Immigrazione: annullato il rimpatrio di un migrante in Tunisia, paese ritenuto “non sicuro” dal giudice, cui spetta l’obbligo di verifica e motivazione

La Redazione
11 Ottobre 2023

Con decreto del 20 settembre 2023, la sezione Immigrazione del Tribunale di Firenze, ha accolto il ricorso di un migrante tunisino a cui era stato negata la protezione umanitaria, annullando il provvedimento di espulsione e riconoscendogli il diritto a permanere sul territorio nazionale. Il Tribunale toscano qualifica la Tunisia come “Paese sicuro”, diversamente dal d.m. 17 marzo 2023 e ritiene necessaria una  garanzia di legalità supplementare per il richiedente protezione internazionale, tale da non esonerare il giudice dal generale obbligo di verifica e motivazione in ordine ai profili di sicurezza di un paese.

La sezione Immigrazione del Tribunale di Firenze, con decreto del 20 settembre 2023, ha accolto il ricorso di un migrante tunisino contro la decisione di rimpatriarlo, con la motivazione che il suo paese di origine non è sicuro, così come è avvenuto nel caso delle decisioni del 29 settembre del Tribunale di Catania (10460/2023; 10459/2023; 10461/2023).

La decisione di annullare l'espulsione è arrivata in seguito al diniego della Commissione prefettizia che aveva negato al tunisino lo status di rifugiato successivamente allo sbarco in Italia, ritenendo la Tunisia un paese sicuro.

Il ricorrente ha messo in luce le criticità del decreto ministeriale 17 marzo 2023,  il quale prevede l'aggiornamento periodico della lista dei Paesi di origine sicuri per i richiedenti protezione internazionale. E, fra i paesi “sicuri” è presente la Tunisia.

Nel ricorso, il ricorrente ha evidenziato come nel decreto in questione non stiano stati presi in considerazione alcuni elementi rilevanti quali la grave crisi socioeconomica, sanitaria, idrica e alimentare, nonché l'involuzione autoritaria e l'attuale crisi politica in Tunisia; fattori tali da rendere obsoleta la valutazione di sicurezza compiuta dal citato decreto.

Per il Tribunale di Firenze, «tale dovere di aggiornamento della valutazione dei presupposti per l'inserimento del paese di origine del singolo richiedente nella lista paesi sicuri allo scopo di verificare i presupposti in forza dei quali la legge giustifica in via eccezionale il sacrificio dei diritti procedurali già menzionati, essendo imposto dalle direttive europee, e segnatamente dalla direttiva procedure per quel che attiene alla materia dei paesi sicuri, grava anche sugli Stati e dunque su tutti i suoi organi, compresi i giudici».

Di conseguenza, «deve essere disapplicato, in parte qua, il D.M. 17 Marzo 2023 poiché non conforme ai criteri legislativi indicati nella direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 e dichiarato il diritto del richiedente a permanere sul territorio dello stato sinché il suo ricorso giurisdizionale non verrà definito, poiché, disapplicato parzialmente e limitatamente agli effetti processuali il decreto, torna ad applicarsi la disciplina ordinaria e quindi la proposizione della domanda giudiziale ha determinato l'effetto sospensivo automatico dell'efficacia esecutiva della decisione di diniego della Commissione Territoriale, ai sensi dell'art. 35-bis, comma 3, del D.lgs. 25 del 2008».

In conclusione, il Tribunale di Firenze ritiene che si debba assicurare una «garanzia di legalità supplementare» per il richiedente protezione e  che il sacrificio dei loro diritti «non esonera il Giudice dal generale obbligo di verifica e motivazione in ordine ai profili di sicurezza del paese, sia con riferimento al rischio determinato da ragioni peculiari del singolo richiedente, sia in ordine alla sussistenza di violenza indiscriminata prodotta da un conflitto armato interno o internazionale».