Incompetenza per territorio e provvedimenti provvisori nell'interesse dei minori
29 Settembre 2023
Massima
Il superiore interesse del minore, il quale impone di non lasciare vuoti di tutela nel tempo necessario per la riassunzione del processo, consente al Tribunale adito, anche laddove sia territorialmente incompetente, di adottare anche d'ufficio gli opportuni provvedimenti provvisori, i quali conservano efficacia sino al successivo intervento di conferma, modifica o revoca da parte del giudice competente. Il caso
La vicenda trae origine dalla richiesta, presentata da un genitore (la madre), di affidamento congiunto dei figli minori nati fuori dal matrimonio nonché della determinazione dei periodi di frequentazione del padre, oltre che del contributo di mantenimento dallo stesso dovuto. In particolare, il ricorso introduttivo del giudizio veniva depositato presso il Tribunale di Pordenone, in quanto era in quella provincia che, al momento della presentazione della domanda giudiziale (avvenuta entro un anno dall'ultimo trasferimento del minore, evidentemente non concordato con l'altro genitore), la ricorrente ed uno dei figli avevano stabilito, a seguito di altri numerosi trasferimenti, la propria residenza. La questione
L'ordinanza in commento pone all'attenzione dell'interprete due questioni di particolare importanza: quale ufficio giudiziario è competente per i procedimenti che riguardano i minori, nel caso in cui il trasferimento di questi ultimi sia avvenuto senza autorizzazione? E, soprattutto, cosa si intende per residenza abituale del minore? Inoltre, laddove sia declinata la competenza territoriale del Giudice adito, possono essere egualmente pronunciati provvedimenti provvisori nell'interesse esclusivo dei minori? Le soluzioni giuridiche
Il primo quesito riguarda la competenza per territorio nei procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie. A tal fine, l'ordinanza in commento, constatata la giurisdizione italiana (art. 7, Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019), illustra il quadro normativo di riferimento, così come risultante dalla c.d. Riforma Cartabia (d.lgs. 10 ottobre 2022, 149), evidenziando come per tutti i procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che riguardano un minore – compresa, ex art. 473 bis.47 c.p.c., la regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio – è competente (art. 473 bis.11 c.p.c.), anche nel caso in cui vi sia stato trasferimento non autorizzato del minore (e purché non sia decorso un anno), il tribunale del luogo in cui lo stesso ha la residenza abituale (F. Danovi, Il nuovo rito unitario per i processi relativi alle persone, ai minorenni e alle famiglie, in Giur.it., 3/2023), cioè quella stabilita di comune accordo dai genitori (art. 316, comma 1, c.c.). La norma di apertura del Capo II, Titolo IV bis, Libro II, c.p.c., invero, costituisce espressione dei principi sovranazionali in materia (art. 9, Regolamento (UE) 2019/1111 cit.; Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori conclusa all'Aja il 19 ottobre 1996, ratificata con legge 18 giugno 2015, n. 101) e di quelli espressi dalla Suprema Corte (Cass. civ., sez. VI, 07 giugno 2021, n. 15835; A. Scalera, La competenza si determina in base alla residenza abituale del minore, in Ius Famiglie, 2021) e volti a disincentivare trasferimenti repentini per ragioni di «forum shopping». Si comprende, pertanto, la ragione per cui sia stato «previsto che, in caso di trasferimento non autorizzato della residenza del minore, permanga la competenza del tribunale del precedente luogo di residenza, qualora il ricorso sia depositato entro l'anno», tanto che si discorre di «una sorta di “ultrattività” del giudice naturale del luogo dove il minore aveva in precedenza la propria residenza abituale» (C. Costabile, Residenza abituale del minore, in Ius Famiglie, 2023); alla stessa esigenza (oltre a quella di rispondere alla necessità di superare alcune incertezze interpretative in passato manifestatesi: cfr. Cass. civ., sez. VI, 20 ottobre 2015, n. 21285) risponde la fissazione di un termine, decorso il quale, specularmente, la competenza spetta al giudice del nuovo luogo di residenza del minore pure in presenza di trasferimenti non autorizzati. Tutto si risolve allora – nel caso considerato – in un accertamento di fatto, volto a ricostruire i trasferimenti della madre e di uno dei figli, e così in un percorso che partendo dall'estero giunge in Italia ed ivi per varie località, talvolta senza neppure cambiare la residenza, fino ad un Comune rientrante nella circoscrizione giudiziaria del Tribunale adito. Così impostato il discorso, sono allora il mancato accordo dei genitori sull'ultimo trasferimento (desumibile dalle dichiarazioni della ricorrente e dalle relazioni dei Servizi Sociali) e il breve lasso di tempo (inferiore ad un anno) dall'ultimo cambio di residenza che hanno portato il Tribunale di Pordenone a rilevare d'ufficio la propria incompetenza per territorio. Peraltro, come detto, l'individuazione della «residenza abituale» richiede, da parte del giudice di merito, una valutazione di mero fatto, incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivata e deve privilegiare una prognosi prospettica per il più compiuto soddisfacimento degli interessi del minore. La nozione, allora, «coincide con il luogo del concreto e continuativo svolgimento della propria vita personale» e dove «il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha consolidato la sua rete di affetti e relazioni», con la inevitabile conseguenza che non potrebbero assumere rilievo la mera residenza anagrafica o eventuali trasferimenti contingenti o temporanei (Cass. civ., sez. I, 24 luglio 2023, n. 22022; Cass. civ., sez. un., 04 ottobre 2018, n. 24231). In tal senso, nei più diversi contesti (P. Farina, R. Giordano, R. Metafora, La riforma del processo civile, Giuffré, 2022), si è affermato che «residenza abituale corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali» perché ciò che assume decisivo rilievo è «il luogo dove il minore custodisce e coltiva i suoi più radicati e rilevanti legami affettivi ed i suoi reali interessi» (A. Liuzzi, Sottrazione internazionale di minori e questioni processuali: ancora in tema di ascolto e di residenza del minore, in Fam. Dir., 10/2008). Il concetto è delimitato dai rapporti e relazioni tutte, dalla scuola, dalle amicizie e affetti, dalla presenza dei congiunti maggiormente significativi, dai vari riferimenti spaziali e temporali: nella quotidianità (e, talvolta, nelle aspettative), del resto, si realizzano le basilari esperienze di vita e si accresce e svolge compiutamente la personalità del minore. Ciò che emerge è, pertanto, il già vissuto (tanto individualmente quanto mediante relazioni interpersonali), fatto di modelli culturali e dal sistema di valori di riferimento; quel giudizio prognostico, più sopra accennato e volto a soddisfare le esigenze del minore, si riflette in definitiva sul modo di intendere lo svolgimento dei “legami” creati nei luoghi identificati come «residenza abituale», perché il tutto deve essere inteso non staticamente, ma in quanto capace di proiettarsi nel futuro. In tale contesto – stante, nella fattispecie considerata, il difetto di competenza – l'interprete deve altresì interrogarsi sull'altra questione, attinente alla possibilità per il Tribunale adito di adottare comunque e, quindi, pur se incompetente, provvedimenti provvisori nell'interesse esclusivo dei minori. Ebbene, la pronuncia in commento (senza richiamare, al riguardo, alcun precedente sul punto) rammenta come, pur a fronte di un orientamento di segno negativo, in passato si è ritenuto che il Tribunale dichiaratosi incompetente possa, in presenza di situazioni «di effettiva urgenza» e «al solo scopo di evitare un vuoto di tutela in caso di esigenze indifferibili del minore», pronunciare provvedimenti provvisori, suscettibili poi di essere revocati (ovvero modificati o confermati) dall'ufficio giudiziario competente (Trib. Pordenone, 11 agosto 2023). Si tratta di un principio di grande importanza, anche operativa, sicché la soluzione prescelta – si specifica ulteriormente nella parte motiva della decisione – merita continuità e deve ritenersi ammissibile a maggior ragione con il nuovo rito unico previsto per i procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie (G. Casaburi, Il processo di famiglia novellato: unità e pluralità dei riti e ambito applicativo, in Foro it., 9/2023). E, così, se un tempo – come si evince dallo svolgimento argomentativo dell'ordinanza – a sostegno di tale tesi, si richiamavano gli artt. 336, comma 3, c.c., 337-ter, comma 3, c.c. e 189 disp. att. c.p.c., nell'attuale sistema (R. Donzelli, Il rompicapo dei provvedimenti provvisori e urgenti resi nel procedimento per le persone, i minorenni e le famiglie, in Judicium, 2023), l'interpretazione discenderebbe dagli artt. 473 bis.2 c.p.c. e 473 bis.22 c.p.c., i quali prevedono rispettivamente che il giudice, a tutela dei minori, possa adottare d'ufficio i provvedimenti opportuni in deroga all'articolo 112 c.p.c. e che possa concedere i provvedimenti temporanei e urgenti che ritiene opportuni nell'interesse dei figli, i quali conservano efficacia anche dopo l'estinzione del processo, finché non siano sostituiti con altro provvedimento. Evidentemente, allo stato, nessuna delle due norme considerate esplicita che l'adozione di quei provvedimenti possa avvenire pure in caso di incompetenza del giudice adito. E, tuttavia, nello sviluppo argomentativo e nell'iter logico seguito dal Tribunale, si ha ciononostante cura di specificare come è proprio «l'elasticità» della prima norma richiamata (cioè l'art. 473-bis.2 c.p.c.) – configurata in modo da apprestare massima tutela al minore (Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149) – che impone di evitare vuoti di tutela nel tempo necessario per la riassunzione del processo. Sul punto, come anticipato, un ulteriore riferimento significativo potrebbe desumersi dall'art. 189 disp. att. c.p.c. il quale, in materia di separazione e divorzio, prevede «in caso di estinzione del giudizio» l'ultrattività dei provvedimenti presidenziali emessi: infatti, poiché nelle ipotesi di estinzione «può ritenersi compresa la pronuncia di incompetenza, che è una delle vicende idonea a provocare l'estinzione del processo per il caso in cui esso non si è riassunto tempestivamente» (Trib. min. Potenza, 03 luglio 2018), se ne deduce di conseguenza la possibilità di pronunciare i provvedimenti urgenti a tutela dei minori. Nel medesimo senso, poi, depone anche l'art. 15 del Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019, che prevede, nei casi di urgenza, il potere delle autorità giurisdizionale di uno Stato membro che non sia competente secondo le regole generali, di adottare comunque i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, stabilendo che i provvedimenti adottati dal giudice incompetente cessano di essere applicabili quando l'autorità giurisdizionale dello Stato membro competente a conoscere del merito, abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati. Alla medesima conclusione, peraltro, potrebbe giungersi applicando analogicamente l'art. 38 disp. att. c.p.c. (C. Costabile, Residenza abituale del minore, cit.), il quale disciplinando il riparto di competenze (per materia e non per territorio) tra Tribunale dei minorenni e Tribunale ordinario, prevede tanto la possibilità per il giudice di emettere, in ogni caso, e dunque anche contestualmente alla declaratoria di incompetenza, gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore, quanto l'ultrattività dei provvedimenti emessi dal giudice incompetente. Tale indirizzo – la cui naturale conclusione sarebbe la «“trasmigrazione” anche d'ufficio del fascicolo al giudice competente» e la ultrattività della efficacia dei provvedimenti temporanei ed urgenti fino alla loro conferma, modifica o revoca con provvedimento del giudice competente (C. Costabile, Residenza abituale del minore, cit.) – si discosta, tuttavia, dalla soluzione offerta dalla pronuncia in esame; la quale, pur riconoscendo la possibilità di emettere nell'interesse dei minori i provvedimenti (provvisori), ha comunque assegnato a parte ricorrente il termine di tre mesi per la riassunzione del processo. Eppure, in altri contesti (Trib. min. Potenza, 03 luglio 2018) si è chiarito come la trasmissione degli atti, ferma restando la possibilità della riassunzione ex art. 50 c.p.c., deve essere considerata non una prassi, ma uno strumento di primaria importanza in questo tipo di procedure, garantendo l'indubbio vantaggio di accelerare la decisione delle questioni prospettate. Ciò che resta – ed è qui che si legge la continuità del nuovo con il vecchio – è «l'attribuzione di un potere di intervento urgente e provvisorio del giudice incompetente, ovvero di conservazione dell'efficacia dei provvedimenti assunti da questo giudice sino all'intervento del giudice competente» (Trib. min., Cagliari, 03 febbraio 2020; G. Sapi, Incompetenza funzionale del T.m.: i provvedimenti provvisori e urgenti assunti restano efficaci? in Ius Famiglie, 2020). Osservazioni
I dubbi che un tempo coinvolgevano le eccezioni di incompetenza funzionale sembrerebbero riproporsi, seppure in parte e con i dovuti distinguo, in relazione alla incompetenza per territorio. Al riguardo, non è inutile sottolineare come, alla luce del principio generale di tutela dell'infanzia e dell'adolescenza sancito sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE che dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (R. Giordano, Efficacia dei provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice incompetente e tutela dell'interesse superiore del minore, in Ius Famiglie, 2018), sempre attuale pare essere l'affermazione (Trib. min. Potenza, 03 luglio 2018) per cui «deve riconoscersi al tribunale … che si dichiari incompetente, sia il potere di confermare i provvedimenti provvisori urgenti adottati in precedenza, sia di adottarli contestualmente alla dichiarazione di incompetenza, al fine di porre rimedio, ove opportuno, alle condizioni di pregiudizio e di disagio in cui il minorenne si trovi a causa del conflitto tra i genitori, con l'espressa previsione che detti provvedimenti manterranno la loro efficacia sino a diversa pronuncia del competente tribunale ordinario (presso il quale, mediante trasmissione degli atti, o per riassunzione, sia attivata la translatio iudicii)». |