Cambiamento climatico: sei giovani portoghesi accusano davanti alla Corte EDU gli Stati UE per il mancato rispetto dell'Accordo di Parigi sul clima del 2015

La Redazione
04 Ottobre 2023

A seguito di un ricorso di sei giovani cittadini portoghesi di età compresa tra 11 e 24 anni si è tenuta, il 27 settembre 2023, un'udienza davanti alla Corte EDU (ric. n. 39371/20) riguardante le emissioni di gas serra provenienti da 33 Stati membri. Le accuse rivolte dai ricorrenti riguardano il mancato rispetto, da parte dei Paesi membri interessati, degli impegni assunti nel quadro dell'accordo di Parigi sul clima del 2015 volti a limitare l'aumento delle temperature. Le conseguenze di tale mancato rispetto, infatti, contribuirebbero al fenomeno del riscaldamento globale provocando, tra le altre cose, ondate di caldo che influiscono sulle condizioni di vita e sulla salute dei ricorrenti.

I ricorrenti sostengono che gli incendi boschivi che si verificano in Portogallo ogni anno a partire dal 2017 sono una conseguenza diretta del riscaldamento globale. Questi affermano infatti che gli incendi mettono a rischio la loro salute e sostengono di aver già sofferto di disturbi del sonno, allergie e problemi respiratori, aggravati dal caldo. Alcuni dei ricorrenti sottolineano che gli sconvolgimenti climatici provocano tempeste invernali molto violente e ritengono che la loro casa, che si trova vicino al mare a Lisbona, sia potenzialmente a rischio di danni a causa delle tempeste.

I ricorrenti affermano inoltre di soffrire di disturbi d'ansia causati da queste catastrofi naturali e dalla prospettiva di trascorrere tutta la vita in un ambiente sempre più caldo, che colpisce loro e le eventuali future famiglie che potrebbero avere.

I ricorrenti lamentano che i 33 Stati interessati non rispettano gli obblighi positivi derivanti dall'art. 2 CEDU (diritto alla vita) e dall'art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare), letti alla luce degli impegni assunti nell'ambito dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici del 2015. Hanno inoltre sollevato una questione ai sensi dell'art. 3 CEDU (divieto di tortura e trattamento o pena disumano o degradante).

I ricorrenti lamentano inoltre una violazione dell'art. 14 CEDU (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l'art. 2 e/o l'art. CEDU, sostenendo che il riscaldamento globale colpisce in particolare la loro generazione e che, data la loro età, l'ingerenza nei loro diritti è maggiore che nel caso delle generazioni più anziane.

Essi sostengono che le citate disposizioni della Convenzione dovrebbero essere lette alla luce dell'art. 3, par. 1, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. Si basano inoltre sul principio di equità intergenerazionale menzionato in una serie di strumenti internazionali, tra cui la Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo del 1992, il preambolo dell'Accordo di Parigi e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992.

I ricorrenti ritengono che gli Stati membri siano venuti meno agli obblighi derivanti dalle citate disposizioni della Convenzione, lette in particolare alla luce dei trattati internazionali sul clima, che impongono agli Stati firmatari di adottare misure per regolamentare adeguatamente i loro contributi al cambiamento climatico. Affermano che la mancanza di misure adeguate a limitare le emissioni globali costituisce una violazione degli obblighi degli Stati.

Il ricorso è stato depositato presso la Corte europea dei diritti dell'uomo il 7 settembre 2020.

Il 13 novembre 2020 il ricorso è stato notificato ai Governi interessati, con quesiti della Corte. La Camera ha deciso inoltre di trattare questo caso in via prioritaria, ai sensi dell'art. 41 del Regolamento della Corte.

Il 28 giugno 2022 la Camera cui era stato assegnato il caso ha rinunciato alla giurisdizione a favore della Grande Camera.

I ricorrenti sostengono che gli incendi boschivi che si verificano in Portogallo ogni anno a partire dal 2017 sono una conseguenza diretta del riscaldamento globale. Questi affermano infatti che gli incendi mettono a rischio la loro salute e sostengono di aver già sofferto di disturbi del sonno, allergie e problemi respiratori, aggravati dal caldo. Alcuni dei ricorrenti sottolineano che gli sconvolgimenti climatici provocano tempeste invernali molto violente e ritengono che la loro casa, che si trova vicino al mare a Lisbona, sia potenzialmente a rischio di danni a causa delle tempeste.

I ricorrenti affermano inoltre di soffrire di disturbi d'ansia causati da queste catastrofi naturali e dalla prospettiva di trascorrere tutta la vita in un ambiente sempre più caldo, che colpisce loro e le eventuali future famiglie che potrebbero avere.

I ricorrenti lamentano che i 33 Stati interessati non rispettano gli obblighi positivi derivanti dall'art. 2 CEDU (diritto alla vita) e dall'art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare), letti alla luce degli impegni assunti nell'ambito dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici del 2015. Hanno inoltre sollevato una questione ai sensi dell'art. 3 CEDU (divieto di tortura e trattamento o pena disumano o degradante).

I ricorrenti lamentano inoltre una violazione dell'art. 14 CEDU (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l'art. 2 e/o l'art. CEDU, sostenendo che il riscaldamento globale colpisce in particolare la loro generazione e che, data la loro età, l'ingerenza nei loro diritti è maggiore che nel caso delle generazioni più anziane.

Essi sostengono che le citate disposizioni della Convenzione dovrebbero essere lette alla luce dell'art. 3, par. 1, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. Si basano inoltre sul principio di equità intergenerazionale menzionato in una serie di strumenti internazionali, tra cui la Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo del 1992, il preambolo dell'Accordo di Parigi e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992.

I ricorrenti ritengono che gli Stati membri siano venuti meno agli obblighi derivanti dalle citate disposizioni della Convenzione, lette in particolare alla luce dei trattati internazionali sul clima, che impongono agli Stati firmatari di adottare misure per regolamentare adeguatamente i loro contributi al cambiamento climatico. Affermano che la mancanza di misure adeguate a limitare le emissioni globali costituisce una violazione degli obblighi degli Stati.

Il ricorso è stato depositato presso la Corte europea dei diritti dell'uomo il 7 settembre 2020.

Il 13 novembre 2020 il ricorso è stato notificato ai Governi interessati, con quesiti della Corte. La Camera ha deciso inoltre di trattare questo caso in via prioritaria, ai sensi dell'art. 41 del Regolamento della Corte.

Il 28 giugno 2022 la Camera cui era stato assegnato il caso ha rinunciato alla giurisdizione a favore della Grande Camera.