Imputato assente: applicabilità dello “specifico mandato ad impugnare” nel giudizio in Cassazione
13 Ottobre 2023
Il caso L'imputato veniva condannato in primo grado per i reati di cui all'art. 570 c.p. e 3 l. n. 54/2006, condanna confermata in appello seppure parzialmente riformata con riferimento al periodo temporale di commissione del reato ed all'esclusione della circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 2 c.p. Avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'imputato. Disposta la trattazione scritta del procedimento, la parte civile depositava conclusioni scritte con cui segnalava l'inammissibilità del ricorso per mancanza dello specifico mandato ad impugnare previsto dall'art. 581, comma 1-quater c.p.p. a seguito delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia. Poiché la sentenza impugnata rientrava nel periodo di applicazione temporale della predetta norma, la Suprema Corte ha ritenuto di dover vagliare se la stessa sia applicabile anche nel giudizio di Cassazione. Il contesto normativo Il Collegio ha esaminato la questione rilevando, innanzitutto, come seppure la norma in questione sia collocata nel titolo relativo alle impugnazioni in generale, il riferimento alla «notificazione del decreto di citazione a giudizio» – applicabile solo al giudizio di appello – sembri escludere l'applicabilità della norma al giudizio di legittimità. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto che tale argomento possa essere superato facendo riferimento ad alcuni strumenti esegetici ed, in particolare, alla legge delega. Quest'ultima, in particolare, ha indicato la necessità che l'imputato assente rilasci uno specifico mandato ad impugnare al difensore, formalità che è tenuta distinta dall'onere generale (spettante a tutte le parti private impugnanti) di dichiarare o eleggere domicilio ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione. Il Collegio ha inoltre esaminato i lavori preparatori, rilevando come la previsione di uno specifico mandato ad impugnare, dapprima previsto per il solo giudizio d'appello, fosse stato esteso dalla Commissione Lattanzi anche al giudizio di Cassazione, con l'espressa finalità di evitare la celebrazione di procedimenti, in appello e in Cassazione, nei confronti di soggetti incolpevolmente ignari del processo e che, dunque, avrebbero potuto essere travolti dalla rescissione del giudicato. Con riferimento alla legge delegata, il Collegio rileva come essa abbia riformato la disciplina dell'assenza nella fase dell'appello, giustificata dall'ulteriore modifica legislativa dell'introduzione delle nuove formalità previste dall'art. 581 c.p.p., nella specie l'elezione di domicilio e lo specifico mandato ad impugnare, al fine di garantire certezza circa la conoscenza del processo e della sentenza. D'altra parte, il Collegio evidenzia anche come la Relazione Illustrativa non fornisca informazioni dirimenti per chiarire se le predette formalità si applichino o meno anche al giudizio di Cassazione. La soluzione offerta dalla Corte Sul punto, la Suprema Corte rileva che l'esigenza di garantire certezza della conoscenza del procedimento da parte dell'imputato non perde concretezza nel giudizio di Legittimità, come evidente – ad esempio – dalle ipotesi in cui l'imputato non appellante sia stato giudicato in assenza o nei casi di impugnazione di una sentenza per saltum o non appellabile. Pertanto, il Collegio ritiene che poiché le finalità della legge delega trascendono le esigenze del giudizio di merito, sia giustificabile un'interpretazione non letterale ed estensiva dell'art. 581 c.p.p. Guardando, infine, alla normativa intertemporale, il Collegio ha rilevato che nel caso di specie trovasse applicazione la nuova formulazione dell'art. 581 c.p.p. ma non la nuova disciplina dell'assenza in appello e che, pertanto, la definizione di assenza dovesse essere vagliata alla luce della precedente normativa. Sul punto, il Collegio ha rilevato come l'imputato fosse stato giudicato in assenza in primo grado e come, nel grado di appello instauratosi a seguito di impugnazione del suo difensore, si fosse proceduto con la trattazione scritta che – pur non considerandosi assenza in senso tecnico – rileva quale mancanza di partecipazione personale dell'imputato. Di conseguenza, venivano a crearsi quei presupposti che avrebbero potuto dare adito a dubbi sull'effettiva conoscenza del procedimento da parte dell'imputato che giustificano l'onere di dotare il difensore di specifico mandato ad impugnare la sentenza di appello. Ritenuto, dunque, che fosse necessario uno specifico mandato ad impugnare, non conferito nel caso di specie, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. *Fonte: DirittoeGiustizia |