Riforma Cartabia, pene sostitutive e applicabilità
16 Ottobre 2023
La sentenza in esame nasce dalla condanna di due imputati per bancarotta patrimoniale fraudolenta impropria per distrazione. Il ricorso solleva il tema dell'applicazione dell'art. 20-bis c.p. e dell'art. 545-bis c.p.p., disposizioni introdotte dalla riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) per esaltare la finalità special-preventiva delle pene. Le norme citate infatti anticipano alla fase di cognizione la possibilità di applicazione delle pene sostitutive di quelle brevi, a seguito di una scansione bifasica della valutazione del giudice di merito. Ricostruendo il dato normativo, risulta infatti che, quando non sia stata disposta la sospensione condizionale della pena e ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva, il giudice, dopo la lettura del dispositivo con l'applicazione della reclusione o dell'arresto, dà avviso alle parti a riguardo. L'imputato potrà dunque, personalmente o tramite procuratore speciale, acconsentire alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa da quella pecuniaria e, invece, se non può avere luogo la sostituzione con tale pena immediatamente, il giudice, sentito il PM, fissa un'apposita udienza entro 60 giorni e ne dà contestualmente avviso alle parti e al competente ufficio di esecuzione penale esterna, sospendendo il processo. Acquisite tali informazioni, il giudice dovrà nuovamente dare lettura in udienza del dispositivo, sia esso stato modificato, perché venga disposta l'applicazione della pena sostitutiva o anche solo confermato. A seguito di questa seconda lettura del dispositivo, l'imputato potrà impugnare l'unica sentenza di condanna e il provvedimento di sostituzione. In merito alla disciplina transitoria e al caso, come quello in esame, definito in appello prima dell'entrata in vigore della riforma il 30 dicembre 2022 e non ancora pendente in sede di legittimità, la Corte esclude la presenza di un vuoto normativo. Difatti «le sanzioni sostitutive, oggi pene, previste dall'art. 53 l. n. 689/1981, per il loro carattere afflittivo, per la loro convertibilità, in caso di revoca, nella pena sostituita residua, per lo stresso collegamento esistente con la fattispecie penale cui conseguono, hanno natura di vere e proprie pene e non di semplici modalità esecutive della pena detentiva sostituita: le disposizioni che le contemplano, pertanto, hanno natura sostanziale e sono soggette, in caso di successioni di leggi nel tempo, alla disciplina di cui all'art. 2, comma 3, c.p. che prescrive l'applicazione della norma più favorevole per l'imputato». Concludendo, la Corte afferma che «ai fini dell'applicazione dell'art. 95 d.lgs. n. 150/2022, la pronuncia della sentenza da parte del giudice dell'appello prima del 30 dicembre 2022 determina in sé la pendenza del giudizio in Cassazione, anche quando il ricorso è stato ancora presentato dopo tale data, cosicché su istanza di parte potrà attivarsi il procedimento previsto dall'art. 95 cit. dinanzi al giudice dell'esecuzione per l'applicazione delle pene sostitutive del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, entro 30 giorni dall'irrevocabilità della sentenza». *Fonte: DirittoeGiustizia |