Revisione dei prezzi nell’esecuzione del contratto di appalto: appartiene al Giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva
04 Ottobre 2023
Una società ha appellato la sentenza del TAR della Lombardia di rigetto del ricorso proposto dalla stessa appellante per l'annullamento del provvedimento con il quale la società controllata dalla predetta Regione con funzioni di centrale regionale di committenza, ha respinto l'istanza per la revisione del prezzo previsto dalla convenzione per la fornitura di gas medicinali, tecnici e criogenici e dei servizi di manutenzione connessi. Il Consiglio di Stato ha preliminarmente dichiarato la giurisdizione amministrativa esclusiva di cui all'art. 133, lettera e), n. 2, del c.p.a., in quanto la revisione dei prezzi attiene alla fase di esecuzione del contratto, in deroga al criterio di riparto che avrebbe determinato la giurisdizione del GO, per l'inestricabile intreccio tra diritti soggettivi e interessi legittimi che caratterizza tale giurisdizione. La posizione dell'Amministrazione non è quella di un soggetto che esercita poteri autoritativi e di esercizio di una funzione discrezionale di cura di un interesse pubblico, bensì di un soggetto che agisce come controparte contrattuale, che agendo jure gestionis, esercita la “discrezionalità” connessa all'autonomia contrattuale della parte che valuta le soluzioni più convenienti, benché nel quadro delle norme pubblicistiche speciali di deroga al codice civile, poste dalla legislazione di settore, che condizionano tale autonomia contrattuale in quanto espressione di poteri pubblicistici. Tale inquadramento giuridico implica la centralità del rapporto giuridico tra le parti nella dinamica esecutiva del contratto, trattandosi di un “vizio funzionale del sinallagma” causato da sopravvenienze che alterano l'equilibrio economico. Inoltre, in questa tipologia di controversie occorre che la cognizione del giudice si estenda dall'atto al rapporto, e risulta inappropriato un approccio impugnatorio basato sui vizi formali e procedurali dell'atto. Quanto al merito della causa, il Collegio ha premesso che l'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, consente l'inserimento della clausola di revisione dei prezzi a condizione che la modifica del contratto nel suo periodo di efficacia non alteri le condizioni della gara, dovendo altrimenti essere esperita una nuova procedura di affidamento e si raccorda al diritto dell'UE che, a tutela della concorrenza, limita i meccanismi di revisione dei prezzi degli appalti pubblici per evitarne i potenziali effetti elusivi del meccanismo della gara pubblica. Trattandosi di norma derogatoria del principio della gara, non ne è consentita un'interpretazione analogica ed estensiva. L'art. 60, comma 1, del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, disciplina l'istituto con numerose norme speciali. Ad avviso del Collegio, al caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, non è applicabile l'art. 106, comma 1, lettera a), del codice dei contratti pubblici, che disciplina gli aspetti economici del contratto, perché non sussiste il presupposto costituito dalle modifiche contrattuali “nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili” che mancano anche nella convenzione stipulata. L'applicazione della norma citata si tradurrebbe in una violazione del principio di immodificabilità delle condizioni di gara in caso di modifiche successive del contratto. Invece, ad avviso del Collegio al caso di specie è applicabile il comma 2 dell'art. 106. Non può infatti, trovare applicazione neppure la lettera c) del comma 1 dell'art. 106 perché, come di recente affermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, fa testuale riferimento alle “modifiche dell'oggetto del contratto” che si correlano alle “varianti in corso d'opera. Orbene, il Collegio ritiene che l'ipotesi contemplata dal comma 2 dell'art. 106, per cui i contratti possono essere modificati senza necessità di una nuova procedura se il valore della modifica è al di sotto delle soglie normative fissate, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, sia in astratto applicabile al contratto di fornitura oggetto della lite, ma non in concreto, atteso che la società appellante ha chiesto la revisione con incrementi superiori ai limiti del predetto comma 2. In questo senso, ad avviso del Collegio esclusa l'applicabilità, nella fattispecie, dell'art. 1, comma 511, della legge n. 208 del 2015, richiamato dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 106 del codice dei contratti pubblici, acclarata l'applicabilità al rapporto convenzionale della sola ipotesi revisionale di cui al comma 2 del citato art. 106, l'appello merita un accoglimento solo parziale, con riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha negato l'applicabilità del predetto comma 2, nei limiti della facoltà della parte di rimodulare la sua richiesta e non anche nel senso della fondatezza della sua pretesa a conseguire i maggiori aumenti come richiesti. Il Collegio chiarisce che la parziale fondatezza dell'appello non comporta l'accoglimento del ricorso di primo grado e l'annullamento della nota ivi impugnata, atteso che il diniego opposto dalla società pubblica è comunque giustificato dalla menzionata esorbitanza della domanda revisionale rispetto ai limiti quantitativi, ai sensi del comma 2 dell'art. 106. La domanda revisionale, potrà in ogni caso essere correttamente riproposta, entro i predetti limiti. Per mera completezza di esame il Collegio rileva che non è applicabile nel caso dedotto la previsione della lettera e) dell'art. 106, ossia il caso delle modifiche non sostanziali ai sensi del comma 4, Infine, il Collegio afferma che una volta acclarata l'applicabilità al rapporto convenzionale della sola ipotesi revisionale di cui al comma 2 del predetto art. 106, esula dall'oggetto del giudizio la valutazione dell'idoneità probatoria dei documenti e delle informazioni sulle variazioni dei prezzi dei prodotti nel procedimento, che dovrà essere richiesta dalla società appellante con una nuova domanda, ed essere esaminati e valutati secondo correttezza e buona fede dalla società appellata convenuta. |