubblica, la controversia rientra nella giurisdizione amministrativa esclusiva; se invece il contenuto della clausola individua un obbligo della parte pubblica, deve riconoscersi la speculare sussistenza di un diritto soggettivo dell'appaltatore e la controversia confluisce nella giurisdizione ordinaria.
La generale regola della pariteticità, che investe anche la Pubblica Amministrazione che sia parte di un contratto, trova un'eccezione nella clausola di revisione dei prezzi solo qualora questa conferisca alla stazione appaltante uno spazio di discrezionalità riferito all' an e/o al quantum.
Al ricorrere di questa eccezione, la giurisdizione è quella esclusiva del Giudice amministrativo.
In questo modo si interrompe il nesso automatico, sul quale la pregressa giurisprudenza si era fondata (pur, talvolta, diversamente argomentandolo), tra an/discrezionalità e quantum/assenza di discrezionalità.
Con le sentenze n. 6844-6848 del 13 luglio 2023, il Consiglio di Stato rileva, infine, che il riferimento alla discrezionalità della parte pubblica del contratto nella decisione sull' an della revisione è, in realtà, una “ambiguità lessicale” che, in modo fuorviante, evoca logiche attinenti alla giurisdizione generale di legittimità, che sono invece estranee alla giurisdizione esclusiva.
La discrezionalità dell'Amministrazione presenta in quest'ambito una connotazione particolare, che la avvicina più alla discrezionalità dei poteri civilistici del privato nell'esercizio delle sue facoltà di scelta nell'ambito di un rapporto obbligatorio di durata che non alla discrezionalità amministrativa in senso proprio, ossia quella che l'Amministrazione esercita in ordine ai poteri autoritativi di cui dispone per lo svolgimento dei compiti istituzionali.
La revisione dei prezzi appartiene in ogni suo aspetto alla fase di esecuzione del contratto e l'ascrizione alla giurisdizione esclusiva si giustifica per l'inestricabile intreccio tra diritti soggettivi e interessi legittimi che connota tale blocco di materia e che motiva la deroga al normale criterio di riparto che avrebbe, invece, determinato l'assegnazione al Giudice civile.
Da tale ricostruzione discende la centralità del rapporto giuridico tra le parti e la necessità che la cognizione del Giudice si estenda dall'atto al rapporto anche al di là della configurazione della domanda, in base alla regola generale per cui non è il petitum formale, ma quello sostanziale, incentrato sulla causa petendi, a determinare il tema della decisione e il tipo di sindacato del giudice.
Nell'ultima fase, quindi, la giurisprudenza amministrativa giunge al superamento del tradizionale orientamento basato sulla distinzione tra controversie sull' an e sul quantum, nonché sulla sussistenza o meno della discrezionalità amministrativa, e riconosce alla giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di revisione dei prezzi una portata generale. In conclusione
Il dibattito circa il riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e Giudice amministrativo in materia di revisione dei prezzi nei contratti pubblici si è dipanato attraverso numerose decisioni del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione di cui rileva l'identità delle direttrici argomentative: la qualifica della situazione del privato e l'individuazione della natura giuridica dell'attività posta in essere dall'Amministrazione.
Tali profili, inizialmente ritenuti indispensabili per stabilire il confine tra le due giurisdizioni, in un momento successivo hanno visto la loro rilevanza ricondotta all'ambito della definizione del tipo di sindacato giudiziale e della tipologia di azioni esperibili.
Nell'ultima fase, la giurisprudenza amministrativa ha accolto un'accezione più ampia della propria giurisdizione esclusiva alla luce del rilievo riconosciuto all'inestricabilità dell'intreccio di situazioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo, abbattendo le fondamenta dei pregressi orientamenti attraverso la ridefinizione del concetto di discrezionalità esercitata in quest'ambito dalla p.a.
Non rileva argomentare circa la sussistenza o insussistenza di discrezionalità al fine di individuare la posizione di potere dal lato dell'amministrazione e quella di interesse legittimo dal lato del privato, in quanto ciò che la giurisprudenza pregressa ha definito in termini di discrezionalità amministrativa è, in realtà, l'esplicazione, nel rapporto contrattuale privato-pubblica amministrazione, delle facoltà di scelta delle parti nella fase di esecuzione tipica del contratto tra privati.
Così svuotata dall'interno, la distinzione tra controversie relative all'an e liti relative al quantum non ha più ragione di essere.
Da qui l'affermazione circa l'appartenenza di tutta la materia all'esecuzione del contratto e il rinvenimento nella ratio stessa della giurisdizione esclusiva (in particolare, nell'esigenza di far fronte all'intreccio inestricabile di interessi legittimi e diritti soggettivi caratterizzante il blocco di materia) della sua portata generale nel contesto della revisione dei prezzi nei contratti pubblici.
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