Impugnazione della liquidazione del danno da fatto illecito: non invocabile il giudicato su misura legale degli interessi e svalutazione da ritardato pagamento

Redazione Scientifica
13 Ottobre 2023

L'impugnazione del capo della sentenza sulla liquidazione del danno impedisce il giudicato sulla misura legale degli interessi e sulla svalutazione da ritardato pagamento.

Nell'ambito di una complessa vicenda contenziosa, che origina dal giudizio promosso da una compagnia aerea che conveniva avanti il Tribunale di Roma il Ministero della difesa, il Ministero dei trasporti e il Ministero dell'interno per il risarcimento dei danni causati dall'illecito abbattimento di un aeromobile, la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di liquidazione del danno da fatto illecito. Proponevano ricorso per la cassazione delle sentenze, non definitiva e definitiva, della Corte di appello di Roma i Ministeri soccombenti, in via principale, e la compagnia aerea in via incidentale.

In particolare, la Suprema Corte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso incidentale, ha ritenuto la violazione degli artt. 1223 e 1226 c.c., e ha cassato la sentenza della Corte di Appello, censurando l'error in iudicando sulla liquidazione del danno subito, in violazione dei principi di integralità del risarcimento e di liquidazione equitativa a fronte della prova difficoltosa sul quantum debeatur. Il giudice d'appello aveva  considerato la voce di danno dell' “avviamento commerciale” sommata a e quella per “fermo flotta”, ma aveva escluso l'ulteriore voce di danno, oggetto di specifica pretesa, da “cessazione dell'attività di trasporto aereo” e il calcolo della relativa rivalutazione monetaria e interessi legali, pur disponendo della prospettiva di una liquidazione equitativa.

In via preliminare, la Corte di Cassazione ha ricordato che, secondo la propria giurisprudenza, l'obbligazione del risarcimento del danno da fatto illecito ha natura di debito di valore, finalizzata alla reintegrazione del patrimonio della parte lesa nella situazione in cui si sarebbe trovata se non si fosse verificato l'evento dannoso; quindi, in caso di ritardato pagamento gli interessi e la svalutazione non costituiscono un autonomo diritto del creditore, ma svolgono una funzione compensativa ad reintegrare il patrimonio del danneggiato, qual era all'epoca del prodursi del danno, e la loro attribuzione costituisce una mera modalità o tecnica liquidatoria.

Di conseguenza, per effetto della svalutazione monetaria, l'adeguamento dell'effettivo valore monetario, al momento della decisione, e il riconoscimento degli interessi compensativi, per il ritardato pagamento della somma risarcitoria dovuta, integrano una componente del danno dal medesimo fatto da cui scaturisce l'obbligazione risarcitoria.

In materia, di risarcimento del danno da fatto illecito, la Corte richiama il proprio principio di diritto per cui «una volta che sia impugnato il capo della sentenza contenente la liquidazione del danno, non può invocarsi il giudicato in ordine alla misura legale degli interessi precedentemente attribuiti e il giudice dell'impugnazione (o del rinvio), anche in difetto di uno specifico rilievo sulla modalità di liquidazione degli interessi prescelta dal giudice precedente, può procedere alla riliquidazione della somma dovuta a titolo risarcitorio e dell'ulteriore danno da ritardato pagamento, utilizzando la tecnica che ritiene più appropriata al fine di reintegrare il patrimonio del creditore, restando irrilevante che vi sia stata impugnazione o meno in relazione agli interessi già conseguiti e alla misura degli stessi».

Quanto al caso di specie, la Corte osserva che, sulla base dei principi sopra richiamati, il giudicato formatosi a seguito della sentenza rescindente erano, solo quello sulle voci di danno subito alla data dell'evento lesivo conseguente al fatto illecito dell'abbattimento dell'aereo, riconosciute e quantificate nella sentenza di appello (danno al valore dell'avviamento commerciale e danno per fermo flotta). Tuttavia,  essendo in discussione la liquidazione integrale del danno, che comprende anche una “ulteriore” posta risarcitoria (fermo flotta), nessun giudicato si era formato sulle componenti integrative della rivalutazione monetaria e interessi legali, che, dunque, dovevano essere di nuovo quantificate e liquidate, sulla base dell'importo effettivo del danno-conseguenza, riconosciuto e liquidato nella sua integralità dal giudice di rinvio, in conformità al principio di diritto vincolante, enunciato dalla sentenza rescindente.

La Corte evidenzia che il Giudice di appello, senza violare il giudicato interno formatosi, si è pronunciato conformante al vincolo di cui all'art. 384, secondo comma, c.p.c. e al principio di risarcimento integrale del danno di cui all'art. 1223 c.c., evitando  una duplicazione risarcitoria, non consentita, e procedendo alla liquidazione che perseguiva la funzione reintegrativa del patrimonio del danneggiato, rapportando la rivalutazione monetaria e gli interessi legali compensativi all'integrale danno-conseguenza prodotto dall'illecito.

Ad avviso delle Corte non rileva neppure la dedotta violazione dell'art. 112 c.p.c., perché la pretesa risarcitoria della compagnia aerea, in sede di rinvio prosecutorio, a seguito della sentenza rescindente, perseguiva il risarcimento integrale del danno includendo anche la posta risarcitoria  «per cessazione totale e definitiva dell'attività aerea e revoca delle concessioni di volo» «in aggiunta ai danni liquidati» dalla sentenza di appello, in sede di rinvio, il cui importo oggetto della condanna solidale dei Ministeri allora pronunciata, comprensivo di rivalutazione monetaria ed interessi legali, non era tale da cristallizzare la domanda sulla base di detta somma omnicomprensiva.

Entrambi i ricorsi, principale e incidentale sono stati respinti.

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