Revocazione per errore di fatto: il Consiglio di Stato ne precisa i presupposti per l’ammissibilità
11 Ottobre 2023
La Federazione Italiana Giuoco Calcio negava ad una società sportiva il rilascio della licenza nazionale per l'ammissione al campionato professionistico di serie B perché non risultavano assolti i debiti erariali, come richiesto nel c.d. “manuale delle licenze”. Infatti, la Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche (COVISOC) comunicava di aver rilevato l'interruzione delle rate dell'IVA, la decadenza delle rateazioni concesse dall'Agenzia delle Entrate, nonché il mancato riscontro all'istanza di rateazione. La società presentava ricorso, che veniva respinto, avanti il Consiglio federale della F.I.G.C. che adottava il diniego della licenza nazionale, che veniva impugnato dinanzi al Collegio di garanzia, che, a sua volta, lo respingeva. La società impugnava l'esclusione dal Campionato della FIGC innanzi al TAR per il Lazio, che respingeva il ricorso, per la intempestiva ed irrituale impugnazione del manuale delle licenze e declinava l'insussistenza della rilevanza della questione di legittimità costituzionale della normativa tributaria emergenziale sollevata. La decisione del Tribunale veniva impugnata avanti al Consiglio di Stato che respingeva l'appello. Quindi la società proponeva il ricorso per revocazione della sentenza del Consiglio di Stato per un errore di fatto ex artt. 106 c.p.a .e 395, comma 1, n. 4 c.p.c., in relazione alla travisata acquisizione dei termini della questione di illegittimità costituzionale. In via preliminare il Collegio ricorda che la omessa pronuncia su domande o eccezioni di parte, secondo la giurisprudenza, marca il confine tra errore di diritto, attinente alla violazione del canone di doverosa corrispondenza tra chiesto e pronunziato sancito dall'art. 112 c.p.c., e l'errore relativo alla ‘svista' del giudicante, per l'errata od abbagliata percezione del contenuto degli atti processuali. Il Collegio ha puntualizzato che non sempre l'omessa pronunzia integra un errore revocatorio, che si verifica solo quando dalla lettura della decisione e dal confronto con gli atti processuali emerge immediatamente e si dimostri che l'omissione deriva da un abbaglio del giudicante, per cui il giudice sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo. Infatti, per consolidato orientamento, l'errore di fatto, idoneo a legittimare la domanda di revocazione è configurabile nell'attività preliminare del giudice relativa alla lettura e percezione delle risultanze processuali, ma non nella successiva attività di apprezzamento del contenuto delle domande e eccezioni, per la formazione del suo convincimento, che può rappresentare semmai solo un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado del giudizio, non previsto dall'ordinamento. Inoltre, il Collegio precisa che l'errore di fatto rileva in concreto se consegue a una errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, che abbia indotto il giudice a decidere su un falso presupposto fattuale, accertabile con immediatezza, e attenga ad un punto non controverso, sul quale la decisione non abbia espressamente motivato, nonché sia un elemento decisivo della sentenza revocanda, secondo il rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la decisione. Dunque, sul caso di specie, il Collegio, chiarisce che la società aveva testualmente articolato diversamente il motivo di appello della sentenza revocanda, la cui fondatezza o meno è questione da riservare alla fase rescissoria. In concreto, non aveva contestato il requisito della regolarità fiscale Dunque, nel caso di specie il Collegio afferma che, con il motivo di appello, la cui fondatezza o meno è questione da trattare nella fase rescissoria, la società aveva testualmente articolato diversamente la questione, non avendo contestato il requisito della regolarità fiscale disposto nel manuale delle licenze, ma aveva revocato in dubbio la legittimità costituzionale della normativa tributaria, nella parte in cui incideva negativamente sulla propria posizione legittimante nel procedimento sportivo per la irragionevole decadenza dalla rateazione pre-esattoriale. Ad avviso del Collegio, la sentenza impugnata non coglie la questione e si limita a condividere gli esiti e le premesse in relazione all'inoppugnabilità del manuale delle licenze per cui ha confermato la irrilevanza della questione di costituzionalità. Perciò, il Collegio, nel caso di specie, ha ritenuto configurabile l'errore revocatorio di omessa pronuncia su una censura sollevata dal ricorrente, perché sulla questione e sul motivo per come formulato la sentenza ha omesso, in concreto, di pronunziarsi, sebbene non si tratti di una valutazione erronea delle ragioni di doglianza, ma di una mancata valutazione e, prima ancora, di una difettosa percezione del relativo motivo di ricorso. Pertanto, il Collegio ha dichiarato il ricorso per revocazione fondato quanto alla domanda rescindente, ma infondato nel merito e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza del Consiglio di Stato, ha respinto l'appello proposto nei confronti della sentenza del TAR per il Lazio. |