La decisione delle Sezioni Unite tratta di profili processuali inerenti alla prova dell'effettivo deposito della copia conforme del provvedimento impugnato nel giudizio di cassazione, con interessanti osservazioni alla luce del processo telematico, che ha di fatto imposto la rivisitazione di alcuni passaggi processuali, che trovavano piena ragione e giustificazione (e valenza) nell'ambito di un processo puramente cartaceo.
In fatto
Un avvocato impugnava per revocazione (ex art. 395, n. 4, c.p.c.) la precedente pronuncia delle Sezioni Unite (resa in ambito disciplinare), che aveva confermato una decisione del CNF. Le Sezioni Unite avevano dichiarato improcedibile il gravame perché la copia autentica del provvedimento impugnato non era stata depositata con il ricorso, ma solo successivamente, e quindi, sempre secondo gli Ermellini, tardivamente rispetto a quanto stabilito dall'art. 369, comma 2, c.p.c., con conseguente dichiarazione di improcedibilità dell'impugnazione.
L'asserito errore di fatto revocatorio: la copia del provvedimento risultava dall'indice dei documenti in calce al ricorso
Come indicato nella sentenza qui segnalata, secondo il ricorrente le Sezioni Unite sarebbero incorse in una “mera svista materiale”, ritenendo tardivo e successivo il deposito della sola sentenza impugnata, a dispetto di un primo deposito della stessa invece regolare e contestuale al deposito del ricorso medesimo.
Sempre secondo il ricorrente, la prova del predetto “primo” deposito – avvenuto in via telematica sul PCT in una data precisa come risulterebbe da due screen shot offerti alla Corte e tratti da una visura effettuata su un portale di accesso – si evinceva dalle indicazioni dell'apposito “allegato”, richiamato all'interno dell'indice in calce al ricorso, corroborato in via indiretta dalla conferma di regolare ricezione della cancelleria. Invece, il successivo deposito era effettuato dalla parte dopo avere constatato, a seguito di accesso al portale, la “non visibilità” proprio di alcuni allegati originari.
In cosa consiste l'errore di fatto revocatorio
Anzitutto, le Sezioni Unite ribadiscono che per la configurabilità dell'errore revocatorio di cui all'art. 391-bis c.p.c. è presupposto un errore di fatto, che ricorre ove la decisione sia fondata sull'affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, rimanendo estranee le vicende imperniate su una decisione conseguente ad una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, cioè attinente alla sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione.
Nell'archivio del PCT non risultava la copia conforme del provvedimento impugnato
Ciò precisato, secondo gli Ermellini la pronuncia gravata ha correttamente dato conto che nell'archivio degli atti in PCT (non modificabile dopo il regolare ciclo di accettazione e vigente l'art.16-bis d.l. n. 179/2012), e dunque tra gli unici afferenti al procedimento così promosso dalla parte, nessuna sentenza impugnata risultava tempestivamente depositata, avendo tale atto esordito solo in seguito, senza alcuna evidenza, nemmeno indiretta, di un “disguido di cancelleria” ovvero di un errore di accesso o stivaggio informatico o anomalo rifiuto.
Non risultavano neppure errori del sistema informatico
Altresì, gli Ermellini constatano l'assenza di elementi, anche solo indizianti, per ritenere il deposito rispettoso del dettato di cui all'art. 369, comma 2, c.p.c. deviato dalla percezione del Collegio in virtù di errori del sistema informatico (non segnalati neanche dalla parte) o carenze di archiviazione o ricezione (in fase di accettazione degli atti da parte della cancelleria).
La nota di iscrizione a ruolo
In merito alla valenza di quanto risulta dalla nota di iscrizione a ruolo, le Sezioni Unite svolgono alcune osservazioni che meritano attenzione. Ebbene, secondo gli Ermellini, dal semplice riscontro della nota di iscrizione a ruolonon può ricavarsi, per la sola menzione interna degli estremi del provvedimento impugnato, la sua appartenenza già al momento del deposito al fascicolo informatico. Viene aggiunto, con riferimento alla fattispecie, che nemmeno può dirsi che la sentenza impugnata compaia con la sua denominazione tra i separati “atti a corredo”, nessuno dei quali appare in realtà intestato in relazione al suo possibile contenuto.
Il deposito telematico e la posizione del cancelliere
Con il deposito telematico l'ingresso o meno nel corrispondente fascicolo di uno o tutti o parte o alcuno degli atti genericamente e solo enumerati in calce all'atto (principale), ed ivi citati in punto di “elenco” degli stessi, non rimette al cancelliere (cioè, all'ufficio accettante) la certificazione del rispettivo e reale avvenuto deposito; anch'esso, infatti, dipende da omogeneo e relativamente autonomo deposito telematico di parte degli atti cd. secondari o di corredo complementare, senza connessione, per di più, neanche con le discrezionali denominazioni finali per essi utilizzate dall'avvocato depositante.
L'impatto del processo telematico su alcune regole del processo (tra cui l'indice degli atti del fascicolo)
Le Sezioni Unite avvertono che l'attuazione di una procedura di giustizia digitale si traduce in una diversa portata dell'indice (a formazione del ricorrente) degli atti del fascicolo in precedenza inseriti manualmente, posto che, all'attualità, in termini di autoresponsabilità, solo il buon fine del procedimento di deposito attivato dalla parte determina per essi l'appartenenza al fascicolo informatico stesso. Il cancelliere, in altri termini, accettando informaticamente l'atto di parte che pur si concluda con un elenco di altri atti che essa vuol depositare, non attribuisce (in realtà cooperando nel sistema informatico in punto di controlli ben diversi) alcuna attestazione di immediata esistenza nel fascicolo di quegli stessi atti, che la parte può depositare a corredo del primo, solo e proprio ciò bastando in realtà – rispettate le forme di introduzione - per la loro effettiva fascicolazione informatica.
Il valore certificatorio del cancelliere va rivisto alla luce delle regole sul processo telematico
Occorre allora riconoscere che il pregresso valore lato sensu certificatorio dell'attività del cancelliere, per come desumibile dall'art. 36 (per tale parte ora abrogato) e dall'art. 74 (formalmente ancora vigente) disp. att. c.p.c., appare irreversibilmente incrinato dalla utilizzazione, operata dalla parte, della costituzione mediante atto informatico, poiché il cancelliere – in occasione di tale operazione - non procede (come non ha proceduto nella specie, già secondo le regole tecniche vigenti ratione temporis), ad alcuna sottoscrizione dell'indice del fascicolo della parte.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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Sommario
L'asserito errore di fatto revocatorio: la copia del provvedimento risultava dall'indice dei documenti in calce al ricorso
In cosa consiste l'errore di fatto revocatorio
Nell'archivio del PCT non risultava la copia conforme del provvedimento impugnato
L'impatto del processo telematico su alcune regole del processo (tra cui l'indice degli atti del fascicolo)