Regole deontologiche per il trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica

06 Ottobre 2023

Nell'ordinamento italiano, con il d.lgs. n. 101/2018, il legislatore ha affidato al Garante per la protezione dei dati personali il compito di promuovere regole deontologiche per i trattamenti relativi alla libertà di espressione e di informazione.

Inquadramento

Ai sensi del Capo IX del Regolamento 2016/679 (“GDPR”), il diritto degli Stati membri concilia la protezione dei dati personali con il diritto alla libertà d'espressione e di informazione, pertanto gli Stati membri possono prevedere deroghe ed esenzioni ai fini del trattamento di dati personali effettuato a scopi giornalistici.

Nell'ordinamento italiano, con il d.lgs. n. 101/2018, il legislatore ha affidato al Garante per la protezione dei dati personali, il compito di promuovere regole deontologiche per i trattamenti relativi alla libertà di espressione e di informazione.

Il 29 novembre 2018 il Garante, verificata la conformità al Regolamento delle disposizioni del “Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica”, ha disposto che le regole indicate nell'allegato 1 del provvedimento, (di seguito “Regole”) fossero pubblicate come “Regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica”.

Principi generali

Il GDPR conferma la necessità di una considerazione particolare al trattamento per le finalità giornalistiche, posto che anche ai sensi dell'art. 11 della Carta dei diritti fondamentali della UE devono essere rispettate la libertà di espressione e la libertà dei media ed il loro pluralismo. In Italia secondo l'art. 21 Cost., la professione giornalistica rappresenta una condizione essenziale per l'esercizio della vita democratica, pertanto deve svolgersi senza autorizzazioni o censure.  In quanto condizione essenziale per l'esercizio del diritto dovere di cronaca, risulta necessaria la raccolta, la conservazione e la diffusione di notizie su eventi e vicende relativi a persone fisiche. Da ricordare che in base a quanto pocanzi rappresentato, il diritto di informare può anche prevalere sul diritto alla riservatezza, se l'utilità sociale dell'informazione è di interesse pubblico, se si persegue la ricerca della verità e la forma della esposizione sia corretta e frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca dei fatti esposti. Tutto ciò premesso il Garante ha adottato un documento che disciplina una serie di regole in merito ai trattamenti relativi alla libertà di espressione e di informazione, le quali si applicano ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti ed a chiunque altro, anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica.

All'art. 1 delle Regole, vengono rappresentati i principi generali, ovvero che le Regole sono volte a contemperare i diritti fondamentali della persona con il diritto dei cittadini all'informazione e con la libertà di stampa; mentre al paragrafo 2 si delinea immediatamente quello che può essere considerato il nocciolo fondante delle Regole ovvero, che in forza dell'art. 21 Cost., la professione giornalistica si svolge senza autorizzazioni o censure.

Si sottolinea che per quanto vi sia un regime di favore verso l'attività giornalistica vi sono anche dei limiti, che tengono conto delle caratteristiche e delle peculiarità dell'attività di informazione. L'art. 137, comma 3 del Codice privacy chiarisce, infatti, che, in caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di giornalismo, restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti della persona e, in particolare, quello dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico.

A tale riguardo possiamo fare riferimento a quelli che sono stati ritenuti i tre principi-cardine di un corretto esercizio del diritto di cronaca: verità (anche solo putativa), continenza della forma espositiva, pertinenza o interesse sociale alla notizia. Dall'insieme di questi tre elementi si ricava un concetto di essenzialità dell'informazione, al quale il giornalista deve attenersi, (Cass. n. 5259/1984).

Banche dati di uso redazionale e tutela degli archivi personali dei giornalisti

L'art. 2 delle Regole riporta alcune disposizioni armonizzate alle prescrizioni del GDPR. In primis nell'indicare i limiti agli obblighi di informativa dei giornalisti conferma che il giornalista che raccoglie notizie, rende note la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta, salvo che ciò comporti rischi per la sua incolumità o renda altrimenti impossibile l'esercizio della funzione informativa. Fatta palese tale attività, il giornalista non è tenuto a fornire ulteriori elementi dell'informativa.  In merito alla conservazione delle informazioni, il giornalista può conservare i dati personali raccolti per tutto il tempo necessario al perseguimento delle finalità proprie della sua professione e dovrà improntare i suoi comportamenti ai principi della lealtà e della buona fede. Il giornalista deve essere e deve apparire corretto; l'archivio personale del giornalista è inviolabile e tutelato, per quanto concerne le fonti delle notizie, ai sensi dell'art. 2 l. n. 69/1963 e dell'art.14, § 5, lett. d) GDPR, nonché dell'art. 138 codice privacy.

Tutela del domicilio

L'art. 3 delle Regole resta ribadisce ai giornalisti l'obbligo del rispetto della inviolabilità del domicilio. Da sottolineare che la tutela del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora si estende ai luoghi di cura, detenzione o riabilitazione, nel rispetto delle norme di legge e dell'uso corretto di tecniche invasive. Viene ad esempio puntualizzato  dalla Corte di Cassazione che il diritto di cronaca può costituire scriminante per gli eventuali reati commessi con la pubblicazione e la diffusione della notizia e non per quelli compiuti al fine di procacciarsi la notizia (Cass., Sez. I pen. 06 luglio 2016, n. 27984). Ai sensi del predetto articolo, nessuno può essere, fotografato (ricorrendo anche ai teleobiettivi) mentre è in casa propria, in ospedale o in carcere. Il predetto principio in considerazione dell'inviolabilità del domicilio previsto dalla Costituzione (art. 14) cerca di bilanciare l'uso di tecniche aggressive, come il teleobiettivo, con la tutela della privata dimora.

Da considerare inoltre che l'inviolabilità del domicilio è tutelato dal Codice penale che all'art. 615-bis c.p. punisce il reato di interferenze illecite, impedendo la diffusione all'esterno delle forme di manifestazione del pensiero avvenute in privato o di notizie/immagini riservate per essersi estrinsecate o formate nel luogo di dimora o di abitazione della persona.

Rettifica

Il giornalista corregge senza ritardo errori e inesattezze, anche in conformità al dovere di rettifica nei casi e nei modi stabiliti dalla legge. In particolare la legge cui il predetto art. 4 delle Regole fa riferimento è la legge n. 47/1948 sulla stampa, con riguardo all'art.8 che prevede che il direttore responsabile o il vice direttore è tenuto a far inserire gratuitamente nel giornale o periodico da lui diretto le dichiarazioni e le rettifiche dei soggetti cui siano stati attribuiti atti, pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o, comunque, contrari alla verità. Quanto precede si raccorda inoltre con l'art. 16 GDPR che prevede tra l'altro che tenuto conto delle finalità del trattamento, l'interessato ha il diritto di ottenere l'integrazione dei dati personali incompleti, anche fornendo una dichiarazione integrativa.

Diritto all'informazione e dati personali

All'art. 5 delle Regole viene considerato il diritto all'informazione e conseguentemente il dovere degli organi di stampa di informare gli utenti su fatti di interesse pubblico. Nel presente articolo vengono estese le esenzioni previste per il trattamento dei dati personali ai fini di giornalismo, anche alle nuove categorie particolari di dati — ai sensi dell'art. 9 GDPR. Il giornalista nel raccogliere dati personali atti a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, nonché tra l'altro, dati atti a rivelare le condizioni di salute e la sfera sessuale, deve garantire il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell'essenzialità dell'informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti.

Essenzialità

Resta invariato rispetto le precedenti prescrizioni dell'art. 6 codice deontologico, l'art. 6 delle Regole, che disciplina il principio di essenzialità della informazione. Con essenzialità si intende che la divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell'originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti. La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica. La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche dovrà essere rispettata, invece, se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica.

Sempre in tema di riservatezza, i limiti dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, che circoscrivono la possibilità di diffusione dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica, comportano il dovere di evitare riferimenti alla vita privata dei congiunti del soggetto interessato dai detti fatti, se non aventi attinenza con la notizia principale e se del tutto privi di interesse pubblico (Cass., Sez. 6 - 1, Ord. 11 agosto 2021, n. 22741). Al secondo capoverso, si rappresenta che i commenti e opinioni del giornalista appartengono alla libertà di informazione nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente garantita a tutti. Difatti il lavoro del giornalista è da intendersi come quell'attività «di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie attraverso gli organi di informazione, in cui il giornalista si pone quale mediatore intellettuale tra il fatto e la sua diffusione» (Cass. S.U. n.1867/2020). Quanto ai limiti del diritto di cronaca, si richiama in primo luogo la giurisprudenza concernente la diffamazione a mezzo stampa. I caratteri della notizia, che garantiscono al giornalista di non incorrere nelle sanzioni penali e civili previste per l'offesa della reputazione altrui, sono, in particolare, la verità, l'interesse pubblico e la correttezza formale.

Tutela del minore

L'art. 7 delle Regole conferma senza modifiche quanto previsto dal Codice: al fine di tutelare la personalità del minore, il giornalista non pubblica i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca, né fornisce particolari in grado di condurre alla loro identificazione. Al terzo comma viene precisato che il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca; qualora, tuttavia, per motivi di rilevante interesse pubblico e fermo restando i limiti di legge, il giornalista decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell'interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla “Carta di Treviso”.

La Carta di Treviso è un codice deontologico varato ed approvato nel 1990 dall'Ordine dei giornalisti e dalla Fnsi di intesa con Telefono Azzurro e con Enti e Istituzioni della Città di Treviso- trae ispirazione dai principi e dai valori della nostra Carta costituzionale, dalla Convenzione dell'Onu del 1989 sui diritti dei bambini e dalle Direttive europee. La stessa costituisce un codice di condotta che può dar luogo a responsabilità disciplinare dei giornalisti e rappresenta un vademecum indispensabile per i giornalisti che divulgano notizie sui minori. Tra l'altro il 6 luglio 2021 il Consiglio dell'Ordine dei giornalisti ha deliberato un nuovo testo della Carta,  il quale ha ottenuto la presa d'atto dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali.

Ad esempio, la suddetta Carta prescrive che va garantito l'anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi della sua personalità.

La tutela dei minori e dei soggetti deboli è contemplata, altresì, dalla Carta dei doveri del giornalista, approvata l'8 luglio 1993 dal Consiglio nazionale Ordine giornalisti e dalla Federazione nazionale Stampa italiana.

In caso di pubblicazione di un'immagine di un minore, i giornalisti sono, quindi, tenuti a rispettare le regole sancite dalle suddette Carte deontologiche, il cui principio cardine è quello di evitare la pubblicazione di foto o immagini che possano portare con facilità all'identificazione del minore.

In conclusione, ove il giornalista illegittimamente pubblica immagini di minori sia lui stesso che l'editore presumibilmente saranno ritenuti responsabili della violazione. Sta pertanto alla responsabilità del giornalista e dell'editore farsi carico di valutare se la pubblicazione sia davvero nell'interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla “Carta di Treviso”.

Tutela della dignità delle persone

Resta invariato rispetto le precedenti prescrizioni l'art. 8 delle Regole, in materia di tutela della dignità delle persone. Recita il primo capoverso che salva l'essenzialità dell'informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell'immagine. Al secondo capoverso viene chiarito che, salvo rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia, il giornalista non riprende né produce immagini e foto di persone in stato di detenzione senza il consenso dell'interessato. Mentre al terzo capoverso del Codice si dice che le persone non possono essere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo che ciò sia necessario per segnalare abusi.

Proprio in merito a tale aspetto il Garante per la protezione dei dati personali ha ricordato che in caso di inosservanza del divieto, il titolare del trattamento e l'editore, possono incorrere anche nelle nuove sanzioni amministrative introdotte dal Regolamento europeo.

Tutela del diritto alla non discriminazione

L'art. 9. delle Regole, tutela il diritto alla non discriminazione senza riportare modifiche. Il diritto alla non discriminazione si muove nel pieno rispetto di quanto indicato all'art. 21 della Carta dei diritti fondamentali della Unione europea, nonché nell'art. 2 del Trattato della Unione europea. Pertanto nell'esercitare il diritto dovere di cronaca, il giornalista è tenuto a rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali. È auspicabile che tale principio, possa arricchirsi di ulteriori spunti offerti dal Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti detto Carta di Roma.

Tutela della dignità delle persone malate

Resta invariato anche l'art. 10 delle Regole, dove si prevede che il giornalista, nel far riferimento allo stato di salute di una determinata persona, identificata o identificabile, ne rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza e al decoro personale, specie nei casi di malattie gravi o terminali, e si astiene dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico. La pubblicazione è ammessa nell'ambito del perseguimento dell'essenzialità dell'informazione e sempre nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.

L'Ufficio del Garante ha, inoltre, più volte evidenziato che il diritto di cronaca, qualora coinvolga aspetti sensibili della vita delle persone e, in particolare, dati di carattere sanitario, non può prescindere dal rispetto di alcuni principi quali il dovere di raccogliere e utilizzare i dati correttamente, con trasparenza e lealtà, per scopi espliciti e secondo un criterio di proporzionalità rispetto ai fini perseguiti.

Tutela del diritto di cronaca nei procedimenti penali

Modifiche vengono riportate all'art. 12 delle Regole, per il quale viene attualizzata la prescrizione. Al trattamento dei dati relativi a procedimenti penali non si applica il limite previsto dall'art. 10 GDPR, nonché dall'art. 2-octies del codice.

Le Regole all'art. 12, escludono i limiti legati al trattamento dei dati personali relativi a condanne penali e reati, che ai sensi dell'art. 10 GDPR dovrebbe avvenire sotto il controllo dell'autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati; parimenti l'art. 2-octies del codice prevede notevoli limitazioni al trattamento di dati relativi a condanne penali e reati che non si applicano per l'attività giornalistica.

Al riguardo il Codice privacy novellato ribadisce che nell'ambito dell'attività giornalistica possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico. Di fatto una informazione giornalistica può ritenersi lecita quando, pur riferendosi a fatti e condotte private queste abbiano interesse pubblico i dettagli riportati e le circostanze siano contenute nei limiti dell'essenzialità, e vengano evitando spettacolarizzazioni e accanimenti morbosi.

Merita in fine di essere illustrato un importante adeguamento normativo voluto con la cosiddetta riforma Cartabia del processo penale (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) che ha sancito che l'imputato destinatario di una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e la persona sottoposta alle indagini destinataria di un provvedimento di archiviazione possono richiedere che sia preclusa l'indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell'art. 17 GDPR.

Ambito di applicazione e sanzioni disciplinari

Le regole confermano in fine l'art. 13 che indica che le presenti norme si applicano ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti ed a chiunque altro, anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica.

Ai sensi del Codice privacy il Garante per la protezione dei dati personali è l'organo competente ad irrogare le sanzioni, lo stesso dovrà avere cura di valutare caso per caso le violazioni, affinché le sanzioni siano sempre effettive, proporzionate e dissuasive (art. 83, comma 1 GDPR).

Mentre le sanzioni disciplinari, di cui al titolo III della l. n. 69/1963, si applicano solo ai soggetti iscritti all'albo dei giornalisti, negli elenchi o nel registro.

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