Principio di legalità: la condanna per corruzione di pubblici ufficiali non viola la CEDU se la legge al tempus commissi delicti era accessibile e prevedibile
18 Ottobre 2023
Le società ricorrenti, due note compagnie petrolifere, sono state condannate per corruzione di agenti pubblici iracheni ai sensi dell'art. 435-3 del Codice penale francese nell'ambito dell'acquisto di petrolio greggio, mentre era in vigore il programma dell'Organizzazione delle Nazioni Unite («ONU») detto «petrolio contro cibo» che imponeva alle compagnie petrolifere di negoziare il prezzo del petrolio ad un prezzo suggerito dal governo iracheno e avallato dall'ONU. Ai sensi dell'art. 7 CEDU (nulla poena sine lege), le società ricorrenti sostenevano che tale condanna non era prevedibile o accessibile al momento della commissione dei fatti controversi. Come rilevato dalla Corte d'appello di Parigi nella sua sentenza «sono interessate le operazioni concluse dopo il 1° ottobre 2000 e fino al 20 marzo 2003 data dell'invasione dell'Iraq da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti». Per quanto riguarda la caratterizzazione dell'infrazione del caso di specie, sull'accertamento dei fatti, la Corte EDU rileva che la Corte d'appello parigina ha accolto, in una sentenza ampiamente motivata, sia in fatto che in diritto, la circostanza tale per cui le società ricorrenti avevano deliberatamente accettato e organizzato il pagamento di commissioni occulte, dette «sovraccarichi», a favore di dirigenti iracheni che le sollecitavano parallelamente al sistema istituito dall'ONU e in violazione delle Risoluzioni 661 e 986, per dedurne che tali atti erano censurabili sulla base dell'art. 435-3 del codice penale in vigore all'epoca dei fatti. Sulla prevedibilità dell'interpretazione della legge d'incriminazione, la Corte EDU ritiene che anche se le società ricorrenti sono state le prime ad esser state condannate sulla base di tale legge, lo Stato non poteva comunque vedersi rimproverare un'inadempienza all'esigenza di prevedibilità. Essa aggiunge inoltre che, alla luce della loro esperienza in materia di commercio di petrolio, le società ricorrenti non potevano ignorare che il loro comportamento commerciale si iscriveva in un'azione che violava il diritto internazionale. Esse potevano quindi prevedere le eventuali conseguenze di tale violazione. Tenuto conto dell'insieme delle circostanze della causa e dei fatti del caso di specie, la Corte ritiene che la legge applicabile alla data dei fatti controversi fosse accessibile e sufficientemente prevedibile per permettere alle società ricorrenti di sapere che versando commissioni occulte, chiamate «sovraccarichi», nel quadro delle operazioni controverse di commercio di petrolio iracheno, in violazione del programma «petrolio in cambio di cibo» dell'ONU, la loro responsabilità penale era censurabile sulla base dell'articolo 435-3 del codice penale, preso sia isolatamente che in combinazione con le norme di diritto internazionale allora in vigore. La Corte conclude, pertanto, che non vi è stata violazione dell'art. 7 della Convenzione EDU. |