Diritto di difesa: le perquisizioni personali autorizzate ex post, se rispettano il diritto all'informazione e al difensore, sono conformi alle direttive UE

La Redazione
09 Ottobre 2023

La CGUE, con sentenza del 7 settembre 2023 (C-209/22), in una causa relativa ad un procedimento penale a carico del ricorrente per detenzione di sostanze stupefacenti, rinvenute a seguito di una perquisizione personale e la conseguente confisca delle sostanze illecite, ha ritenuto l'applicabilità delle dir. 2012/13/UE sul diritto all'informazione nei procedimenti penali e 2013/48/UE sul diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale. Infatti, per la Corte, non rileva la circostanza tale per cui il diritto nazionale, come nel caso di specie, non contempli la nozione di «indagato» e che tale persona non sia stata ufficialmente informata di rivestire la qualità di «imputato». Inoltre, per i giudici lussemburghesi tali direttive non ostano a una giurisprudenza nazionale che prevede che il giudice nazionale sia investito di una domanda di autorizzazione a posteriori di una perquisizione personale e della conseguente confisca di sostanze illecite purché, da un lato, la persona possa far rilevare successivamente, dinanzi al giudice di merito, un'eventuale violazione dei diritti derivanti dalle precitate direttive e, dall'altro, quest'ultimo sia tenuto a trarre le conseguenze da una tale violazione, soprattutto riguardo all'irricevibilità o il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni. Sui principi di legalità e divieto dell'esercizio arbitrario del potere nonché dell'art. 3 dir. 2013/48/UE i giudici affermano che quest'ultimo vada interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che un indagato o un imputato possa essere sottoposto durante la fase istruttoria di un procedimento penale, ad una perquisizione personale e alla confisca di beni illeciti, senza che tale persona goda del diritto di avvalersi di un difensore, purché dall'esame complessivo delle circostanze rilevanti risulti che tale accesso non è necessario affinché detta persona possa esercitare i propri diritti della difesa in modo effettivo.

Il caso in esame nasce da un procedimento penale avviato a carico del ricorrente per detenzione di sostanze stupefacenti, scoperte su tale persona a seguito di una perquisizione personale da parte degli agenti della polizia che avevano fermato un veicolo per sottoporre il conducente, nonché ricorrente alla CGUE, e i suoi passeggeri ad un controllo. In particolare, l'ufficiale di polizia, dopo aver proceduto all'esame fisico di uno dei passeggeri, ha redatto un verbale secondo il modello del verbale di perquisizione e sequestro in casi urgenti ad approvazione a posteriori del giudice. In tale verbale, il fatto che la perquisizione fosse stata effettuata  senza la previa approvazione di un giudice è stato motivato con «l'esistenza di indizi sufficienti indicanti la detenzione di beni vietati dalla legge, indicati in un verbale relativo a segnalazione orale di notizia di reato» (CGUE, C-209/22, § 8).

Il procuratore della procura distrettuale di Lovech ha successivamente inviato la richiesta di approvazione del verbale effettuato. Tuttavia, il giudice del rinvio ha espresso dei dubbi relativamente al fatto che il sindacato giurisdizionale previsto dal diritto nazionale sulle misure coercitive di amministrazione delle prove in fase istruttoria del procedimento penale costituisca un'adeguata garanzia dei diritti degli indagati e imputati, conformemente alle direttive europee 2012/13 e 2013/48.

La domanda pregiudiziale alla CGUE verte sull'interpretazione della direttiva 2012/13/UE sul diritto all'informazione nei procedimenti penali; della direttiva 2013/48/UE relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo (MAE), al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari; degli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE nonché dei principi di legalità e di effettività.

Il giudice rimettente, nel sottoporre alla Corte la domanda di pronuncia pregiudiziale, ha presentato le seguenti questioni preliminari:

In primis, il giudice del rinvio chiede se gli artt. 2, § 1, dir. 2012/13/UE e 2, §1, dir. 2013/48/UE debbano essere interpretati nel senso che sono applicabili quando una persona, della quale si è a conoscenza del fatto che sia in possesso di sostanze illecite, è sottoposta a perquisizione personale e alla confisca di tali sostanze, laddove il diritto nazionale non preveda il concetto di “indagato”, come contemplato dalle direttive e, tale persona non sia stata ufficialmente informata di rientrare nello status di “imputato”.

Il giudice chiede inoltre alla Corte se gli artt. 8, §2, dir. 2012/13/UE e 12, §1, dir. 2013/48/UE, letti alla luce degli artt. 47 e 48 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una giurisprudenza nazionale che prevede che il giudice investito, in forza del diritto nazionale applicabile, di una domanda di autorizzazione ex post di una perquisizione personale e della confisca di sostanze illecite, eseguite durante la fase istruttoria di un procedimento penale, non è competente a vagliare se i diritti dell'indagato o dell'imputato, tutelati dalle direttive, siano stati rispettati nell'occasione. In particolare, il giudice aggiunge che, sebbene conformemente al codice di procedura penale nazionale la perquisizione personale eseguita in fase istruttoria debba essere sottoposta al vaglio giurisdizionale a posteriori, tale controllo concerne, secondo la giurisprudenza nazionale pertinente, solo sui requisiti formali inerenti la legittimità della misura e del sequestro.

Altra questione pregiudiziale riguarda l'interpretazione dei principi di legalità e divieto dell'esercizio arbitrario del potere nonché dell'art. 3, § 3, lett. b, dir. 2013/48/UE nell'ambito di una normativa nazionale che prevede che solo le persone cui sia stato formalmente attribuito lo status di “imputato” godono dei diritti della direttiva in questione laddove il momento della collocazione in tale status sia lasciato alla discrezionalità dell'autorità inquirente.

Infine, il giudice del rinvio chiede ai giudici lussemburghesi se i principi dello Stato di diritto debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa e giurisprudenza nazionali che dispongono che il giudice nazionale non abbia il «potere di esaminare l'imputazione di una persona, benché (…) da tale atto formale dipenda il riconoscimento dei diritti della difesa a favore di una persona fisica quando nei suoi confronti sono disposti provvedimenti coercitivi per finalità d'indagine» (CGUE, 7 settembre 2023, C-209/22).

In risposta al ricorso, la CGUE ha affermato  che  l'art. 2, §1, dir. 2012/13/UE nonché l'art. 2, § 1, dir. 2013/48/UE «devono essere interpretati nel senso che tali direttive si applicano a una situazione in cui una persona, sulla quale esistono informazioni secondo cui essa è in possesso di sostanze illecite, è sottoposta a perquisizione personale nonché a una confisca di tali sostanze. Il fatto che il diritto nazionale non contempli la nozione di “indagato” e che tale persona non sia stata ufficialmente informata di rivestire la qualità di “imputato” è al riguardo irrilevante».

Sull'art. 8, § 2, dir. 2012/13/UE e l'art. 12, § 1, dir. 2013/48/UE, letti alla luce degli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la Corte ha chiarito che «devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una giurisprudenza nazionale secondo la quale il giudice investito, in forza del diritto nazionale applicabile, di una domanda di autorizzazione a posteriori di una perquisizione personale e della conseguente confisca di sostanze illecite, disposte nell'ambito della fase istruttoria di un procedimento penale, non è competente ad esaminare se i diritti dell'indagato o dell'imputato, garantiti dalle citate direttive, siano stati rispettati in tale occasione, purché, da un lato, detta persona possa far constatare in seguito, dinanzi al giudice investito del merito della causa, un'eventuale violazione dei diritti derivanti da queste direttive e, dall'altro, tale giudice sia allora tenuto a trarre le conseguenze da una siffatta violazione, in particolare per quanto riguarda l'irricevibilità o il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni».

In riferimento all'interpretazione dei principi di legalità e divieto dell'esercizio arbitrario del potere nonché dell'art. 3, dir. 2013/48/UE, i giudici affermano che quest'ultimo «deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che un indagato o un imputato possa essere sottoposto, nell'ambito della fase istruttoria di un procedimento penale, ad una perquisizione personale e alla confisca di beni illeciti, senza che tale persona goda del diritto di avvalersi di un difensore, purché dall'esame di tutte le circostanze rilevanti risulti che tale accesso a un difensore non è necessario affinché detta persona possa esercitare i propri diritti della difesa in modo concreto ed effettivo».